Malavuci, di Antonella Perrotta | Recensione

Malavuci

Malavuci di Antonella Perrotta (edito da Ferrari Editori, anno 2022) è un esempio di interessantissima narrativa in quanto è un testo che si dimostra capace di convogliare la tumultuosità degli eventi narrati, la pluralità dei personaggi presenti e le loro contraddizioni all’interno di un complesso lessicale temprato dall’ironia e dall’amarezza.

L’autrice

Antonella Perotta
, calabrese di nascita, è laureata in giurisprudenza e si dedica con interesse, passione e bravura alla scrittura. Malavuci è la sua seconda pubblicazione romanzesca, dopo il successo di esordio nel 2019 di Giuè.

Trama e temi di Malavuci

La vicenda, che si costituisce mediante l’interazione e la partecipazione di più personaggi e più storie, è situata in un luogo immaginario della Calabria: il paesino di San Zefiro colonizzato da una società contadina, il cui animo si sottomette alla paura e alla superstizione. In questo nugolo fatto dalle cose e dai loro uomini, la malavuci percorre le strade piccole sibilando come un vento, strisciando come una serpe, infiltrandosi come una muffa. E percorrendo simbolicamente queste strade, striscia invero nei corridoi delle orecchie, battendo contro i timpani come vetri di finestre, da testa a testa, da parte a parte, arpeggiando i segreti nascosti-le cose indicibili- i dettagli sconci. E quale sia la mano che arpeggia e genera il vento che infama e quali siano i motivi che aiuta la corrente a generarsi e a dilagare, i Sanzefiresi lo ignorano ma non ne ignorano di certo le conseguenze: ne sono contemporaneamente vittime e sostenitori, capri espiatori e artefici.

L’attenzione si concentra, nel flusso dinamicissimo della corrente fluviale della narrazione, sulla famiglia Bellosguardo di cui il giovanissimo Sasà è motivo di gravi ansie e preoccupazioni. A causa delle sue stranezze, rilevabili in un atteggiamento gentile e pacato-dedito più ai fiori che agli affari di famiglia e alle donne, Caterina-sua madre- inizia a sospettarne e a temerne l’omosessualità.
E a seguito di questo sospetto, lo sguardo focale della narrazione si restringe su Sasá disvelandocelo nella sua verità e contemporaneamente ci accompagna, adagio, verso Lela-la forastera vittima dell’emarginazione e del pregiudizio.

Interagiscono nella vicenda di Malavuci diversi personaggi che rappresentano dei perni attorno a cui la narrazione sembra arrovigliarsi e ri-direzionarsi. Essi sono: Antonio e Pietro Bellosguardo, Faustina la Rossa-la prostituta moralissima-, padre Gerardo. E l’alternanza di queste personalità e delle loro storie, come i tasti bianchi e neri di un pianoforte, sono la genesi della musica narrativa che scorre-inesorabile-dentro i nostri occhi fino alle orecchie e lungo il percorso bagna la coscienza.

La Malavuci

Il tema della Malavuci, vissuta e personificata nel romanzo come una sorta di “vento” capace di svelare il non-svelabile e di dire il non-detto, è invero e in altre parole la sentenza del popolo. Il romanzo di Perrotta può dunque considerarsi, in questo senso, una sorta di lente di ingrandimento che agisce sulle cose piccole di un paese immaginario per svelare quelle grandi di una società umana che oggi interagisce tanto di persona in persona quanto di network in network. Si può di fatto procedere a una osservazione generale delle cose in una società sottoposta costantemente al giudizio superficiale della patina che copre i fatti e le persone. I processi mediatici che un tempo riguardavano coloro che si autosottoponevano alle immissioni sul grande schermo, oggi-per via all’accesso ai social network, micro Cinecittà nelle mani di ciascuno,-riguardano ciascuna persona e ciò che prima erano parole e sussurri di uomini e donne oggi sono parole grattate sulle superfici lisce dei telefoni. Ma ancora sussistono i giudizi e la pratica vessativa dell’ipocrisia e della ricerca del capro espiatorio nella società che, benché si dica tollerante e aperta, ancora è per molti versi contraria e lontana rispetto alla vera inclusione.

In Malavuci San Zefiro diventa polvere
, decantando profeticamente ciò che sarà di tutte le chiacchiere e di tutto il vociare ridente e offensivo: polvere che finisce per accecare gli occhi e coprire il bello, polvere che finisce per insudiciare e rompere le cose, polvere che copre l’umanità e ne irride il senso profondo.

Il merito dell’autrice è in questo caso grandissimo in quanto lei è stata in grado di costituire in un microspazio, quale è San Zefiro, le tentazioni cui incorre la società umana tutta e di mostrare, con uno stile ironico e un lessico trasparente-fluido-dinamico, le sue contraddizioni ma anche la sua segreta bellezza.

Immagine di copertina: Ferrari Editore

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A proposito di Arianna Orlando

Classe 1995, diplomata presso il Liceo Classico di Ischia, attualmente studente presso la Facoltà di Lettere all’Università di Napoli Federico II, coltiva da sempre l'interesse per la scrittura e coniuga alla curiosità verso gli aspetti più eterogenei della cultura umana contemporanea, un profondissimo e intenso amore verso l’antichità. Collabora con una testata giornalistica locale, è coinvolta in attività e progetti culturali a favore della valorizzazione del territorio e coordina con altri le attività social-mediatiche delle pagine di una Pro Loco ischitana.

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