Hikikomori, chi sono e come riconoscerli

Come capisco di esserlo? Se sospetti di essere hikikomori, potrebbero esserci alcuni segnali da tenere in considerazione: Trascorri la maggior parte del tempo in casa, evitando di uscire o di incontrare altre persone Ti senti a disagio o ansioso quando sei in compagnia di altre persone o quando devi affrontare situazioni sociali Hai difficoltà a relazionarti con gli altri o a comunicare le tue emozioni Hai difficoltà a gestire lo stress o le emozioni negative Usi eccessivamente i media o la tecnologia per evitare di affrontare le situazioni o i problemi della vita quotidiana Se riconosci questi segnali in te stesso o in qualcuno che conosci, potrebbe essere utile parlare con un professionista della salute mentale o con un'associazione che si occupa di hikikomori per ottenere supporto e aiuto. Non esitare a cercare aiuto se senti che la tua vita è compromessa dall'isolamento sociale o se stai vivendo una situazione difficile. Quali associazioni in Italia si occupa di hikikomori? Di seguito trovi il linl all'Associazione Hikikomori Italia che fornisce supporto e informazioni a chi ne è colpito, sostegno ai genitori o a chi vuole saperne di più sul fenomeno. Si tratta di una associazione no-profit che mira a sensibilizzare l'opinione pubblica sul fenomeno degli hikikomori e a offrire supporto a chi ne è colpito. Offre servizi di ascolto e consulenza, organizza eventi di sensibilizzazione e collabora con professionisti e istituzioni per promuovere la prevenzione e il trattamento della hikikomori. Associazione Hikikomori Italia: https://www.hikikomoriitalia.it/ Libri sull'argomento Se stai cercando dei libri sull'argomento, alcune opzioni potrebbero essere: "Hikikomori: Una vita in isolamento" di Saito Tamaki: questo libro esplora le cause e le conseguenze dell'hikikomori attraverso interviste a persone che hanno vissuto questa esperienza. "Hikikomori: Una riflessione sull'isolamento sociale" di Kato Shigeaki: questo libro analizza le cause dell'hikikomori e propone possibili soluzioni per aiutare le persone a superare questa condizione. "Hikikomori: La nuova solitudine giapponese" di Michael Zielenziger: questo libro esamina il fenomeno dell'hikikomori in Giappone e le sue possibili cause, come la pressione scolastica e la mancanza di opportunità di lavoro. "Hikikomori: Una storia di rinascita" di Kaoru Natsuki: questo libro racconta la storia vera di un uomo che ha trascorso 10 anni come hikikomori e come è riuscito a superare questa condizione e ricostruire la propria vita. "Hikikomori e NEET: Una guida per genitori e operatori" di Akira Ochiai: questo libro fornisce ai genitori e agli operatori informazioni sull'hikikomori e su come aiutare le persone che ne soffrono. Film sugli hikikomori Ci sono alcuni film che trattano questo tema in modo più o meno diretto. Ecco alcuni esempi: "Hikikomori: Adolescent Shutdown" (2013) è un documentario giapponese che esplora la vita degli hikikomori e cerca di comprendere le cause di questo fenomeno. "The Kingdom of Dreams and Madness" (2013) è un documentario sullo studio di animazione giapponese Ghibli e presenta una sezione sull'hikikomori Hayao Miyazaki, uno dei fondatori dello studio. "The Vanishing Act" (2021) è un film giapponese che racconta la storia di un giovane hikikomori che si ritira dalla vita sociale a seguito di una delusione amorosa. "Solitude" (2022) è un film sudcoreano che segue la storia di un giovane hikikomori che affronta la sua solitudine e il suo isolamento attraverso l'amicizia con una vicina di casa.

Cosa pensiamo quando parliamo di adolescenza? Probabilmente la prima risposta sarà “è un periodo intermedio della vita“. Ormai consumata l’espressione “non si è né carne né pesce”. Definizioni su definizioni, risposte inconcludenti, perché tutte dallo stampo mortifero. La definizione dell’adolescenza è all’insegna della non-essenza, come insegna lo psicologo Stefano Maltese. La non definizione sottolinea una condizione di halfness, di incompiutezza, che in un’ottica psicopedagogica non agevola il dialogo, “perché tanto poi gli passa“. L’argomento delicato del fenomeno hikikomori, cioè dei ragazzi tartaruga, parte da qui.

