Veleno e veleni, le sostanze letali dall’antichità ai giorni nostri

Il veleno: una storia di sostanze letali tra potere, intrighi e scienza

Protagonista dei più folli intrighi di potere e delle più cupe tragedie letterarie, il veleno è una delle armi più affascinanti e temute della storia. Il suo successo è legato alla morte invisibile e spesso impunita che è in grado di provocare, rendendolo la soluzione ideale per un omicidio apparentemente perfetto. Le prime tracce del suo utilizzo da parte dell’uomo risalgono a oltre diecimila anni fa, in un percorso che unisce caccia, medicina e, inevitabilmente, l’omicidio.

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Cos’è un veleno? Il confine tra farmaco e sostanza letale

L’etimologia stessa della parola ci svela una natura ambigua. Il termine latino venēnum è collegato a Venus, la dea dell’amore, e indicava originariamente un “filtro magico”. Allo stesso modo, nell’antica Grecia il termine pharmakon aveva il duplice significato di rimedio e veleno. Questa ambivalenza fu colta dal medico e alchimista Paracelso, che nel XVI secolo formulò il principio fondamentale della tossicologia moderna: «Sola dosis facit venenum», ovvero «è la dose che fa il veleno». Ciò che rende una sostanza benefica o letale è la quantità somministrata. Come affermava già Lucrezio: “ciò che per uno è cibo, per altri è amaro veleno”.

Il veleno nell’antichità: dalla caccia agli intrighi di Roma

Fin dal Paleolitico, l’uomo ha usato il veleno per cacciare, applicando estratti vegetali (come l’elleboro) o animali (siero di vipera) sulle punte delle frecce. Il termine greco per freccia, toxon, è probabilmente l’origine della parola tossico. Ben presto, però, queste sostanze letali divennero un’arma usata dall’uomo contro l’uomo. Cicuta, aconito e belladonna divennero strumenti comuni per eliminare nemici e rivali. La storia dell’Impero Romano è costellata di avvelenamenti celebri: si narra che l’imperatore Augusto fu avvelenato dalla moglie Livia e l’imperatore Claudio da Agrippina per favorire l’ascesa al trono di Nerone.

L’arte del veneficio nel Rinascimento italiano

Con lo sviluppo dell’alchimia e della chimica, il veneficio divenne una vera e propria arte, specialmente nelle corti italiane del Medioevo e del Rinascimento. La paura dell’avvelenamento era tale che si diffuse la figura dell’assaggiatore, un servitore incaricato di testare cibi e bevande prima del signore.

L’arsenico: il re dei veleni

Per secoli, l’arsenico è stato il veleno per eccellenza, noto come “la polvere di successione”. Somministrato in piccole dosi, provoca un lento deterioramento simile a una malattia, rendendo la causa della morte difficilmente identificabile. La sua era di impunità terminò solo nel 1836, quando il chimico britannico James Marsh sviluppò un test in grado di rilevarne in modo inequivocabile le tracce.

La cantarella dei Borgia

La famiglia Borgia, in particolare Papa Alessandro VI e sua figlia Lucrezia, divenne famosa per l’uso di un veleno chiamato cantarella. Si trattava di una polvere a base di arsenico, probabilmente mescolato con sali di rame, che veniva disciolta nel vino o nel cibo delle vittime. Un altro metodo attribuito a Lucrezia era l’uso dei funghi velenosi, in particolare del genere Cortinarius, i cui effetti si manifestano anche a distanza di giorni.

L’acqua Tofana di Giulia Tofana

Nel XVII secolo, divenne tristemente famosa l’acqua Tofana, una pozione incolore e insapore inventata da Giulia Tofana. Era una soluzione a base di anidride arseniosa, piombo e antimonio, venduta in boccette di cosmetici a mogli che desideravano liberarsi dei mariti. Si stima che abbia causato oltre seicento morti prima che la sua inventrice fosse scoperta e giustiziata.

I veleni più famosi: una tabella riassuntiva

Veleno Tipologia Caso storico noto
Arsenico Metalloide Borgia, Acqua Tofana
Cicuta Neurotossina vegetale Morte di Socrate
Cianuro Composto chimico Tentato omicidio di Rasputin
Polonio-210 Isotopo radioattivo Omicidio di Alexander Litvinenko

Veleni moderni: dal cianuro agli agenti nervini

Con la nascita della tossicologia moderna, usare il veleno senza essere scoperti è diventato più difficile.

Cianuro e sostanze radioattive

Il cianuro, che blocca la respirazione cellulare, è tristemente noto per il suo impiego nelle camere a gas naziste. Un caso più recente è quello del dissidente russo Alexander Litvinenko, ucciso a Londra nel 2006 con del polonio-210, una sostanza radioattiva micidiale aggiunta al suo tè. La rarità di questo veleno ha reso l’omicidio un chiaro messaggio di potere da parte di uno stato.

Agenti nervini e spionaggio

Il XX secolo ha visto la nascita degli agenti nervini, come il Sarin e il VX, sviluppati come armi di distruzione di massa. Queste sostanze letali agiscono bloccando il sistema nervoso e sono state usate in attentati terroristici e omicidi mirati nel mondo dello spionaggio, come nel caso di Kim Jong-nam, avvelenato con il VX in un aeroporto nel 2017.

Il veleno ambientale: una minaccia silenziosa per il pianeta

Oggi, il concetto di veleno si è esteso oltre l’omicidio per includere la contaminazione ambientale. Il film Veleno di Diego Olivares ha portato all’attenzione del grande pubblico il dramma della terra dei fuochi. Pesticidi, rifiuti industriali e inquinanti chimici agiscono come un veleno lento e diffuso, compromettendo gli ecosistemi, contaminando la catena alimentare e minacciando la nostra salute a lungo termine. Questa forma di avvelenamento, silenziosa e globale, rappresenta una delle sfide più grandi del nostro tempo.

Conclusione: l’eterna dualità del veleno e delle sostanze letali 

Dalle punte di freccia degli antichi cacciatori alle complesse molecole usate dallo spionaggio moderno, la storia del veleno è la storia della conoscenza umana usata per i suoi scopi più oscuri. Ricorda l’eterna lezione di Paracelso: ogni sostanza ha in sé il potenziale per curare o per uccidere. Comprendere questa dualità è fondamentale, soprattutto oggi che la minaccia più grande non è più la fiala nascosta nella mano di un sicario, ma l’inquinamento invisibile che rilasciamo nel nostro stesso mondo.

Fonte immagine: Wikipedia 

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A proposito di Federica Grimaldi

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