Modi di dire e frasi in napoletano: origine delle più 10 famose

frasi in napoletano

Frasi in napoletano, scopriamo insieme quelle più famose e che hanno reso celebre il dialetto napoletano. 

Il dialetto napoletano vanta una viscerale tradizione di gestualità, proverbi e modi di dire, dotati di tale bellezza e musicalità da acquisire una propria identità nazionale ed internazionale, oltre che propriamente partenopea. Lingua, si ricordi, e non più mero dialetto, come affermato dall’Unesco, grazie alla sua innata e storica capacità di diffusione e conservazione di modi di vita, arte e genuinità. E insieme alla spiccata arte del gesto, che accompagna la parola e la completa, la lingua partenopea offre un vasto repertorio di tipici modi di dire napoletani (o

degli aforismi napoletani) che, nel corso del tempo, hanno contribuito a renderla sempre più unica e preziosa.

Tali modi di dire napoletani affondano le loro radici nella storia, grazie anche all’influsso delle dominazioni straniere, ma anche nella tradizione religiosa, artistica, etimologica e folcloristico-onomatopeica. Il risultato è una ricca e colorita gamma di frasi napoletane, spesso anche intraducibili per l’efficacia del messaggio originale che intendono trasmettere.

Andiamo ad elencare alcuni delle più famose frasi in napoletano, ormai radicate nella quotidianità partenopea e non.

Frasi in napoletano. Origini storico-religiose 

Alcune parole napoletane come buatta (barattolo) o sciantosa (cantante esibizionista) derivano dalla pronuncia dei termini francesi “boit” e “chanteuse”; o ancora ammuìna (confusione) e ‘ngarrà (indovinare), che derivano dai verbi spagnoli “amohinar” e “engarràr”.

Ma uno tra i più diffusi modi di dire in napoletano, che affonda le sue radici nella storia, anche dal punto di vista religioso, è A Santa Lucia nu passe ‘e gallina, a Sant’Aniello nu passe ‘e pecuriello. Il chiaro riferimento è ai due santi, l’una siciliana e l’altro campano, vissuti a circa due secoli di distanza, eppure così vicini nell’immaginario della tradizione linguistica napoletana. Il 13 dicembre, in cui si festeggia Santa Lucia, indica il giorno più breve dell’anno, che dunque si allunga di poco come poca è la distanza tra i passi di una gallina. Il 14 dicembre, in cui si commemora Sant’Aniello, indica invece il giorno in cui cominciano a seguire giornate più lunghe come maggiore è il passo compiuto da un agnellino.

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Origini storico-etimologiche con traduzione italiano – napoletano

Nella lingua napoletana si è soliti definire una persona sveglia e spiccatamente astuta ed intelligente con l’espressione Figlio ‘e ‘ntrocchia. In tutto il mondo viene recepita come offesa, mentre in terra napoletana assume quasi le tinte di un complimento. ‘Ntrocchia è una parola napoletana che indica una “prostituta”, ma nel senso positivo del termine. Un figlio di prostituta è colui che ha dovuto imparare a vivere per strada e cavarsela senza poter contare su aiuti altrui. Inoltre, la prostituzione è il mestiere più antico del mondo e già praticato nell’antica Roma, dove le prostitute, scendendo la notte in strada, utilizzavano per riscaldarsi piccole torce chiamate “antorcule”. Di qui la frase napoletana sopra indicata che si traduce con “figlio di lucciola”.

Altre due frasi in napoletano che trovano spiegazione nell’etimologia dei termini utilizzati sono Chillo tene l’arteteca e E’ fernuta ‘a zezzenella.

Nel primo il termine “arteteca” deriva dal latino “arthritis”, a sua volta da “arthron” (giuntura). La parola è traducibile con “artrite”, una malattia che provoca movimento convulso delle membra. Nel corso del tempo però il termine, discostandosi dal suo significato originario, è adoperato ormai per indicare una persona iperattiva.

Con la seconda espressione invece si indica la fine di un periodo di benessere e serenità. Il termine “zezzenella”, diminutivo di “zizza”, indica una piccola mammella. Il detto trae origine dall’atto della mungitura delle mucche, che poi giungeva al termine con l’esaurimento del latte. Quale espressione più appropriata dunque per indicare la fine di una vacanza e il ritorno al lavoro!

Dialetto napoletano: origini onomatopeiche

Ma le espressioni in dialetto napoletano possono anche semplicemente derivare da suoni onomatopeici, come Aumm aumm e Sta arrivanno ‘o pata pata ‘e ll’acqua.

La prima si inserisce nella categoria delle anafore della lingua napoletana, indicando quelle parole che vanno ripetute due volte per acquisire degno significato, come anche luongo luongo. Fare qualcosa aumm aumm vuol dire svolgerla in maniera discreta e veloce, riprendendo l’onomatopeica chiusura della bocca contenente cibo.

O pata pata ‘e ll’acqua indica invece l’inizio imminente di pioggia abbondante, riprendendo il suono onomatopeico della stessa (pat pat). Quasi impossibile trovare nel semplice italiano detti con tale espressione ed efficacia! 

