Intervista a Mattia Del Forno de La Scelta

Mattia Del Forno

Durante una piacevole chiacchierata telefonica, Mattia Del Forno ci racconta così il nuovo album de La Scelta Colore Alieno (Artist First) pubblicato il 10 Novembre 2017:

“Il messaggio che noi vogliamo dare con la nostra musica è un messaggio di contaminazione e mescolanze, anche con altri artisti. Tutto questo dà vita a un multicolore che, attraverso gli arrangiamenti e i live, esce ben fuori ed è una caratteristica fondamentale de La Scelta. Se parliamo di messaggio ti posso dire che sono tutti brani che affrontano tematiche, come l’amore o l’amicizia, nella maniera più semplice ed essenziale. In un mondo così saturo volevamo dare un ritorno all’origine, un ritorno alle cose semplici. Reagire a questa realtà e ritrovare se stessi, non subendo questo mondo che molte volte ci vuole tutti un po’ omologati e simili. Ritrovando ogni giorno la nostra unicità.”

Un album, quello di Mattia Del Forno, pubblicato quasi dieci anni dopo il loro primo lavoro discografico Il nostro tempocontenente l’omonimo brano con il quale si piazzarono secondi nell’edizione di Sanremo del 2008. Abbiamo parlato di questo ma di tanto altro ancora, come la loro ormai consolidatissima partnership artistica con Ron con il quale condividono il palco da diversi anni, per il quale Mattia ha scritto l’album La forza di dire sì e il brano L’ottava meraviglia presentata dal cantautore nell’edizione del 2017 di Sanremo.

Mattia Del Forno, l’intervista

Com’è nata La Scelta?

La Scelta è nata nel 2003 però già ci conoscevamo: siamo amici e proveniamo dallo stesso quartiere. Ognuno di noi suonava con gruppi diversi e ha fatto esperienze diverse. A un certo punto ci siamo trovati e abbiamo cominciato a scrivere delle canzoni inedite e, appunto, ci siamo un po’ “scelti”. La genesi del nome deriva dal fatto che abbiamo fatto questa “scelta” di proseguire questo cammino tra di noi e, soprattutto, di iniziare un percorso di musica inedita. Abbiamo iniziato a registrare delle prime cose in casa e, piano piano, abbiamo creato tutto questo ambaradan di band che ci portiamo fino a oggi dietro.

Nel 2008 avete partecipato a Sanremo con il brano “Il nostro tempo” classificandovi secondi nella categoria giovani. Cosa puoi raccontarmi di questa esperienza?

Abbiamo provato le selezioni di Sanremo diverse volte, almeno tre, poi fortunatamente nel 2008 Baudo scelse la nostra canzone perché comunque conteneva un messaggio ancora attuale. Stiamo parlando di un brano che era un po’ una fotografia multiculturale della nostra società. Quindi presentammo il pezzo e, addirittura senza casa discografica perché avevamo una piccola etichetta indipendente di Roma, ci fece partecipare all’ultima selezione. Andò bene e partecipammo a questo grande festival. Ci fu un grande riscontro da parte degli addetti ai lavori e del pubblico, ci piazzammo secondi e vincemmo il premio AFI. Fu una bellissima esperienza per una piccola band giovane come la nostra che, per la prima volta, si affacciava al mondo discografico. Ancora adesso ci lascia tante cose belle dentro. Speriamo di ritornarci.

Quando contate di ritornarci?

Ma guarda adesso dovremmo partecipare nella categoria più avanzata, quella dei big quindi è molto difficile. Abbiamo un bel progetto davanti e penso che ci ripresenteremo a breve con un‘altra canzone. Vediamo come va, lì sono dinamiche che vanno oltre la musica.

Mentre, attenendoci al lato prettamente musicale, mi piacerebbe sapere che ricerca c’è dietro la vostra musica e com’è cambiata-se è cambiata- dalla pubblicazione del primo album a oggi.

Intanto siamo molto curiosi, musicalmente e non, proprio come indole quindi cerchiamo sempre di vedere come va a finire un’idea musicale mescolata con ingredienti diversi, con generi differenti. Diciamo che c’è una sperimentazione continua per trovare una chiave che sia comunque originale, mantenendo la sonorità della band. Rispetto al primo album, in questi anni, in cui non siamo stati fermi ma abbiamo suonato tantissimo live e fatto tantissime collaborazioni con grandi artisti, siamo sicuramente cresciuti negli arrangiamenti e i testi sono più diretti. Abbiamo fatto più una ricerca sull’essenza della canzone piuttosto che andare a sperimentare sui suoni. Quello lo avevano già fatto prima trovando la strada che ci piace di più. In ogni caso è tutto in continua evoluzione, magari scriviamo una canzone e dopo una settimana da quella canzone ne esce un’altra “gemella” però con un’attitudine completamente diversa. Da questo punto di vista siamo sempre in movimento con la testa e con le idee e devo dire che è una grande fortuna. Per adesso continuiamo così e abbiamo pronte tante altre canzoni e tanti altri brani che magari faranno parte del prossimo album.

