Underneath the arches: l’amore tra presente e passato

Presso Palazzo Peschici Maresca si è tenuta, venerdì 23 marzo, la conferenza stampa che presenta il progetto Underneath the arches, programma di arte contemporanea a cura di Chiara Pirozzi e Alessandra Troncone. Prende avvio nel sito archeologico che conserva i resti dell’Acquedotto Augusteo del Serino nel quartiere Sanità di Napoli e, in collaborazione con l’associazione VerginiSanità, la mostra ospiterà a partire dal 24 marzo una serie installazioni site-specific di artisti di fama internazionale, il cui obiettivo è primariamente quello di far collaborare passato e presente.

L’impegno dell’associazione, in combinazione col programma Aqua Augusta per la valorizzazione del sito archeologico Acquedotto Augusteo del Serino, punta in maniera principale alla riqualificazione di un quartiere, come quello della Sanità, ricco di siti di interesse culturale e artistico. Accanto al famosissimo Cimitero delle Fontanelle e alle numerose catacombe, il quartiere vanta anche resti di un acquedotto risalente all’epoca romana, costruito nel primo decennio d.C, lungo più di 100 km che al tempo del suo funzionamento doveva essere utilizzato come principale punto di approvvigionamento idraulico della rete urbana. Nel tempo, le sue fondamenta sono state più volte riutilizzate come basi per le costruzioni successive e le sue volte ad archi, a cui rimanda il nome del progetto, durante la guerra hanno ospitato migliaia di sfollati che fuggivano dalle bombe. L’acquedotto è stato poi scoperto nel 2011, ripulito dall’immondizia e aperto al pubblico nel 2015.

Underneath the arches e il dialogo tra ieri e oggi

La solidità del passato e la fugacità del presente sono elementi che, seppur distinti e contrastanti tra di loro, all’interno del progetto Underneath the arches si coniugano e dialogano alla perfezione. Questa combinazione che ai più potrebbe apparire azzardata, in realtà cela un messaggio ben preciso: l’arte non cessa mai di reinventare le proprie forme e di essere veicolatrice di messaggi che sono lo specchio della società in cui si contestualizzano. Per questo accanto alla grandiosità del passato, trasmessa attraverso le opere architettoniche e urbane imperiture, troviamo la contingenza del presente che molto spesso si fa carico di forme d’arte effimere, che non riescono a durare nel tempo.

Il primo artista chiamato a dialogare col passato è Arturo Hernàndez Alcàzar, originario di Città del Messico, dove tutt’ora vive e lavora. La sua installazione, dal titolo Blind Horizon, sarà ospitata nel sito archeologico dal 24 marzo fino al 13 maggio.

L’opera è frutto di una grandissima ricerca da parte dell’artista, che ha visitato Napoli per circa un mese ed ha avuto modo di conoscerla profondamente, con le sue contraddizioni e il suo caos assordante. La base dell’idea artistica è proprio il suono: l’installazione, che consiste nel posizionamento di ben otto megafoni in punti strategici all’interno dell’acquedotto, parte dall’idea che il suono abbia una componente importantissima nella nostra vita e molto spesso se ne dà scontata la presenza. Quindi, da una presenza immateriale si ricava qualcosa di materiale come l’opera d’arte, la quale fa inoltre presa sull’idea di stratificazione sia architettonica e sia acustica che vuole rappresentare proprio questa sovrapposizione di suoni, di caos. In questo senso l’artista ha affermato di “non voler ricercare l’armonia del suono, piuttosto di trasmettere la sua potenza erosiva, attraverso la creazione di una vera e propria scultura sonora”. Alcazàr ha infatti fatto delle registrazioni in diverse aree di Napoli, dalle zone vulcaniche ai mercati, passando dai laboratori della Sanità, e li ha fusi in una traccia su sette livelli, proprio come gli strati della città.

Dal punto di vista visuale, invece, l’artista ricostruisce una sorta di orizzonte artificiale tracciato da linee presenti sul terreno che guidano il visitatore, aiutato anche attraverso i suoni emessi dai megafoni. Una vera e propria opera d’arte che fonde forme fisiche e astrazioni, passato e presente, piena di contrasti proprio come lo è Napoli.

La mostra Underneath the arches è realizzata grazie al supporto dell’Ambasciata del Messico in Italia, della Fondazione Salvatore, di Ciro Oliva – Concettina ai Tre Santi e dell’Associazione VerginiSanità, ha ricevuto il Matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee di Napoli e gode del patrocinio dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e dell’IILA – Istituto Italo-Latino Americano di Roma.

A proposito di Martina Benadusi

Martina Benadusi nasce a Napoli e fin da quando era bambina ha dimostrato un grande interesse per la materie umanistiche. Consegue il diploma classico europeo al Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II e si laurea alla Federico II presso la facoltà di Lettere Moderne. Iscritta alla magistrale di Filologia Moderna, ha collaborato in passato con altri giornali online e attualmente scrive recensioni per libri di scrittori emergenti. Sono proprio i libri ad essere una delle sue passioni/ossessioni più grandi, assieme all’amore viscerale che prova nei confronti della sua città.

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