Alekos Panagulis e Oriana Fallaci: un amore senza tempo

Oriana Fallaci e Alekos Panagulis trama di un amore senza tempo

Alekos Panagulis e Oriana Fallaci: i due estremi di una storia d’amore senza età

«Negli abbracci forsennati o dolcissimi non era il tuo corpo che cercavo bensì la tua anima, i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, i tuoi sogni, le tue poesie», scrive Oriana Fallaci, pilastro del giornalismo italiano, in uno dei suoi scritti più celebri, Un uomo, l’iniziale autobiografia che Alekos Panagulis aveva iniziato in carcere e che la Fallaci portò a termine. Lei per lui è stata “l’unica compagna possibile”, lui per lei non l’unico amore, ma il più travolgente tra tutti. “Un uomo” per tutti, l’unico per Oriana.

Oriana Fallaci, la donna d’acciaio, del suo amore scriveva col miele. Una penna di burro per parlare dell’uomo che per lei non è stato semplicemente amante: è stato l’amore. Le parole di Oriana sono parole gentili, di quella dolcezza unica che connota le armi di chi lotta col cuore. Quando chiedevano a lei, sua compagna di vita, che uomo fosse davvero Panagulis, Oriana non dava la risposta che tutto il mondo s’aspettava di sentire: non un eroe, non un politico, o meglio, non solo questo. «Mi sembra di limitarlo – diceva – Alekos era soprattutto un poeta, un artista. Il suo eroismo era la conseguenza della sua poesia e la sua politica era la traduzione della sua arte». Panagulis Alekos le dedicò una poesia, “Viaggio”, la sua preferita, non perché parlasse d’amore, ma perché parlava di sé: se il viaggio rappresenta la vita, la nave è l’uomo che la vive, una nave senza rotta, che insegue un sogno, un ideale. Alekos fu una nave che non getta l’ancora, un Ulisse che non aveva una Penelope da cui tornare, ma un’Oriana con cui viaggiare.

L’intervista del 1973: Oriana Fallaci e Alekos Panagulis

Ma chi era Alexandros Panagulis? Intellettuale e poeta, politico democratico e rivoluzionario contro la dittatura dei colonnelli: «Alekos per gli amici e per la polizia», scrive la Fallaci nella sua intervista del 1973 a quello che sarebbe stato l’uomo della sua vita.si (ri)conoscono

Al fallimento dell’attentato contro il dittatore Papadopoulos, nel 1968 Panagulis venne arrestato e torturato nelle prigioni militari di Boiati (sono gli anni della “tomba”, così definiva la cella da cui tentò più volte di evadere), fino alla sua liberazione nel 1973. È nell’agosto di quello stesso anno che Oriana Fallaci sbarca ad Atene, proprio per intervistare l’eroe greco di cui era giunta l’eco clamorosa fino alla nostra penisola. “Capivi subito che era uno di quegli uomini per cui anche morire diventa una maniera di vivere, tanto spendono bene la vita”, come racconta la giornalista durante il primo incontro con Alekos, parte della sua Intervista con la storia (così s’intitola la raccolta, pubblicata per la prima volta da Rizzoli nel 1974, delle più importanti interviste fatte dalla Fallaci ai grandi della scena politica e culturale mondiale).

Oriana racconta del loro primo incontro come fosse tratto da un libro già scritto dal destino. Racconta di Alekos Panagulis che, dopo averla abbracciata come si abbraccia un amico che non si vede da tempo, la ringraziò, perché i suoi libri gli avevano tenuto compagnia durante le notti buie in cella. E racconta delle sue riserve a credergli, riserve annientate nel momento in cui quell’uomo dai folti baffi neri gli mostrò tutto ciò che aveva tenuto con sé durante gli anni di galera: un paio di scarpe, una coperta, un pacco di libri e di giornali, con la firma di Oriana in evidenza. Insieme a tutto questo, un vocabolario greco-italiano da cui aveva imparato la lingua, e la coniugazione del verbo amare trascritta accanto ad un articolo della donna che ora aveva la possibilità di guardare negli occhi.

Alekos Panagulis e il suo “Volto di Cristo”

«Insomma, il giorno in cui uscì di prigione non ci conoscemmo: ci riconoscemmo», scrive la giornalista, protagonista inconsapevole di una fiaba poco convenzionale. Oriana Fallaci ricordava tutto del loro primo incontro, al di fuori del tempo che spesero a parlare, a raccontarsi. Ricorda l’occasione colta per strappare un’intervista ad uno degli uomini più in vista del momento, il suo stupore nel vederlo seduto “nel mezzo del caos con quel volto di Cristo”. Ricordava i suoi modi gentili, il rapido balzo fatto alla vista della donna che aveva fino a quel momento conosciuto solo attraverso l’inchiostro.

