Lascito testamentario: cos’è e differenze con la donazione

Sono tante le persone che decidono di ricorrere a un lascito testamentario per fare in modo che i propri beni vengano destinati a persone care non comprese nella lista degli eredi legittimi o anche a organizzazioni benefiche. Conoscere le caratteristiche di questa soluzione, e soprattutto la differenza tra lascito testamentario e donazione, è indispensabile per sapere come agire. I due procedimenti in questione, infatti, pur avendo una finalità in comune, sono diversi.

Cos’è un lascito testamentario e come funziona

In sostanza, il lascito testamentario prevede che il patrimonio venga devoluto post mortem, mentre con la donazione i beni vengono concessi ai destinatari quando il donatore è ancora in vita.

La Quota di legittima: cosa devi sapere

Nella maggior parte dei casi, uno dei dubbi più comuni in relazione alla propria eredità ha proprio a che fare con la decisione di devolverla ai destinatari già prima della propria morte. Che si scelga la donazione o il lascito testamentario, comunque, è necessario rispettare quella che viene definita quota di legittima, e che non cambia a seconda che si rediga un testamento olografo (scopri qui cos’è), pubblico o segreto. In sostanza, il patrimonio ereditario è formato da una quota che per legge deve essere assegnata ai discendenti familiari (cioè i figli e il coniuge) e che rappresenta, appunto, la quota di legittima; il resto del patrimonio, invece, può essere assegnato a chiunque decida il testatore.

Donazione vs Lascito Testamentario: quali sono le differenze?

Dopo avere analizzato la donazione e il lascito testamentario, dunque, è chiara la differenza fra queste due soluzioni, che ha a che fare unicamente con le tempistiche in base alle quali il patrimonio può essere fruito dai destinatari. Nel caso di un lascito, i beneficiari dei beni hanno la possibilità di accedere al patrimonio unicamente dopo la morte del proprietario. Nel caso di una donazione, invece, la fruizione dei beni è consentita già quando il proprietario è in vita. Nella maggior parte dei casi si consiglia di evitare la donazione dei beni immobili qualora si abbia poi in mente di rivendere subito il bene; in tale eventualità, infatti, gli eredi legittimi sono autorizzati dalla legge a domandare che il bene che è stato donato venga restituito, ovviamente nell’ipotesi in cui la loro quota di legittima sia stata lesa.

Azione di Riduzione e Restituzione: tutela degli Eredi Legittimi

Se i legittimi eredi di un bene che è stato assegnato tramite donazione a un altro beneficiario ritengono che la loro quota di legittima sia stata lesa, si può procedere con la richiesta dell’azione di riduzione, così chiamata perché ha lo scopo di ridurre il valore della donazione. Una soluzione alternativa prevede di richiedere che il bene venga restituito, anche se esso nel frattempo è stato ceduto a una terza persona che lo ha comprato legalmente. Devono passare 20 anni da quando la donazione è stata trascritta prima che giunga a scadenza l’azione di restituzione del bene nei confronti del terzo che ha comprato dal donatario, eccezion fatta per il caso in cui il proprietario al momento della cessione abbia prestato la garanzia per evizione di ciò che viene venduto.

Costi del Testamento olografo e della donazione

Il testamento olografo è sempre gratuito, in quanto viene compilato direttamente dal testatore, senza il coinvolgimento di un notaio. Nel caso in cui si proceda a una donazione, invece, è necessario tenere conto dei costi notarili che devono essere sostenuti per la sottoscrizione dell’atto pubblico. Inoltre, sempre in relazione ai costi, è utile ricordare che sia sul lascito testamentario che sulla donazione si applica una tassazione, con franchigie e aliquote che sono le stesse e cambiano solo se è coinvolto un soggetto disabile e in funzione del legame di parentela.

Lascito o donazione: quale scegliere?

La scelta tra lascito testamentario e donazione dipende da molteplici fattori, tra cui le esigenze del donatore/testatore, la situazione familiare, la tipologia dei beni e le implicazioni fiscali. È sempre consigliabile consultare un notaio o un avvocato esperto in diritto successorio per ricevere una consulenza personalizzata e prendere la decisione più appropriata.

