Ultra fast fashion: cos’è e quando nasce

Ultra fast fashion

Ultra fast fashion: il pericolo per ambiente, lavoratori e società

Il settore della moda, con il suo continuo mutamento, ha sviluppato modelli di consumo sempre più insostenibili. Il fast fashion e la sua evoluzione estrema, l’ultra fast fashion, sono diventati il simbolo di una produzione frenetica basata su cicli rapidissimi e prezzi stracciati, con conseguenze devastanti per il pianeta e i diritti dei lavoratori. In netta contrapposizione, si sta affermando lo slow fashion, una risposta etica e sostenibile. Ma quali sono le differenze concrete tra questi modelli e perché l’ultra fast fashion è così dannoso?

A confronto: ultra fast, fast e slow fashion

Per comprendere il fenomeno, è utile mettere a confronto diretto i tre principali modelli di produzione e consumo di moda.

Caratteristica Confronto tra i modelli (Ultra Fast, Fast, Slow)
Velocità di produzione Ultra Fast: Estrema, con migliaia di nuovi articoli al giorno.
Fast: Veloce, con nuove collezioni ogni poche settimane.
Slow: Lenta, con una o due collezioni annuali.
Qualità dei materiali Ultra Fast: Molto bassa, principalmente poliestere.
Fast: Bassa, misto di fibre sintetiche e naturali.
Slow: Alta, materiali durevoli, riciclati o biologici.
Prezzo Ultra Fast: Bassissimo.
Fast: Basso e accessibile.
Slow: Medio-alto, riflette il costo reale.
Impatto ambientale Ultra Fast: Devastante.
Fast: Molto alto.
Slow: Basso e mirato alla riduzione dell’impronta.
Condizioni dei lavoratori Ultra Fast: Opache e spesso legate a sfruttamento.
Fast: Critiche, con problemi noti nella filiera.
Slow: Trasparenti, con salari equi e condizioni sicure.

L’impatto devastante dell’ultra fast fashion sull’ambiente

L’impatto ambientale dell’ultra fast fashion è insostenibile. Questo modello aggrava i problemi già noti del fast fashion, portandoli a un livello estremo.

Consumo di risorse e inquinamento

L’industria della moda è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di carbonio e del 20% dello spreco idrico globale. La produzione di una singola maglietta di cotone può richiedere fino a 2.700 litri d’acqua. L’ultra fast fashion, con la sua produzione incessante, accelera questo consumo. Inoltre, l’uso massiccio di tinture chimiche a basso costo porta all’inquinamento delle falde acquifere nei paesi di produzione, con gravi danni per gli ecosistemi e la salute delle comunità locali.

Rifiuti tessili e microplastiche

Ogni anno vengono generate circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili. I capi di abbigliamento dell’ultra fast fashion sono progettati per essere “usa e getta”, con una qualità così bassa da rovinarsi dopo pochi lavaggi. La maggior parte di questi finisce in discarica o negli inceneritori. L’uso dominante di fibre sintetiche come il poliestere (derivato dal petrolio) causa un altro problema grave: a ogni lavaggio, questi tessuti rilasciano microplastiche, frammenti di plastica inferiori a 5 mm che contaminano oceani e catena alimentare.

Lo sfruttamento umano: il costo nascosto dietro i prezzi bassi

Dietro a un prezzo di pochi euro si nasconde una realtà di sfruttamento sistematico. Per mantenere costi così bassi, le aziende delocalizzano la produzione in paesi dove i diritti dei lavoratori sono minimi o inesistenti.

Condizioni di lavoro disumane

I lavoratori, in maggioranza donne, operano in condizioni di sicurezza precarie, con turni estenuanti fino a 16 ore al giorno e salari ben al di sotto della soglia di dignità. Il crollo del Rana Plaza in Bangladesh nel 2013, dove morirono oltre 1.100 operai tessili, è il tragico simbolo delle conseguenze di questa corsa al ribasso. Secondo un rapporto di Oxfam, per molte lavoratrici del settore è impossibile provvedere a cibo, alloggio e assistenza sanitaria per sé e per le proprie famiglie.

Come contrastare il modello ultra fast: guida al consumo consapevole

Fortunatamente, ogni consumatore ha il potere di fare la differenza. Adottare un approccio più consapevole è il primo passo per combattere questo sistema.

Slow fashion: qualità, durata e trasparenza

La slow fashion è la principale alternativa. Si basa sul principio di “comprare meno, comprare meglio”. Promuove capi di alta qualità, realizzati con materiali sostenibili (come cotone biologico, lino, canapa o fibre riciclate) e destinati a durare nel tempo. Questo approccio valorizza la trasparenza della filiera e il rispetto per i lavoratori.

L’alternativa della seconda mano

Acquistare abiti di seconda mano è una delle scelte più sostenibili. Prolunga la vita di un capo, riduce i rifiuti e non richiede nuove risorse per la produzione. App come Vinted o negozi fisici come Humana Vintage offrono un’ampia scelta per tutti gli stili.

Imparare a riconoscere il greenwashing

Molti brand di fast fashion utilizzano il greenwashing, ovvero una strategia di marketing che li fa apparire più ecologici di quanto non siano.
Consiglio pratico: diffida di termini generici come “green” o “eco-friendly”. Cerca dati specifici e certificazioni riconosciute come GOTS (Global Organic Textile Standard) per il biologico o Fair Trade per il commercio equo. Un brand veramente sostenibile è trasparente sulla sua intera catena di produzione.

Dove acquistare in modo sostenibile: negozi e brand

  • Negozi di seconda mano: catene come Humana Vintage hanno punti vendita in diverse città italiane, come a Milano in Via Cappellari, 3.
  • Brand sostenibili: marchi come Patagonia (noto per il suo impegno ambientale) e Veja (per le sneaker) sono esempi di aziende che costruiscono il loro modello di business sulla sostenibilità.
  • Piattaforme online: siti come Vinted per l’usato o e-commerce che selezionano brand etici.

Domande frequenti (FAQ)

Perché i vestiti di Shein costano così poco?
I prezzi bassissimi di brand come Shein sono il risultato di una combinazione di fattori: uso di materiali sintetici economici, produzione massiva in paesi con salari estremamente bassi, assenza di negozi fisici e un modello di business basato su dati che permette di produrre solo ciò che si vende rapidamente.

Cosa posso fare con i miei vecchi vestiti?
Invece di buttarli, puoi venderli su app di seconda mano, donarli a enti di beneficenza (assicurandoti che siano in buone condizioni), portarli nei punti di raccolta per il riciclo tessile o riutilizzarli in modo creativo (upcycling).

Essere alla moda e sostenibili è possibile?
Assolutamente sì. La sostenibilità non significa rinunciare allo stile. Significa creare un guardaroba più personale e consapevole, basato su capi di qualità che ami e che durano nel tempo, integrando pezzi vintage o di seconda mano per un tocco unico. È un invito a riscoprire il valore dei vestiti oltre la tendenza del momento.

Fonte immagine: Pixabay

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