Indubbio lo scarto che la fase adolescenziale presenta con il periodo dell’infanzia o dell’età adulta. È l’età della vita (perché questa è la sua definizione corretta) delle prime relazioni, del contatto con il mondo della scuola, forse il più critico, con il mondo degli adulti, tanto nel riconoscimento dell’essenza umanizzata dei genitori, riconosciuti nella loro ridimensionata onnipotenza, tanto nelle vite degli insegnanti. Nell’alterità si conosce se stessi, ci si incomincia a porre le prime domande e c’è qui quel momento di rottura, che è una demolizione del guscio dell’infanzia e apertura al mondo selvaggio e sconosciuto. La differenza sta nel come lo si venga percepito: una grande avventura o il peggior incubo.

Gli hikikomori e il lancio nel buio

Partire dalla dimensione dell’infanzia per riconoscere il problema degli hikikomori non è scontato. L’ottica adottata è quella della teoria sistemica, caposaldo della realtà psicanalitica dei nostri tempi. Il sistema è costituito da un centro e da tutto ciò che vi ruota intorno, l’individuo e il suo spettro di relazioni. La falla di uno dei componenti del sistema è una ferita di cui tutto il sistema si prende (o dovrebbe prendersi) carico. Il sistema di un ragazzino di 14 anni alle soglie dell’adolescenza è quello che vede protagonisti la famiglia e la scuola. Mettiamo caso che quel ragazzo diventi adolescente e non sappia nemmeno il perché. Viene trattato semplicemente in modo diverso e incomincia a porsi domande. A quelle domande gli viene risposto con un continuo “è solo una fase” o “un giorno capirai“. E nell’attesa di quel giorno? Annichilimento.

L’impossibilità di relazionarsi porta al cosiddetto ritiro, alla sindrome di hikikomori, dei ragazzi chiusi nel proprio guscio, perché se il mondo esterno non può sopportare il peso delle proprie domande, se il taboo nei confronti delle pulsioni sessuali e dionisiache non avrà un attimo di sosta, ma soprattutto se non sussisterà il dialogo, allora è meglio sparire. L’annullamento del peso corporeo porterebbe quindi l’adolescente a immergersi nella realtà virtuale, dove il peso del sé che il mondo non sorregge può essere in sospensione nella rete. La fobia della relazione ha la sua genesi nella fobia del rifiuto, perché una delle prime domande potrebbe essere: “chi sono io?“. Nessuna risposta, perché nemmeno gli adulti lo sanno. Una concezione rigida della divisione per età della vita crolla qui. Non rari i fenomeni dell’adultescenza, di quella cosiddetta condizione di stallo dell’adulto che è rimasto nel suo guscio e non si è riconosciuto nell’alterità.

L’elogio del fallimento e spiragli di luce

Il riconoscimento del sé è ulteriormente offuscato dalla condizione transferale. Il transfert può essere definito il modo in cui, nel sistema familiare, il genitore guarda al figlio. Prima che nasca sogna il suo futuro da ingegnere, la sua famiglia numerosa con un partner del sesso opposto. Se il lutto del bambino ideale a favore della nascita di quello reale non avviene, il bambino reale sarà inseguito per sempre dal bambino ideale che non è mai stato.  Gli hikikomori sono adolescenti che non parlano perché non si ritengono degni di essere ascoltati. In un’ottica sistemica, l’insorgenza di una tale problematica porta alla ridistribuzione delle responsabilità. Non si cerca il capro espiatorio, si riaprono le porte al dialogo. La psicosi della clinica dei nuovi sintomi, come la definisce lo psicologo Massimo Recalcati, nasce dall’elogio del successo. Il transfert rientra in gioco, l’adolescente non segue il regolare percorso delineato dai propri genitori e dalle istituzioni e viene stigmatizzato per questo. A tutto ciò, Recalcati risponde con l’elogio del fallimento, perché nell’erranza sussiste la capacità di desiderare un futuro in cui agire alla luce del sole e non nel buio della propria stanza.