Ricordava la sua voce seducente, “una voce per convincer la gente”, il mazzo di rose rosse che Alekos Panagulis le fece trovare nella stanza in cui si tenne l’intervista, le stesse che le aveva mandato fino in aeroporto e che lì non le vennero consegnate “perché l’amico incaricato di ricevermi non m’aveva trovato”. Ricordava l’intervista in cui giocarono entrambi a carte scoperte, protrattasi fino alla sera. Ricordava la sua ospitalità, quel senso dell’umorismo che le torture non avevano spento, la prima (di tante) cene insieme. Da quel giorno i due, seppur spesso divisi da centinaia d’impegni di lavoro e di vita, si legarono indissolubilmente.

Oriana e Alekos tra la vita e la morte

“Non si può vivere senza amore. Io ci ho provato ma non ci sono riuscita”. L’onestà, la ricerca, la debolezza: Oriana Fallaci prima di essere la giornalista che ha segnato un’epoca è stata una donna, forte, persa e innamorata, della vita e dell’uomo con cui voleva condividerla. Così, quando la morte gliel’ha portato via, tutto sembrò, all’improvviso, sbiadirsi.

L’amore di Oriana e Alekos fu un amore equilibrista, abile, sospeso sul vuoto dell’incertezza, fatto di temporanei addii e tenaci ritorni. Mai suggellato innanzi a Dio, fu un amore che durò finché non fu la morte a separarli. Primo maggio 1976, “quando egli fu ucciso con un simulato incidente automobilistico, presto gabellato dal Potere come una banale disgrazia”, si legge ancora nell’intervista del 1973. Una bomba ad orologeria, un uomo difficile, un personaggio scomodo quasi quanto la donna che amò fino alla fine dei suoi giorni.

Nonostante la malattia della madre le imponesse di restare in Italia, Oriana si precipitò in Grecia non appena fu informata dell’accaduto. La sua permanenza ad Atene, però, fu molto breve, anche questo motivo. Il clamore mediatico suscitato dalla morte di uno degli uomini politici più conosciuti, odiati e al contempo amati della Grecia portò con sé opere di sciacallaggio che non fu facile reprimere. Indicibile la tensione che gravava su Oriana: l’inchiesta della magistratura greca sulla morte di Panagulis e l’insistenza della giornalista nel chiedere di rilasciare la propria deposizione, magliette con la stampa del volto di Alekos vendute sotto gli occhi della famiglia, ma soprattutto la concessione della gestione della cerimonia funebre all’Unione di Centro e dal partito di Papandreu. “Me ne sono scandalizzata. Dall’Unione di Centro Alekos era uscito, carico di delusioni e di dispiaceri: in Parlamento era rimasto come indipendente di sinistra. Verso Papandreu si era sempre comportato con sdegno: lo riteneva uno degli uomini più pericolosi di Grecia. Non lo stimava. Non lo aveva stimato mai”, scrive Oriana. Passarono lenti i giorni, occupati portando fiori sulla tomba dell’uomo della sua vita, una tomba “così brutta, non fatta” e senza croci, senza simboli. Che Alekos non tradì se stesso neanche quando passato a miglior vita non fu consolatorio per Oriana, ma d’altronde cosa poteva esserlo?

La giornalista racconta di aver vissuto ed elaborato il lutto accanto al letto della madre malata, che la lasciò appena otto mesi dopo l’addio di Alekos. “Alekos e mia madre erano le due creature della mia vita. Più mi guardo indietro, più concludo che non ho mai amato niente e nessuno come Alekos e mia mamma”, scrive la Fallaci nella sua autobiografia Solo io posso scrivere la mia storia. Straziante non poter vivere senza amore.

Di tutto questo dolore e questa fatica, a noi resta soltanto una storia d’amore tramandata con le parole degli amanti. Si legge, ancora, in Un uomo:

“S’agapò tora che tha s’agapò pantote”

 “Cosa significa?”

“Significa: ti amo ora e ti amerò sempre. Ripetilo.”

Lo ripeto sottovoce: “E se non fosse così?”

“Sarà così.”

Tento un’ultima vana difesa: “Niente dura per sempre, Alekos. Quando tu sarai vecchio e…”

“Io non sarò mai vecchio.”

“Sì che lo sarai. Un celebre vecchio coi baffi bianchi.”

“Io non avrò mai i baffi bianchi. Nemmeno grigi.”

“Li tingerai?”

“No, morirò molto prima. E allora sì che dovrai amarmi per sempre! ».

Il tempo e l’eternità, in storie come quella di Oriana Fallaci e Alekos Panagulis, sono solo parole di circostanza.


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A proposito di Ilaria Iovinella

Premessa: mai stata di poche parole, eterna nemica dell'odioso "descriviti in tre aggettivi". Dovessi sintetizzarmi, direi che l'ossimoro è una figura retorica che mi veste bene. Studio giurisprudenza alla Federico II, ma no, da grande non voglio fare l'avvocato. Innamorata persa dell'arte e della letteratura, dei dettagli e delle sfumature, con una problematica ossessione per le storie da raccontare. Ho tanto (e quasi sempre) da dire, mi piace mettere a disposizione di chi non ha voce le mie parole. Insomma, mi chiamo Ilaria e sono un'aspirante giornalista, attualmente impacciata sognatrice con i capelli corti.

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