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Partite Iva, i regimi agevolati conquistano sempre più professionisti
Il dipartimento delle Finanze ha diffuso i dati sulla diffusione dei regimi agevolati scelti dalle persone fisiche nel corso del 2017, da cui si nota un forte incremento di aperture di regime forfettario al posto di quello ordinario. Il "popolo" delle partite Iva in Italia ha deciso: il regime forfettario è il sistema migliore per la gestione delle propria (piccola) attività. È questo il messaggio più chiaro che arriva dal puntuale aggiornamento realizzato dall’Osservatorio insediato presso il dipartimento delle Finanze, che ha diffuso un report con le informazioni definitive sulle decisioni assunte nel corso dello scorso anno. Le adesioni al regime forfettario I numeri parlano chiaro: più di 182 mila soggetti, su un totale di 512 mila nuove aperture in proprio sia a livello imprenditoriale che professionale registrate nel Paese, hanno optato per il sistema "forfettario", vale a dire più del 35 per cento del totale, a conferma di come il metodo abbia un appeal crescente. Per fare un paragone, nel 2016 questa tipologia rappresentava "solo" il 27 per cento delle nuove posizioni, con un dato quantitativo stimato in 165 mila soggetti. I requisiti L'analisi si sposta dal piano quantitativo a quello qualitativo quando prova a chiarire le motivazioni del successo di questo regime, individuate innanzitutto nelle imposte ridotte di cui beneficia chi è in possesso dei requisiti per beneficiare del sistema agevolato. Come spiega anche l'approfondimento del blog di Danea, tra i requisiti per il regime forfettario 2018, validi dunque anche per questo anno fiscale, c'è innanzitutto il vincolo dei ricavi e compensi, che a seconda della attività esercitata può andare da una soglia di 25 mila fino ai 50 mila euro. Vantaggi e semplificazione In termini pratici, poi, il grande vantaggio principale che funge da calamita per accedere al regime agevolato sono le imposte ridotte, ma non bisogna trascurare gli aspetti legati alla semplificazione degli adempimenti fiscali e burocratici: giusto come citazione veloce, si deve ricordare che i professionisti rientranti in minimi e forfettari non devono compilare gli studi di settore né inviare lo spesometro, né tanto meno sono soggetti allo split payment. Niente obbligo di fatturazione elettronica Proprio nelle ultime settimane, inoltre, durante l'evento Telefisco (organizzato dal Gruppo 24 Ore) è stato possibile appurare che i sistemi agevolati saranno esclusi anche dall’obbligo di fatturazione elettronica tra privati che prende il via nel 2019, anche se invece sono sottoposti regolarmente alle norme che regolano l’e-fattura verso le Pa (e, allo stesso modo, sono obbligati a ricevere il documento digitale in scambi tra privati in qualità di fornitori). Una flat tax Insomma, il sistema si poggia su leve che attraggono i soggetti con Partita Iva, al punto che nei giorni scorsi Il Sole 24 Ore si è spinto a parlare di "flat tax sui redditi delle persone fisiche", descrivendo i risultati del regime forfettario e, soprattutto, mettendo in relazione il sistema con la sua caratteristica di base, ovvero la presenza di un’imposta sostitutiva del 15 per cento. Un appeal crescente Sempre nello stesso articolo, poi, si invita a non misurare l’appeal del regime forfettario soltanto con le nuove aperture, segnalando le distinzioni con il vecchio regime dei minimi (in quest'ultima tipologia la flat tax è ancora più bassa, fissata al 5 per cento, ma le adesioni sono terminate nel 2016): con il forfettario è infatti possibile anche il "cambio in corsa", ovvero il passaggio durante l'anno da un regime ordinario e semplificato, "in cui comunque si applica l’Irpef ad aliquota progressiva con tanto di addizionali locali, ma anche l’Irap (se c’è il requisito dell’autonoma organizzazione) e l’Iva".

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