Lo spleen di Parigi: il romanzo più sottovalutato di Baudelaire

Lo spleen di Parigi: il romanzo più sottovalutato di Baudelaire

Charles Baudelaire è una figura centrale della letteratura del XIX secolo, un pioniere della poesia moderna che ha saputo scandagliare le contraddizioni dell’animo umano e della nascente metropoli. La sua opera maggiore, “I fiori del male”, ha segnato un punto di non ritorno, ma è con i poemi in prosa de “Lo spleen di Parigi” che ha catturato l’essenza frammentaria della modernità.

Biografia di un poeta della modernità

Charles Baudelaire nasce il 9 aprile 1821 a Parigi, città che diventerà il fulcro della sua opera. Figura chiave del Simbolismo, la sua biografia è segnata da un rapporto conflittuale con la famiglia e la società borghese. Un viaggio giovanile verso Calcutta, interrotto a metà, accende in lui la passione per l’esotismo, che influenzerà profondamente la sua poesia. Rientrato a Parigi, vive una vita da dandy e bohémien, dilapidando l’eredità paterna e dedicandosi alla scrittura e alla critica d’arte. La sua vita, come descritto da fonti autorevoli come l’enciclopedia Treccani, è un continuo oscillare tra la ricerca della bellezza e l’abisso della malattia (la sifilide) e degli eccessi. Colpito da un ictus nel 1866, muore a Parigi l’anno seguente, lasciando un’eredità letteraria immensa.

Lo spleen e le corrispondenze: i due poli della sua poetica

La poetica di Baudelaire si muove tra due concetti opposti. Lo spleen, termine inglese che deriva dal greco “milza”, rappresenta un’angoscia esistenziale profonda, un senso di noia e malinconia che nasce dalla percezione della vacuità della vita moderna. È uno stato di paralisi in cui l’uomo si sente prigioniero del tempo. A questo si contrappone l’ideale delle corrispondenze: la convinzione che la natura sia una “foresta di simboli” in cui profumi, colori e suoni si richiamano a vicenda, rivelando connessioni nascoste tra il mondo materiale e quello spirituale. Il poeta, attraverso la sua sensibilità, ha il compito di decifrare questi legami e svelare una realtà più profonda.

I due capolavori di Baudelaire a confronto

Sebbene *I Fiori del Male* sia la sua opera più celebre, *Lo Spleen di Parigi* ne rappresenta l’evoluzione e il compimento, adattando la forma letteraria al nuovo caos della metropoli.

Caratteristica I Fiori del Male (1857) Lo Spleen di Parigi (1869, postumo)
Forma letteraria Raccolta di poesie in versi, con una struttura metrica rigorosa e una forte architettura interna. Raccolta di 50 poemi in prosa, una forma libera e frammentaria.
Rapporto con la modernità Esplora i temi della modernità (la città, la folla, la perdita di valori) attraverso un linguaggio ancora classico. La forma stessa del poema in prosa imita lo shock e la discontinuità della vita nella metropoli parigina.
Tema centrale Il conflitto tra spleen (angoscia, noia) e idéal (bellezza, spiritualità), cercando la bellezza anche nel male e nella decadenza. La figura del flâneur, l’osservatore solitario che si perde nella folla per catturare frammenti di vita moderna.

Il celebre testo “Ubriacatevi” è l’esempio perfetto della poetica de Lo spleen di Parigi: un invito a fuggire l’angoscia del tempo attraverso un’ebbrezza costante, che sia “di vino, di poesia o di virtù”.

L’eredità: precursore dei poeti maledetti

Baudelaire è considerato il padre spirituale dei “poeti maledetti”, termine coniato da Paul Verlaine per descrivere quegli artisti (tra cui Rimbaud e Mallarmé) che vivevano ai margini della società, rifiutandone i valori borghesi e dedicando la propria vita a un ideale di arte pura e assoluta. La sua capacità di esplorare i lati oscuri dell’esistenza, la sua vita sregolata e la sua dedizione all’arte come unica forma di salvezza lo hanno reso un modello per intere generazioni di scrittori, da Marcel Proust fino ai poeti modernisti del Novecento. Le sue opere, come conservate presso la Bibliothèque Nationale de France, rimangono un caposaldo della letteratura mondiale.

Fonte Immagine in evidenza: Wikipedia

Articolo aggiornato il: 28/09/2025

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