Ferrari, la recensione del film di Michael Mann

Adam Driver in Ferrari (Credits: 01 Distribution)

Ferrari, la recensione del film di Michael Mann con Adam Driver, Penélope Cruz, Shailene Woodley, Patrick Dempsey, Jack O’Connell e Gabriel Leone

Michael Mann e le automobili. Le automobili nel cinema del regista di Heat – La sfida (1995) e Nemico pubblico – Public Enemies (2009). Le auto che sfrecciano, si inseguono, si schiantano, simbolo di velocità e movimento. Solo mezzi di trasporto si pensa ma non per lui. Per Michael Mann le auto d’epoca e sportive rappresentano la claustrofobia dell’amore opprimente da cui rinascere allo stesso tempo. Ferrari è la storia del cavallino rampante emblema di un’auto rossa fiammante. Non solo una vettura se dietro il suo successo c’è Enzo Ferrari, pilota e ideatore di una delle macchine più vendute sul mercato mondiale.

Ferrari: gli effetti speciali che non funzionano

Tratto dalla biografia del 1991 Enzo Ferrari: The Man and the Machine scritta da Brock Yates, Ferrari non corre soltanto sulla pista della storia automobilistica. Michael Mann entra dentro la macchina da corsa, la concessionaria, il marchio di fabbrica e sfreccia sul filo conduttore tra privato e pubblico, tra la crisi del marchio e la privacy del suo fondatore. The Man and the Machine, appunto. Occasione persa per Mann nel dirigere il famoso scontro tra Ford vs Ferrari in Le Mans ’66 – La grande sfida, diretto in seguito da James Mangold. Ripreso quattro anni dopo dal regista eclettico in tutto il suo esclusivo squarcio psicologico sul noto costruttore italiano. Chi è Enzo Ferrari? Chi è il magnate che si nasconde dietro la maschera della diffidenza?

Enzo Ferrari è un uomo sofferente da molto tempo. Per la perdita del figlio venticinquenne Dino, morto nel ‘56; per il matrimonio che vacilla con Laura (Penélope Cruz), sua partner in affari; per la sua relazione extraconiugale con Lina Lardi (Shailene Woodley) e per la scoperta del secondo figlio Piero, ancora in vita. Cosa rimane a un uomo tanto esigente delle alte prestazioni della sua automobile sportiva che sembra avere tutto ma che in realtà non ha nulla? La scommessa. Scommettere il suo nome, il suo onore, il suo denaro, tutta la sua scuderia su un’unica corsa che attraversa l’Italia, da Brescia fino a Roma e ritorno per 1600 km: la Mille Miglia.

Quattro vetture. Quattro piloti. La sorpresa del biondissimo Patrick Dempsey nel ruolo del pilota Piero Taruffi e la new entry acclamata dal grande pubblico Alfonso de Portago (Gabriel Leone). Tutti per uno, uno per tutti. Le Ferrari sul podio, o almeno l’idea era questa. L’incidente mortale a Guidizzolo, un capitolo buio della storia di Ferrari, che ha ucciso cinque bambini e quattro spettatori tra lo stupore e le lacrime dei presenti. Enzo Ferrari ‒ un Adam Driver invecchiato e quasi sempre in occhiali da sole, un gioco di parole ironizzando ‒ incriminato e assolto nel 1961.

C’è la storia nel biopic Ferrari, la storia realmente accaduta. E poi c’è il cinema del megalomane Michael Mann che si allontana dalla sua cifra stilistica ‒ se non riconoscibile a tratti ‒ che eccede nell’uso degli effetti speciali e macchia le scene di artifici cinematografici troppo pacchiani. La vanagloria di Mann che sbatte contro il suo stesso modus operandi. Il suo incidente di percorso, quindi. L’Uomo e la Macchina diventano le pedine di un videogioco uccidi-tutto. Ferrari ‒ presentato in concorso all’80ª edizione del Festival di Venezia ‒ era partito bene: l’uomo che si spoglia delle sue fragilità davanti alla donna che lo tiene in pugno, l’uomo tutto d’un pezzo che alla fine decide di vivere il resto della sua vita insieme alla famiglia che adesso può avere. Peccato che è finito male, con i visual effects che non hanno carburato.

VOTO: 5/10

Fonte immagine: 01 Distribution

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