In tutto l’Ottocento fino agli inizi del Novecento era opinione diffusa che i bambini prematuri fossero troppo deboli per sopravvivere, destinati a non raggiungere l’età adulta. Gli ospedali si rifiutavano categoricamente di curare questi bambini e li lasciavano morire poiché, secondo i medici, non c’era nulla da fare. A rifiutare questa crudele convinzione ci fu, però, un uomo: Martin Couney.
Chi era Martin Couney?
Non si hanno molte notizie su di lui ma molto probabilmente Couney non è mai stato un medico. Svolse, presumibilmente, un apprendistato sotto la guida di Pierre-Constant Budin, un affermato ostetrico negli anni ’90 dell’Ottocento. Nonostante ciò, il suo contributo ha cambiato radicalmente la storia della tecnologia neonatale, salvando oltre 6.500 neonati prematuri.
Le incubatrici della speranza
Il primo modello di incubatrice venne ideato in Francia, intorno al 1880, dal dottor Stéphane Tarnier; fu durante una visita allo zoo di Parigi, nella sezione dedicata alle incubatrici per pollame, che concepì l’idea. Ci vollero, però, più di 50 anni prima che le incubatrici diventassero uno strumento accettato e diffuso. La mortalità neonatale era molto alta e le strutture ospedaliere, spesso prive di fondi e restie ad accettare innovazioni, non erano disposte a investire in apparecchiature costose e non ancora validate.
Per questo motivo, Martin Couney fece qualcosa di impensabile: allestì un padiglione in un parco divertimenti a Coney Island, proprio accanto alle ruote panoramiche e ai venditori di zucchero filato. Lì esponeva neonati prematuri all’interno delle incubatrici, come un vero e proprio spettacolo, perché comprese che, per sostenere economicamente il suo progetto, aveva bisogno di un flusso costante di entrate. I soldi ricavati dalla vendita dei biglietti d’ingresso per i «baby incubator shows» venivano reinvestiti interamente nella cura dei bambini. La sua dedizione era totale: ogni bambino era trattato con estrema attenzione, non veniva mai messo in pericolo e riceveva cure meticolose, scrupolose in ogni dettaglio. Nulla era lasciato al caso, perché in gioco c’era la vita dei più fragili.
Oltre 6.500 piccole vite passarono tra le sue mani, e la maggior parte di esse poté sopravvivere grazie all’impegno, alla competenza e all’umanità di quest’uomo straordinario. In particolare, una neonata di appena 900 grammi fu dimessa dall’ospedale senza ricevere cure adeguate, con la convinzione che non sarebbe sopravvissuta. Il padre, però, rifiutò di arrendersi e la portò a un’esibizione di Couney, dove la piccola venne salvata e riuscì a vivere fino all’età di 96 anni.
Il padiglione di Martin Couney a Coney Island chiuse i battenti nel 1943, dopo oltre quarant’anni di attività. La sua missione era finalmente compiuta. Gli ospedali, infatti, cominciarono a dotarsi autonomamente di reparti e attrezzature dedicate alla cura dei neonati prematuri. Couney non trasse né fama né ricchezza dal suo impegno: era semplicemente mosso dalla profonda convinzione che ogni vita avesse un valore, indipendentemente da quanto fragile o piccola potesse essere.
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