La cura dell’empatia

La dottoressa Brené Brown ha parlato qualche anno fa del modo di creare una connessione con la fragilità dell’altro. Il guscio degli hikikomori o di chiunque viva in una condizione di ritiro resta intatto perché è così difficile scoprire cosa ci sia sotto. La cura dell’empatia è una cura dell’ascolto, il dono della parola è veicolo della connessione. Quello che salva nel crollo dell’architettura dell’io è il legame.

Risorse utili:

Se sospetti di essere hikikomori, potrebbero esserci alcuni segnali da tenere in considerazione:

    • Trascorri la maggior parte del tempo in casa, evitando di uscire o di incontrare altre persone
    • Ti senti a disagio o ansioso quando sei in compagnia di altre persone o quando devi affrontare situazioni sociali
    • Hai difficoltà a relazionarti con gli altri o a comunicare le tue emozioni
    • Hai difficoltà a gestire lo stress o le emozioni negative
    • Usi eccessivamente i media o la tecnologia per evitare di affrontare le situazioni o i problemi della vita quotidiana

Se riconosci questi segnali in te stesso o in qualcuno che conosci, potrebbe essere utile parlare con un professionista della salute mentale o con un’associazione che si occupa di questo fenomeno per ottenere supporto e aiuto. Non esitare a cercare aiuto se senti che la tua vita è compromessa dall’isolamento sociale o se stai vivendo una situazione difficile.

Quali associazioni in Italia si occupa di hikikomori?

Di seguito trovi il linl all’Associazione Hikikomori Italia che fornisce supporto e informazioni a chi ne è colpito, sostegno ai genitori o a chi vuole saperne di più sul fenomeno. Si tratta di una associazione no-profit che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno  e a offrire supporto a chi ne è colpito. Offre servizi di ascolto e consulenza, organizza eventi di sensibilizzazione e collabora con professionisti e istituzioni per promuovere la prevenzione e il trattamento della hikikomori.

Associazione Hikikomori Italia: https://www.hikikomoriitalia.it/

Libri sull’argomento

Se stai cercando dei libri sull’argomento, alcune opzioni potrebbero essere:

  • “Hikikomori: Una vita in isolamento” di Saito Tamaki: questo libro esplora le cause e le conseguenze dell’hikikomori attraverso interviste a persone che hanno vissuto questa esperienza.
  • “Hikikomori: Una riflessione sull’isolamento sociale” di Kato Shigeaki: questo libro analizza le cause dell’hikikomori e propone possibili soluzioni per aiutare le persone a superare questa condizione.
  • “Hikikomori: La nuova solitudine giapponese” di Michael Zielenziger: questo libro esamina il fenomeno in Giappone e le sue possibili cause, come la pressione scolastica e la mancanza di opportunità di lavoro.
  • “Hikikomori: Una storia di rinascita” di Kaoru Natsuki: questo libro racconta la storia vera di un uomo che ha trascorso 10 anni in casa e come è riuscito a superare questa condizione e ricostruire la propria vita.
  • “Hikikomori e NEET: Una guida per genitori e operatori” di Akira Ochiai: questo libro fornisce ai genitori e agli operatori informazioni sull’hikikomori e su come aiutare le persone che ne soffrono.

Film sugli hikikomori

Ci sono alcuni film che trattano questo tema in modo più o meno diretto. Ecco alcuni esempi:

  • “Hikikomori: Adolescent Shutdown” (2013) è un documentario giapponese che esplora la vita degli hikikomori e cerca di comprendere le cause di questo fenomeno.
  • “The Kingdom of Dreams and Madness” (2013) è un documentario sullo studio di animazione giapponese Ghibli e presenta una sezione sull’hikikomori Hayao Miyazaki, uno dei fondatori dello studio.
  • “The Vanishing Act” (2021) è un film giapponese che racconta la storia di un giovane hikikomori che si ritira dalla vita sociale a seguito di una delusione amorosa.
  • “Solitude” (2022) è un film sudcoreano che segue la storia di un giovane hikikomori che affronta la sua solitudine e il suo isolamento attraverso l’amicizia con una vicina di casa.

A proposito di Carolina Borrelli

Carolina Borrelli (1996) è iscritta al corso di dottorato in Filologia romanza presso l'Università di Siena. Il suo motto, «Χαλεπὰ τὰ καλά» (le cose belle sono difficili), la incoraggia ogni giorno a dare il meglio di sé, per quanto sappia di essere solo all’inizio di una grande avventura.

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