Streghe di Benevento: le janare tra fiamme e verità

streghe di Benevento evi

Streghe di Benevento, o meglio janare, chi erano e perché sono diventate famose

«Unguento unguento
portami al noce di Benevento
sopra l’acqua e sopra il vento
e sopra ogni altro maltempo»

Una formula magica, una confessione, una condanna. Un’imputata, donna. Un rogo, acceso. Corpo ardente nel fumo e fuoco e cenere e silenzio. Migliaia di roghi in fiamme, migliaia di donne in piedi sull’altare della superstizione. Era il tramonto del quindicesimo secolo quando venne al mondo, come un bambino deforme, un’idea mal partorita, un pensiero sfuggito all’aborto della ragione.

Streghe di Benevento, la persecuzione ha inizio nel 1487

Era il tramonto del quindicesimo secolo quando nacque un gioco, una caccia al tesoro, una caccia alle streghe.
1487 – I frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer pubblicano il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe) un manuale che insegnava come riconoscere le streghe, come processarle e giustiziarle. Fu Bernardino da Siena a fare per primo riferimento alle Streghe di Benevento, suggerendo a gran voce il loro sterminio. Ma chi erano queste donne e perché vennero accusate di stregoneria? Facciamo un passo indietro.

Primo secolo – A Benevento si diffonde il culto di Iside, dea della magia, che faceva parte di una sorta di trimurti. Veniva infatti celebrato in lei anche il culto di Ecate, dea degli inferi e di Diana, dea della caccia. È da Diana che le streghe di Benevento prendono il nome di janare.
Settimo secolo – I longobardi spadroneggiano nel sud Italia portando con se le loro tradizioni pagane. Sotto il duca Romualdo adoravano una vipera d’oro (forse alata, o con due teste), che probabilmente ha qualche relazione con il culto di Iside, poiché la dea era capace di dominare i serpenti. Celebravano i loro riti lungo le rive del fiume Sabato. Ad un albero scelto, veniva appesa la pelle di un caprone ed i guerrieri correvano a cavallo attorno all’albero strappando con le lance brandelli dalla pelle, che poi mangiavano. Un sacerdote fa poi sradicare l’albero, ponendo fine a quella tradizione pagana.
Quindicesimo secolo – Ha inizio la caccia alle streghe di Benevento.

Ma chi erano le streghe di Benevento?

La prima testimonianza circa i loro riti la troviamo nelle parole di Matteuccia da Todi, una monaca accusata di stregoneria, nota come la strega di Ripabianca. Durante gli interrogatori subiti, Matteuccia ha infatti raccontato agli inquisitori che a Benevento esisteva un gruppo di donne che si riuniva intorno ad un albero di noci, distrutto da un sacerdote ma fatto rinascere dal demonio. All’ombra di questo alto e suggestivo albero avvenivano i sabba, banchetti ed incontri orgiastici anche detti giochi di Diana. Qui le janare si univano carnalmente al diavolo, presente sotto forma di caprone. Altre testimonianze raccontano che le streghe durante la notte si ungessero con un particolare unguento e spiccassero il volo da un ponte, poi detto ponte delle janare, distrutto durante la seconda guerra mondiale. Ovviamente, come vuole la tradizione, non mancavano scope ad accompagnare il volo e formule magiche, come quella riportata ad inizio articolo.

Sembra, inoltre, che le janare potessero assumere forma incorporea ed entrare in casa passando sotto le porte. Per questa ragione si lasciava del sale o una scopa sull’uscio. La strega, così, avrebbe passato l’intera notte a contare i fili della scopa o i grani di sale, venendo poi sorpresa dal sopraggiungere del giorno che l’avrebbe messa in fuga. Se poi si era perseguitati da una strega, ci si poteva liberare di lei urlandole contro “Vieni a prendere il sale!”. Se invece si nominavano le janare in un discorso, si scongiurava la malasorte pronunciando la frase “Oggi è sabato”.

Quali sono i motivi per cui si rischiava di essere accusati di stregoneria?

Secondo la rivista Focus, otto sono le principali ragioni, per cui si veniva accusati di stregoneria:
Avere del burro o del latte andato a male in casa.
Avere un neo dalla forma particolare, una voglia o un terzo capezzolo.
Essere una donna.
Essere un’ adultera.
Azzardare una previsione.
Essere mendicante o senzatetto.
Essere una bambina.
Essere un’anziana riservata e poco socievole, secondo lo stereotipo della vecchia megera.

Ovviamente, l’esistenza della strega di Benevento è soltanto una leggenda, nessuno dotato di buon senso potrebbe crederla reale. Chi potrebbe dar credito ad una storia così fantasiosa?
Noi certamente no. Tuttavia, oggi è sabato.

A proposito di Maria Porzio

Frequenta la facoltà di Lettere Moderne alla Federico II di Napoli. Crede in uno stretto legame tra musica e parole e la sua più grande ispirazione nella scrittura è la musica al pianoforte. Nutre uno spiccato interesse per le malattie psichiatriche e per questioni legate ai diritti delle persone LGBT e alla battaglia contro la violenza sulle donne.

Vedi tutti gli articoli di Maria Porzio

Commenta