Bitcoin, il mining consuma troppa energia: quali sono le soluzioni per renderlo ecologico

I Bitcoin continuano a scalare il mercato delle criptovalute e a collezionare numeri da record. Si tratta di un fenomeno che sembra non volersi arrestare, soprattutto perché oramai sono tantissimi gli investitori che utilizzano questa moneta come elemento di tesaurizzazione. Contemporaneamente, andando al di là degli ovvi rischi legati ad un mercato così volatile, è bene specificare che il trend dei Bitcoin dovrebbe diventare più eco-sostenibile, dato che le operazioni di mining delle monete consumano troppa energia.

L’ascesa dei Bitcoin: da 1 centesimo a 60.000 dollari

Ne è passata di acqua sotto i ponti dal 2009, anno ufficiale del lancio dei Bitcoin. In 12 anni il valore di una singola moneta è passato da 1 centesimo di dollaro alla cifra record di 60 mila dollari. Si tratta della fotografia di una scalata che non possiede termini di confronto, e che sta ufficializzando il ruolo del Bitcoin inteso come oro digitale del futuro.

Mining Bitcoin: il cuore del sistema e il problema dell’energia

Purtroppo, per minare le nuove monete i server impiegano tantissime risorse a livello hardware: ciò vuol dire che consumano molta energia, e che di riflesso hanno un notevole impatto in termini ambientali. Il mining è comunque il vero cuore del segreto del successo dei Bitcoin, e si tratta di un’operazione indispensabile per il funzionamento della criptovaluta.

Trading di Bitcoin: un’opportunità di investimento (con rischi)

La linfa vitale viene invece rappresentata dal trading, dato che oggi il Bitcoin viene visto non tanto come una vera valuta ma come una forma di investimento a lungo termine. Non a caso, sul web esistono molti portali che permettono di fare trading. Per avere le idee più chiare su questo settore è consigliabile cercare online delle recensioni o delle opinioni su eToro, ad esempio, che viene considerato tra i migliori servizi per chi è alle prime armi per la sua semplicità apprezzata anche dai trader più esperti. È importante, tuttavia, essere consapevoli dell’elevata volatilità del mercato delle criptovalute e dei rischi connessi al trading.

Verso un Bitcoin più verde: energia rinnovabile e soluzioni innovative

Il mining rappresenta un problema a livello ambientale, che deve essere risolto quanto prima. Le operazioni di estrazione della criptovaluta, pur essendo necessarie, consumano molta energia e diventano dunque problematiche. Quali sono le possibili soluzioni? Sfruttare le fonti di energia rinnovabile, come nel caso del geotermico. È già accaduto, dato che El Salvador è riuscita nell’impresa di minare Bitcoin sfruttando l’energia geotermica di un vulcano. Si tratta di soluzioni vitali per l’ambiente, considerando l’enorme quantitativo di energia consumata dalla fase di mining. Gli esperti calcolano infatti un consumo annuo addirittura superiore ai consumi di nazioni come le Filippine e il Kazakistan. Al tempo stesso, oggi molti impianti di mining (cioè server) sono stati sostituiti con dispositivi con un consumo energetico minore, ma il problema resta comunque lo stesso. L’augurio è che presto possano essere sviluppate nuove soluzioni green per adeguare il mining e la produzione di Bitcoin ad una logica verde.

Il futuro dei bitcoin: tra sfide e opportunità

In conclusione, il Bitcoin si conferma una realtà in continua evoluzione, con un potenziale di crescita ancora elevato, ma anche con sfide importanti da affrontare, prima fra tutte quella della sostenibilità ambientale. Il futuro del Bitcoin dipenderà dalla capacità di innovare e di trovare soluzioni che coniughino l’efficienza del sistema con il rispetto per l’ambiente.

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Partite Iva, i regimi agevolati conquistano sempre più professionisti
Il dipartimento delle Finanze ha diffuso i dati sulla diffusione dei regimi agevolati scelti dalle persone fisiche nel corso del 2017, da cui si nota un forte incremento di aperture di regime forfettario al posto di quello ordinario. Il "popolo" delle partite Iva in Italia ha deciso: il regime forfettario è il sistema migliore per la gestione delle propria (piccola) attività. È questo il messaggio più chiaro che arriva dal puntuale aggiornamento realizzato dall’Osservatorio insediato presso il dipartimento delle Finanze, che ha diffuso un report con le informazioni definitive sulle decisioni assunte nel corso dello scorso anno. Le adesioni al regime forfettario I numeri parlano chiaro: più di 182 mila soggetti, su un totale di 512 mila nuove aperture in proprio sia a livello imprenditoriale che professionale registrate nel Paese, hanno optato per il sistema "forfettario", vale a dire più del 35 per cento del totale, a conferma di come il metodo abbia un appeal crescente. Per fare un paragone, nel 2016 questa tipologia rappresentava "solo" il 27 per cento delle nuove posizioni, con un dato quantitativo stimato in 165 mila soggetti. I requisiti L'analisi si sposta dal piano quantitativo a quello qualitativo quando prova a chiarire le motivazioni del successo di questo regime, individuate innanzitutto nelle imposte ridotte di cui beneficia chi è in possesso dei requisiti per beneficiare del sistema agevolato. Come spiega anche l'approfondimento del blog di Danea, tra i requisiti per il regime forfettario 2018, validi dunque anche per questo anno fiscale, c'è innanzitutto il vincolo dei ricavi e compensi, che a seconda della attività esercitata può andare da una soglia di 25 mila fino ai 50 mila euro. Vantaggi e semplificazione In termini pratici, poi, il grande vantaggio principale che funge da calamita per accedere al regime agevolato sono le imposte ridotte, ma non bisogna trascurare gli aspetti legati alla semplificazione degli adempimenti fiscali e burocratici: giusto come citazione veloce, si deve ricordare che i professionisti rientranti in minimi e forfettari non devono compilare gli studi di settore né inviare lo spesometro, né tanto meno sono soggetti allo split payment. Niente obbligo di fatturazione elettronica Proprio nelle ultime settimane, inoltre, durante l'evento Telefisco (organizzato dal Gruppo 24 Ore) è stato possibile appurare che i sistemi agevolati saranno esclusi anche dall’obbligo di fatturazione elettronica tra privati che prende il via nel 2019, anche se invece sono sottoposti regolarmente alle norme che regolano l’e-fattura verso le Pa (e, allo stesso modo, sono obbligati a ricevere il documento digitale in scambi tra privati in qualità di fornitori). Una flat tax Insomma, il sistema si poggia su leve che attraggono i soggetti con Partita Iva, al punto che nei giorni scorsi Il Sole 24 Ore si è spinto a parlare di "flat tax sui redditi delle persone fisiche", descrivendo i risultati del regime forfettario e, soprattutto, mettendo in relazione il sistema con la sua caratteristica di base, ovvero la presenza di un’imposta sostitutiva del 15 per cento. Un appeal crescente Sempre nello stesso articolo, poi, si invita a non misurare l’appeal del regime forfettario soltanto con le nuove aperture, segnalando le distinzioni con il vecchio regime dei minimi (in quest'ultima tipologia la flat tax è ancora più bassa, fissata al 5 per cento, ma le adesioni sono terminate nel 2016): con il forfettario è infatti possibile anche il "cambio in corsa", ovvero il passaggio durante l'anno da un regime ordinario e semplificato, "in cui comunque si applica l’Irpef ad aliquota progressiva con tanto di addizionali locali, ma anche l’Irap (se c’è il requisito dell’autonoma organizzazione) e l’Iva".

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