In questo lasso di tempo di quasi dieci anni intercorso tra i due album, avete collaborato tantissimo con Ron per il quale tu stesso hai scritto l’album “La forza di dire sì” i cui proventi sono stati devoluti in beneficenza all’Onlus AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica). Ci parleresti un po’ di questa vostra esperienza con Ron ? 

La collaborazione con Ron è nata nel 2012 perché io scrissi un pezzo per lui e poi mi chiese di scriverne altri. Inizialmente ci fu una collaborazione di scrittura poi successivamente si è appassionato molto alla band e ne è nata una bellissima amicizia. Ci ha chiesto prima di aprire i suoi concerti e poi di condividere il palco con lui. Lui si sente un po’ l’elemento aggiunto della band e noi, molto umilmente, cerchiamo di accompagnarlo e di entrare nel suo repertorio con il nostro sound. Devo dire che ci lascia anche tantissimo spazio per poter emergere come musicisti e come band stessa. È un’esperienza molto particolare, un po’ come quella che fecero gli Stadio con Lucio Dalla nei primo anni ’80 che andavano a fare i tour insieme: due entità diverse che però si dividono il palco. Abbiamo registrato con lui tantissime canzoni che sono finite poi nei suoi album. Poi due e anni e mezzo fa mi chiese di produrgli il disco “La forza di dire sì”. Doveva essere un’idea molto semplice che coinvolgeva dieci artisti ma alla fine siamo arrivati a ventisette. Insomma, è stata una bella fatica perché sono stato cinque mesi in studio, ho arrangiato e prodotto questo disco insieme a lui. Siamo partiti da un’idea che poi è diventata un colossal. Vedere tutti questi grandi Jovanotti, De Gregori, Fabi, la Bertè, Biagio Antonacci che vengono in studio e collaborare con loro è stata una grandissima esperienza. È stata una delle cose più grandi che abbiamo fatto nella nostra carriera fino adesso. Tutto questo progetto poi era indirizzato a raccogliere i fondi per Aisla di cui Ron era testimonial. In quell’anno cadeva il decennale di un suo precedente disco che Ron aveva creato per quest’associazione e quindi, per quell’occasione, decise di fare questo secondo disco. Ron è un grande, un generoso, una grande persona e tutti quelli che hanno partecipato lo hanno fatto con grande entusiasmo e con grande umiltà, proprio perché c’era lui. In qualche modo è uno degli ultimi grandi cantautori che abbiamo in Italia, con questa grande credibilità.

Parlavi di concerti, che effetto cercate di creare durante i vostri live?

I nostri live sono sempre vivaci, pieni di colore e sfumature, niente è lasciato al caso. Stiamo preparando un live molto importante a Roma il 16 Marzo dove ci saranno tanti artisti e tanti amici con cui condivideremo il palco, proprio perché per noi la musica è comunione: è stare insieme. Ci saranno tanti ospiti e mi auguro che la gente si diverta. Questa volta magari cercheremo di curarlo ancora di più nei minimi particolari, cercando di fare un vero spettacolo. Ci stiamo impegnando molto ed è un concerto che proveremo a portare in giro per l’Italia.

Ritornando invece al discorso relativo alla scrittura, mi piacerebbe sapere che lavoro svolgi e che approccio assumi quando devi scrivere una canzone per un altro artista.

Cerco sempre di immedesimarmi nell’artista che dovrà cantare quella canzone. Mi è capitato spesso di volermi imporre a conoscere personalmente l’artista e la persona, per capire un po’ quel mondo che racchiudeva dentro. Cerco sempre di mettermi nell’interscambio di anime per cercare poi di trovare quella dimensione in cui chi la va a cantare poi ci si ritrovi. È un lavoro inizialmente più psicologico che artistico poi, insomma, non tutte le canzoni che scrivo e che scriviamo obbiettivamente sono giuste per la Scelta. Altre volte le lasciamo da una parte e magari proviamo a presentarle ad altri.

Ringraziamo di cuore Mattia Del Forno de La Scelta per la gentile disponibilità concessa!

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A proposito di Angelo Baldini

Sono nato a Napoli nel 1996. Credo in poche cose: in Pif, in Isaac Asimov, in Gigione, nella calma e nella pazienza di mia nonna Teresa.

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