Sono ben lontani i tempi in cui donne e gaming sembravano essere due mondi separati e il trascorrere il tempo a giocare di fronte ad uno schermo veniva definito come roba da uomini. Ad oggi, in Europa, il 40% di chi è interessato al mondo del gaming e contribuisce alla crescita del mercato dei videogiochi si identifica come donna: quasi la metà dei videogiocatori totali! Eppure, in un certo senso, il mondo videoludico sembra essere ancora ostile alle donne: la rappresentanza femminile a livello lavorativo è quasi nulla e i personaggi femminili, nei videogiochi stessi, sono in numero decisamente inferiore rispetto a quelli maschili (e in genere parecchio stereotipati). Inoltre, le videogiocatrici dichiarano spesso di subire discriminazioni di genere durante l’esperienza di gioco: alcune arrivano addirittura a fingersi uomini quando giocano online, per evitare di subire spiacevoli insulti, comportamenti scorretti o minacce.
Ma perché, nonostante il crescente numero di videogiocatrici, il rapporto tra donne e gaming sembra essere ancora così complicato?
Proviamo ad analizzare questo fenomeno e le probabili cause ad esso annesse.
Lo stereotipo della Gamer Girl
All’interno dei videogiochi, i personaggi femminili sono riconducibili a due principali categorie: la prima è quella della ragazzina ingenua, adolescente o comunque dagli atteggiamenti infantili, eccentrica e che sembra vivere in funzione del protagonista maschile; la seconda è quella della donna sensuale e ammiccante, dalla profonda scollatura e caratterizzata dagli atteggiamenti provocatori. Si tratta ovviamente di stereotipi, che però si riflettono nell’immaginario collettivo anche sulla figura della videogiocatrice: la gamer girl è spesso soggetta a pregiudizi, venendo collocata in un modello estetico e caratteriale specifico. Questo modello suscita talvolta attrazione, talvolta diffidenza e repulsione, ma il risultato è il medesimo: le videogiocatrici non vengono considerate alla pari dei videogiocatori, ma viste piuttosto come creature da proteggere o intrusi da allontanare.
Il sessismo benevolo
«Una donna che ama i videogiochi? Wow, ho sempre desiderato una come te! Sposami!»
Qualsiasi ragazza o donna che si definisce appassionata di gaming si sarà sentita dire, almeno una volta, una frase simile. Alcuni videogiocatori sono entusiasti all’idea di conoscere una donna che condivida le proprie stesse passioni, probabilmente perché abituati a sentirsi definire infantili o fannulloni quando affermano di trascorrere il proprio tempo libero giocando online; questi subiscono, di conseguenza, il timore di essere giudicati negativamente in particolar modo dalle donne, che per anni si sono mostrate parecchio disinteressate a questa forma di intrattenimento. Comprendere che donne e gaming possano coesistere è musica per le loro orecchie! Ciò li portano ad assumere atteggiamenti lusinghieri nei confronti delle ragazze che affermano di amare i videogiochi; ad esempio, avanzando proposte di boosting (aiutare a salire di livello) o offrendosi di regalare loro skin ed altri contenuti di gioco. E, a differenza di quanto si possa pensare, non tutti lo fanno aspettandosi qualcosa in cambio: per molti, il fatto che una donna accetti di giocare con loro è già una gratificante ricompensa. Ma questi atteggiamenti, sebbene possano all’apparenza sembrare gesti carini in cui non c’è nulla di male, altro non fanno che alimentare gli stereotipi associati alla figura della donna gamer. Pensare che una persona abbia bisogno di aiuto per aumentare il suo livello di gioco o che meriti dei regali esclusivamente perché è una donna equivale a non prendere le videogiocatrici sul serio: una Gamer Girl è semplicemente una persona di genere femminile a cui piace giocare ai videogiochi, non una figura astratta da idealizzare e collocare su un livello differente rispetto a quello del gamer.
