Intervista a Nicola Mazzeo

nicola mazzeoNell’intervista che segue, Nicola Mazzeo, studioso di architettura ed ingegneria, spiega come nelle scienze delle costruzioni costante fondamentale debba essere la Luce che dà colore e vita a paesaggi urbani e che sia in grado di unificare in un sinolo perfetto di sapienza, la cultura scientifica, esatta ed architettonicamente stabile, e la cultura umanistica, estetica ed architettonicamente artistica. L’architettura diviene così come una poesia classicista, dotata di una forma esatta, precisa e matematicamente computata e una qualità artistica imprescindibile dalla stessa forma.

Nicola Mazzeo come si definisce?

Ho pensato spesso che la cultura sia una necessità di rispondere ai grandi problemi della vita; dunque io mi definisco un artigiano del sapere che compone i saperi avendo come fine l'”artefare”, ossia il produrre arte. Credo che l’arte sia una delle fonti di salvezza della vita nostra e del nostro pianeta.

In merito al suo saggio ”Dalla struttura alla poesia e dalla terza alla quinta dimensione” lei definisce le matematiche, le geometrie e le loro funzioni da sole incomplete rispetto alla totalità del sapere umano e, quindi, inefficaci nelle loro applicazioni pratiche. Cosa quindi completa tale sapienza?

C’è una grande confusione tra ciò che è preciso e ciò che è perfetto. La parola “perfetto” significa, tra l’altro, portare a compimento. A mio avviso, le matematiche, le geometrie e le loro funzioni non “portano a compimento” il processo architettonico ed urbanistico perché manca loro, ad esempio, la possibilità di capire cosa sia un centro storico od un nucleo antico, quali differenze vi siano tra i due, sicché emerge una cesura delle matematiche e delle geometrie con Natura e Cultura. Queste sono le loro mancanze – e tali si mostrano – compreso il fatto che non sono in grado di costruire il giudizio storico-estetico, di capire che differenza vi sia tra restauro  architettonico ed urbano. Addentrandoci ancora di più nelle stesse matematiche incontriamo la Relatività di Einstein con la “poetica” Funzione dello Spazio-Tempo. Alle tre dimensioni -lunghezza, larghezza ed altezza- essa vi aggiunge una quarta dimensione cioè il tempo e la velocità della luce al quadrato. La Luce è comunicazione; se alle tre dimensioni non si aggiunge la Luce mai diverranno comunicazione e “significazioni”. Ecco allora che emerge un altro dato importante, ossia l’impossibilità delle tre dimensioni di essere da sole lingua, e senza la lingua non si parla di architettura ed urbanistica e non si fa esprimere l’ingegno nel genio edile, civile ed ambientale. Il fine di ogni architettura e urbanistica è recuperare i migliori segni spaziali di natura e di cultura a noi venienti dall’antico, dai nostri padri e da Gaia.

Cosa intende per vivibilità delle strutture urbane ed architettoniche?

A mio avviso, confondendo la precisione con la perfezione, vi è stata un’egemonia della prima sulla seconda. Per la vivibilità la presenza di luce è indispensabile e ci obbliga eticamente a costruire non solo il “miglior segno” spazio-volumetrico più vivibile, ma anche a recuperare memoria e radici nella dialettica natura-cultura salvando Gaia, la nostra terra.

Colore e memoria, quindi, come influenzano la vivibilità?

Basterebbe pensare che il nostro cervello non vive cresce senza la luce. Einstein produce con la “sua Luce” – E=mc² – una rivoluzione culturale e scientifica straordinaria: l’energia non è una massa amorfa senza luce e colore quale invece è quella che ritroviamo nelle Funzioni di equilibrio e che porta all’alienazione di  luce e colore stessi. La indispensabile convivenza tra qualità e quantità spazio-volumetriche, invece, rende possibile la vivibilità architettonica ed urbana: questa è la rivoluzione einsteiniana in architettura, urbanistica ed ingegneria edile. Come diceva Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo”: dev’esserci quindi la coscienza di recuperare, di “riscrivere” un’umanità diversa e migliore, per giungere ad una congiunzione tra la cultura umanistica e la cultura scientifica.

La bellezza salverà il mondo, ma come potrà la bellezza essere salvata dall’architettura?

L’architettura, io credo, debba essere poesia. Il recupero delle migliori bellezze del passato e lo stimolo a costruirne di nuove è la congiunzione tra struttura architettonica e struttura poetica. Le tre dimensioni in Einstein portano con loro, quindi, la IV dimensione e con essa la V, cioè Luce, Tempo, Vivibilità, Memoria e Radici.

– Intervista a Nicola Mazzeo –

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A proposito di Salvatore Di Marzo

Salvatore Di Marzo, laureato con lode alla Federico II di Napoli, è docente di Lettere presso la scuola secondaria. Ha collaborato con la rivista on-line Grado zero (2015-2016) ed è stato redattore presso Teatro.it (2016-2018). Coautore, insieme con Roberta Attanasio, di due sillogi poetiche ("Euritmie", 2015; "I mirti ai lauri sparsi", 2017), alcune poesie sono pubblicate su siti e riviste, tradotte in bielorusso, ucraino e russo. Ha pubblicato saggi e recensioni letterarie presso riviste accademiche e alcuni interventi in cataloghi di mostre. Per Eroica Fenice scrive di arte, di musica, di eventi e riflessioni di vario genere.

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