Food for Profit: l’orrore degli allevamenti intensivi

Food for Profit: l'orrore degli allevamenti intensivi

Se è vero che viviamo un’epoca prettamente consumistica in cui qualsiasi cosa vivente e non può divenire facilmente un prodotto, il documentario Food for Profit di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi è una perfetta fotografia della società del guadagno e di come l’allevamento sia stato trasformato, in pochi decenni, nella maggiore industria produttiva del pianeta. Tra aziende e lobbisti che ignorano totalmente la salvaguardia del pianeta e dei consumatori al fine di arricchirsi sempre più e animali smerciati come oggetti inanimati, in balia di maltrattamenti, progetti di future mutazioni genetiche e sofferenze indicibili: ma di cosa tratta nello specifico Food for Profit e come si sviluppa quest’inchiesta?

GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI

Food for Profit si divide magistralmente nel raccontare una storia di marciume e soldi tra le mostruosità dei sudici allevamenti intensivi e gli eleganti salotti che ospitano le riunioni dei parlamentari europei e dei lobbisti a Bruxelles, costituendo dunque un’inchiesta capace di analizzare a 360 gradi la mattanza di questi animali e le atrocità subite da essi. Partendo dalla strutturazione degli allevamenti intensivi, vengono narrati in maniera capillare i modus operandi di differenti aziende in giro per l’Europa, le quali presentano indistintamente le stesse criticità.

Gli animali subiscono frequentemente enormi abusi, come ad esempio scariche di taser, bastonate sulla schiena nel caso di vacche o suini o esecuzioni sommarie nel caso dei polli: i più gracili, infatti, ritenuti inadatti al commercio e valutati come un inutile spreco di risorse alimentari utilizzate per nutrirli, vengono uccisi sul posto in maniera crudele e approssimativa dai lavoratori degli allevamenti, con alcuni che sopravvivono alla carneficina rimanendo agonizzanti tra le carcasse di pollame.

I polli vengono inoltre fatti ingrassare così tanto al fine di produrre più carne da non essere più nemmeno capaci di muoversi, ma ai già citati suini e bovini non spetta certo un destino migliore: i primi presentano frequentemente ernie e mutilazioni dovute ad episodi di cannibalismo tra di loro che comportano la perdita di zampe, coda ed orecchie; mentre i secondi vengono imbottiti di antibiotici per combattere le frequenti infezioni alle quali sono soggetti a causa della scarsissima igiene degli allevamenti, con molti di essi che perdono la vita anche in tenerissima età.

Anche i trasporti verso il macello risultano essere un evento tragico, con i lavoratori che vengono pagati in base alla quantità di gabbie nei camion che riescono a riempire e non ad ore, e che quindi non badano in alcun modo alla stabilità psicofisica degli animali, i quali subiscono enormi sofferenze anche nel loro ultimo viaggio verso la morte: le immagini di Food for Profit mostrano senza filtri tacchini lanciati nelle gabbie come frisbee da allevatori sottopagati e frustrati, rendendo bene agli occhi dello spettatore anche il processo di deumanizzazione che colpisce chi lavora in questi luoghi.

LE LOBBY DI BRUXELLES

Mentre ogni legge viene avallata all’interno degli allevamenti intensivi di tutta Europa, Food for Profit racconta anche i giochi di potere che avvengono all’interno del Parlamento Europeo di Bruxelles: la città belga risulta essere, con la presenza di circa 25.000 lobbisti, la seconda capitale mondiale delle lobby dopo Washington. I lobbisti, infatti, assoldati da aziende alimentari multimilionarie, difendono gli interessi di quest’ultime raggiungendo accordi con euro deputati e permettendo dunque l’approvazione di leggi che vanno a tutela della ricchezza di pochi, a discapito del benessere collettivo.

La giornalista e regista Giulia Innocenzi si affida a Lorenzo Mineo, lobbista a Bruxelles che sotto copertura riesce a mostrare chi muove i fili dell’industria agroalimentare e come queste persone siano unicamente preoccupate da profitto e produttività: le dichiarazioni formali fatte davanti alle telecamere vengono totalmente ribaltate dai filmati delle telecamere nascoste, i quali testimoniano il vero scopo di queste figure ed il loro totale disinteresse per gli animali, i consumatori ed il pianeta.

Difatti, gli allevamenti intensivi inquinano rovinosamente l’ecosistema terrestre, generando enormi quantitativi di CO2 e tonnellate di rifiuti impossibili da smaltire, che intaccano successivamente i terreni e le falde acquifere. L’Europa che cerca di promuoversi come “primo continente verde”, parlando di Green Deal ed ecosostenibilità, copre invece le procedure irregolari delle grandi multinazionali di allevamento intensivo, finanziandole con i soldi dei contribuenti: siamo noi stessi in qualità di cittadini europei ad alimentare inconsapevolmente un circolo vizioso distruttivo.

DANNI AI CONSUMATORI E PROSPETTIVE FUTURE

Oltre ai già citati danni ambientali in termini di inquinamento e alle indicibili torture che gli animali sono costretti a subire ogni giorno, Food for Profit denuncia anche la qualità del prodotto alimentare che ne deriva e come essa vada a danneggiare l’organismo di ciascun consumatore.

Gli animali, per poter sopravvivere in condizioni igienico-sanitarie pietose, vengono imbottiti di antibiotici a cadenza giornaliera: di conseguenza questi medicinali compromettono la qualità della carne, venendo ingeriti dai consumatori e andando a generare il fenomeno dell’antibiotico resistenza. Si stima che, continuando di questo passo, intorno all’anno 2050 la maggior parte della popolazione mondiale sarà resistente agli antibiotici, poiché i batteri si adatteranno alla continua esposizione ai medicinali e muteranno agevolmente, causando milioni di morti per malattie o infezioni che attualmente sono facilmente curabili.

Il giorno zero è già passato da un pezzo, e le leggi approvate dal Parlamento Europeo sul gene editing nelle piante e sulla prosecuzione delle attuali metodologie di allevamenti intensivi fino al 2027 non lasciano ben sperare. Occorre dunque cambiare necessariamente il corso degli eventi, e come ogni grande cambiamento collettivo bisogna partire dalle scelte dei singoli individui: oltre alle alternative vegane e vegetariane, anche chi decide di condurre una dieta onnivora deve prendere coscienza di ciò che sta accadendo e ridurre drasticamente il consumo di carne; ed una reazione a catena del genere da parte di ogni consumatore non potrebbe che causare un necessario ridimensionamento degli allevamenti intensivi.

Guardare Food for Profit, dunque, non può che far aprire gli occhi ai cittadini europei affinché le ingiustizie contro gli animali, i danni alla salute dei consumatori e quelli al pianeta possano terminare in un futuro sì certo utopico, ma non impossibile da realizzare.

Immagine tratta dal sito Foodforprofit.com

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