L’ orgoglio nerd e il gatekeeping
L’interesse verso il mondo videoludico da parte di persone al di fuori della fascia di età infantile è stato considerato a lungo come roba da nerd, e la figura del nerd, come ben sappiamo, fino a qualche anno fa è sempre stata soggetta a discriminazione, prese in giro ed emarginazione sociale. Negli ultimi anni, la cultura nerd è diventata indubbiamente sempre più mainstream, e determinati ambiti di interesse non sono certo più considerabili “di nicchia”. Ma questo ad alcuni gamer non va giù: i loro hobby sono stati le fondamenta della personalità di outsider che hanno costruito e di cui vanno orgogliosi, poiché li hanno resi diversi dalla massa che li rifiutava. E nel momento in cui proprio quella massa sta iniziando ad invadere il loro territorio, la reazione è quella di rivendicare la propria identità di veri nerd, coloro che videogiocano per reale passione, certi del fatto che gli altri si siano avvicinati al mondo del gaming solo perché è la moda del momento. E tra questi altri ci sono, ovviamente, le donne, che fino a qualche anno fa erano quasi completamente estranee a questo genere di interessi. Per molti di coloro che si definiscono veri nerd, donne e gaming non sono due termini compatibili. La volontà di riappropriarsi della propria identità e di escludere i “nuovi arrivati” dal proprio mondo spinge queste persone ad assumere atteggiamenti fortemente discriminatori nei confronti delle videogiocatrici, a rivolgersi a loro in toni offensivi e a mostrare una sorta di diffidenza nei loro confronti – ad esempio, c’è chi pensa che le donne fingano di amare i videogiochi soltanto per attirare le attenzioni maschili e ricevere attenzioni e regali.
Donne contro donne
Verrebbe da pensare che, dal momento in cui più o meno tutte le videogiocatrici subiscono atteggiamenti discriminatori, sia presente una certa solidarietà femminile nel mondo dei videogiochi. E invece non è così. Le stesse donne non sono immuni agli stereotipi che circondano la figura della Gamer Girl, tant’è che parecchie ragazze appoggiano gli uomini nel sostenere che la maggior parte delle gamer si definisca tale solo per attirare attenzioni maschili, affermando poi che sì, anche loro giocano online, ma non sono come le altre. Sottolineando la differenza tra se stesse e le altre, queste donne sperano di poter avere il privilegio di essere inserite in quello che percepiscono come una sorta di club esclusivo a prevalenza maschile: c’è da chiedersi se valga davvero la pena alimentare uno stereotipo negativo riguardo le donne per essere accolte da coloro che, altrimenti, metterebbero alla porta una persona esclusivamente per il fatto di essere donna e di condividere i propri stessi interessi.
La tossicità del gaming online
C’è da tener conto, infine, del fatto che il mondo del gaming online presenti un elevato alto di tossicità, a prescindere dalle discriminazioni di genere – basti pensare alle discussioni riguardo la community di League of Legends. Nel momento in cui si interagisce con altre persone, soprattutto sconosciute, attraverso uno schermo, c’è chi si sente in diritto di non risparmiarsi in aggressioni verbali verso il prossimo, manifestando idee che vengono represse nella vita reale per timore delle conseguenze. Ciò si traduce spesso in insulti fortemente discriminatori, dai toni razzisti, omofobi e, chiaramente, sessisti. Un fenomeno difficile da contrastare dal momento che è considerato da svariati gamer non solo giustificabile dallo stress provocato da una partita che sta andando male, ma addirittura “parte dell’esperienza di gioco”.
Insomma, nonostante il crescente inserimento delle donne nel mondo dei videogiochi sembra che, agli occhi di non pochi videogiocatori, donne e gaming continuino a viaggiare su due binari separati. Di positivo c’è che, con l’aumentare del numero delle donne interessate a questo ambito, aumentano anche le riflessioni e le discussioni riguardo le discriminazioni da esse subite: si spera che, con il tempo, questi comportamenti negativi possano diminuire fino ad annullarsi del tutto.
Fonte immagine in evidenza: Pixabay