 Frasi in napoletano. Origini artistiche

La tradizione linguistica napoletana non manca di attingere le sue espressioni più radicate persino dall’arte. È il caso di Avimmo perduto a Filippo e ‘o panaro, che indica situazioni di incertezza in cui il lungo indugio comporta la perdita di entrambe le opzioni di scelta, il danno e la beffa. È questa una delle frasi napoletane che affonda le sue radici in un’antica farsa pulcinellesca di Antonio Petito, in cui un nobile Pancrazio affida al suo servo Filippo una cesta colma di leccornie destinata a terzi. Ma il servo, che intimorito dalla reazione del padrone per aver rubato la cesta fugge via, lascerà Pancrazio senza servo e senza cesta colma di cibo.

Origini folcloristiche delle frasi napoletane

Una delle più celebri frasi in napoletano è L’uocchie sicche so’ peggio d’’e scuppettate. Chi almeno una volta non ha udito o adoperato tale espressione per indicare il malocchio (uocchie sicche) come arma ben peggiore dei colpi di fucile! La locuzione sintetizza la diffusa credenza meridionale, in particolare campana, nella superstizione, ritenendo quasi impossibile difendersi dagli influssi negativi della iettatura, ossia dall’attenzione eccessiva delle persone invidiose.

Un panorama di espressioni e detti napoletani dunque variegato, con toni e sfumature di derisione, simpatia e cazzimma. Un neologismo dialettale questo concernente l’attitudine all’astuzia impiegata per tornaconti personali e a dispetto di qualcuno e l’arte dell’arrangiarsi, prerogativa insita del popolo partenopeo.

 

A proposito di Emilia Cirillo

Mi chiamo Emilia Cirillo. Ventisettenne napoletana, ma attualmente domiciliata a Mantova per esigenze lavorative. Dal marzo 2015 sono infatti impegnata (con contratti a tempo determinato) come Assistente Amministrativa, in base alle convocazioni effettuate dalle scuole della provincia. Il mio percorso di studi ha un’impronta decisamente umanistica. Diplomata nell’a.s. 2008/2009 presso il Liceo Socio-Psico-Pedagogico “Pitagora” di Torre Annunziata (NA). Ho conseguito poi la Laurea Triennale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” nel luglio 2014. In età adolescenziale, nel corso della formazione liceale, ha cominciato a farsi strada in me un crescente interesse per la scrittura, che in quel periodo ha trovato espressione in una brevissima collaborazione al quotidiano “Il Sottosopra” e nella partecipazione alla stesura di articoli per il Giornalino d’Istituto. Ma la prima concreta possibilità di dar voce alle mie idee, opinioni ed emozioni mi è stata offerta due anni fa (novembre 2015) da un periodico dell’Oltrepo mantovano “Album”. Questa collaborazione continua tutt’oggi con articoli pubblicati mensilmente nella sezione “Rubriche”. Gli argomenti da me trattati sono vari e dettati da una calda propensione per la cultura e l’arte soprattutto – espressa nelle sue più soavi e magiche forme della Musica, Danza e Cinema -, e da un’intima introspezione nel trattare determinate tematiche. La seconda (non per importanza) passione è la Danza, studiata e praticata assiduamente per quindici anni, negli stili di danza classica, moderna e contemporanea. Da qui deriva l’amore per la Musica, che, ovunque mi trovi ad ascoltarla (per caso o non), non lascia tregua al cuore e al corpo. Adoro, dunque, l’Opera e il Balletto: quando possibile, colgo l’occasione di seguire qualche famoso Repertorio presso il Teatro San Carlo di Napoli. Ho un’indole fortemente romantica e creativa. Mi ritengo testarda, ma determinata, soprattutto se si tratta di lottare per realizzare i miei sogni e, in generale, ciò in cui credo. Tra i miei vivi interessi si inserisce la possibilità di viaggiare, per conoscere culture e tradizioni sempre nuove e godere dell’estasiante spettacolo dei paesaggi osservati. Dopo la Laurea ho anche frequentato a Napoli un corso finanziato da FormaTemp come “Addetto all’organizzazione di Eventi”. In definitiva, tutto ciò che appartiene all’universo dell’arte e della cultura e alla sfera della creatività e del romanticismo, aggiunge un tassello al mio percorso di crescita e dona gioia e soddisfazione pura alla mia anima. Contentissima di essere stata accolta per collaborare alla Redazione “Eroica Fenice”, spero di poter e saper esserne all’altezza. Spero ancora che un giorno questa passione per la scrittura possa trovare concretezza in ambito propriamente professionale. Intanto Grazie per la possibilità offertami.

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One Comment on “Modi di dire e frasi in napoletano: origine delle più 10 famose”

  1. Buongiorno.
    Ho letto il testo soprastante perchè spinto da una ricerca su una espressione tipica dell’italiano, ma da tradursi in dialetto napoletano. Non l’ho trovata nemmeno come affine rispetto al suo largo senso.
    D’ogni modo, interessante quello che raccontate con riferimento al fenomeno della ibridazione fra popoli e nazionalità che hanno vissuto in riva al golfo.
    Infine mi ha colpito nella digressione l’uso del termine <>: sto cercando proprio una frase da associare ad una foto che ha suscitato arrabbiatura istantanea e volontà di contrasto.

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