Il 16 e 17 settembre il Teatro Cometa Off di Testaccio ha ospitato Il Buco dell’Aux, opera teatrale scritta, diretta e interpretata da Manuel Ficini, Erich Lopes e Edoardo Trotta.
Alienazione e incomunicabilità
La vicenda ruota attorno a tre amici, Pino (Manuel Ficini), Bruno (Erich Lopes) e Mike (Edoardo Trotta), determinati ad aprire un locale nel garage del padre appena scomparso di Mike. L’idea è di trasformare quel luogo fonte di numerose memorie per i ragazzi in uno spazio in cui anche altre persone possano incontrarsi e vivere nuove esperienze, Il Buco dell’Aux.
Il progetto dei tre ragazzi si rivela ben presto più complicato del previsto: topi infestano il futuro locale, incombono le scadenze dell’affitto, e l’inesperienza nella gestione di un’attività li porta continuamente sull’orlo del fallimento. Questi ostacoli, tuttavia, rappresentano il percorso di crescita di una generazione che si trova spesso impreparata ad affrontare le responsabilità della vita adulta.
Il tono dello spettacolo oscilla tra momenti esilaranti e frangenti più intimi, riuscendo a far emergere la fragilità dei protagonisti senza mai cadere nel pietismo. È proprio questa alternanza a rendere l’opera autentica e vicina al pubblico, che può riconoscersi in quelle stesse paure e incertezze. Uno dei nuclei tematici più potenti di Il Buco dell’Aux è l’alienazione che pervade i tre ragazzi, specchio di una difficoltà generazionale nel comunicare e nell’instaurare rapporti profondi. Pino fatica a relazionarsi con una ragazza conosciuta online, spaventato dal rendere questo rapporto qualcosa di concreto. Mike non riesce a ricucire i rapporti con la madre, spezzati dopo la morte del padre, mentre Bruno si trova a vivere una vita che odia e a fare un lavoro inutile, ma che garantisce una vita sicura, senza problemi ma anche senza emozioni.
Un microfono aperto a tutti
La peculiarità del locale che i tre vogliono aprire è la presenza di un microfono aperto: chiunque, per due minuti, può impugnarlo e parlare liberamente di ciò che desidera. Questo mi microfono è il fulcro del locale e il simbolo del desiderio di una generazione intera di trovare uno spazio di espressione, di rompere il muro del silenzio e dell’isolamento, di poter dire “io esisto”, anche solo per un istante.
Le performance di Ficini, Lopes e Trotta risultano fresche e credibili. Lontani da artifici o eccessi, i tre attori mettono in scena personaggi fragili, pieni di dubbi e contraddizioni, ma proprio per questo veri. Il merito della regia dei tre attori sta proprio nel mantenere un equilibrio delicato: non forzare la mano sull’emotività, ma lasciare che siano i personaggi e le loro dinamiche a raccontare la complessità di ciò che provano.
Il Buco dell’Aux: Un racconto generazionale
Il Buco dell’Aux è, in definitiva, il ritratto di una generazione che fatica a immaginare il futuro, stretta tra la precarietà economica e il peso delle proprie fragilità interiori. Un ritratto che restituisce con lucidità la tensione tra speranza e disillusione, tra il desiderio di costruire e la paura di fallire. Il garage del padre di Mike si trasforma in un luogo di possibilità e al tempo stesso di limiti, di sogni che faticano a concretizzarsi ma che resistono, testardi, contro ogni evidenza. Con Il Buco dell’Aux, Ficini, Lopes e Trotta hanno portato sul palco uno spettacolo giovane ma maturo, capace di divertire e lasciare un segno. Non è solo la storia di tre ragazzi e del loro locale impossibile: è lo specchio di un’intera generazione che, tra insicurezze e coraggio, continua a cercare la propria voce.
(Fonte immagine: Ufficio Stampa Cometa Off)