Gerardo Attanasio, intervista al cantautore

Gerardo Attanasio

Gerardo

Gerardo Attanasio è un cantautore campano, classe ’83, che ha cominciato a scrivere canzoni nel ’96 ed è autore di due cd: “Vivere lento” (2009) e “I canti dell’ontano” (2013), quest’ultimo è il primo di una trilogia, in cui la combinazione tra la voce di Gerardo Attanasio e i diversi suoni armonici, quali la musica di un carillon, le gocce di pioggia, il cinguettio degli uccelli, risate, sospiri, hanno il potere di avvolgerti in una dimensione senza tempo, proprio come quella melodia dolce e lontana di un carillon.

Intervista a Gerardo Attanasio

Ciao Gerardo Attanasio, hai cominciato a scrivere canzoni molto presto. Com’è nata la tua passione per la musica?

Mi trovo sempre a dover specificare di essere nato come appassionato di canzoni: da bambino mio padre mi svelava il senso di qualche canzonetta e io restavo affascinato dal fatto che in tre minuti si potesse racchiudere un piccolo film. Solo in un secondo momento, per esigenze lavorative, il mio interesse si è allargato alla musica tutta. La passione per quest’arte, se vuoi, è qualcosa che ho costruito. Inizialmente mi interessava quasi esclusivamente la forma della canzone, poi ho cominciato ad ascoltare in maniera ordinata e sistematica numerosi dischi che hanno ampliato gli orizzonti della mia scrittura.

Gerardo Attanasio, hai vinto già diversi premi e partecipato a vari festival. Qual è stato il più gratificante?

Non credo molto ai premi, ma sono occasioni che chi vuole provare a fare questo mestiere deve cercare di non perdere per allargare il più possibile la propria rete di contatti. Un bel ricordo è legato a una targa SIAE che vinsi nel 2010 al Premio Pigro con una canzone del mio repertorio che ho odiato: “La rivoluzione”, che mi sembrava troppo ammiccante, molto pop rock italiano musicalmente e dal punto di vista del testo sembrava voler dire agli altri cosa fare. Oggi mi sono riconciliato col suo contenuto: sono sempre più convinto che chi parla di grandi temi e poi nel suo piccolo non sa sfuggire al pettegolezzo, al luogo comune, non abbia il diritto di affrontare certi argomenti, sparare a salve non serve davvero a nulla. Per questo mi tedia tutta l’arte che ha la presunzione di cambiare le cose, compresa la mia canzone. Sarà banale, ma le rivoluzioni si fanno partendo dal piccolo, imparando a convincere sé stessi per primi. A parte questo, fiumi di vino e tanta allegria… Fu un anno magico quello.

I titoli dei tuoi cd: “Vivere lento” e “I canti dell’ontano” che significato hanno?

Vivere Lento era un augurio: io credo che ci siamo allontanati dai ritmi sani dei nostri nonni, la velocità e la superficialità negativa che ne derivano impediscono di goderci il viaggio. Così il dover essere sempre fra gli altri, far festa ci impedisce di guardare in faccia e vincere la solitudine che ognuno di noi porta dentro. Solo palliativi, nessuna cura e non credo siamo migliorati come essere civili… Ecco io mi sono allontanato dai miei modelli culturali, dal frastuono, dalla baldoria che solo in apparenza mi faceva sentire meno solo.
Ho avuto una grande occasione di crescita dedicandomi al mio secondo disco, volevo che il titolo sintetizzasse, racchiudesse quest’esperienza. Ritorna fra l’altro la linea verde, il rispetto sempre più sacro che nutro nei confronti della terra, attraverso gli alberi, in questo caso l
‘ontano, quel rispetto che via via stiamo perdendo fagocitati dal sistema capitalistico.
Entrambi i titoli sembrano voler dire: facciamo un passo indietro.

Nella canzone Mistral, del secondo cd, ripeti più volte una frase: “Fa che la mia corsa non sia corsa invano“, verso cosa  corri?

Come tutti corro incontro alla fine. Sarà banale questo, ma in trentadue anni di vita ho capito che non è il punto di arrivo a contare, ma il viaggio, per questo non voglio accollarmi le ansie di un mondo che non mi piace e pretendo di vivere secondo i ritmi della terra, godendomi quello che c’è da godere con i tempi giusti.

In alcuni testi si ha l’impressione quasi vaga che tu ti rivolga a qualcuno in particolare. Si tratta di qualcuno di astratto o di concreto?

Esiodo, uno dei miei poeti greci preferiti, diceva che le Muse insieme alla verità dicono anche tante menzogne. La poesia è fatta di un impasto indissolubile di verità e bugia. Così nelle mie canzoni parlo sempre a qualcuno che esiste e non esiste. Chissà. Mi piace confondere più piani nelle cose che scrivo.

Non ci resta che attendere il resto della trilogia e intanto…facciamo un passo indietro.

A proposito di Claudia Esposito

Per ora ho una laurea in Filologia Moderna, un inizio di precariato nell'insegnamento e tante passioni: la lettura, la scrittura, le serie tv americane, il fitness, il mare, i gatti.

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