Il libro Ombre di Luce, della scrittrice salernitana Grazie De Gennaro, è uscito nelle librerie lo scorso luglio. Edito dall’Agenzia Pensiero creativo, è la storia di Luce Balzani, fotografa e pittrice e della narrazione delle luci e delle ombre della sua vita che si svelano in una Napoli esoterica.
Grazia De Gennaro è una scrittrice salernitana. Ha vinto il Primo Premio nella Sezione Narrativa del Premio internazionale Letterario-Artistico “La Piazzetta” con il racconto “La bambina di cristallo”. Molto attiva a sostegno delle donne e della comunità LGBTIQA+, ha pubblicato il suo primo libro nel 2019 “Amore di papà” che tratta proprio la violenza domestica.
Ombre di luce, la sinossi
Siamo nella Napoli contemporanea. Luce Balzani è una giovane madre, laureata all’Accademia delle Belle Arti, lavora come fotografa ma in realtà è una pittrice nonché artista a tutto tondo. Ha una bimba piccola, Amaris, avuta a vent’anni da una relazione finita male, si fa aiutare da una vicina di casa poiché da qualche anno ha perso entrambi i genitori. Luce ha sempre avuto paura del buio da quando era una bambina e ora odia le ombre. La storia di Luce non è la storia di una donna qualsiasi. Edith è una giovane pittrice, anch’essa napoletana, affascinata dalle ombre, che cerca di ritrarre nelle sue opere. Da sempre Edith è stata affascinata da Luce, anche se non la conosce personalmente. Qualcosa dentro le dice che deve incontrarla e deve aiutarla ad affrontare le sue ombre.
La storia delle due donne nel romanzo Ombre di Luce e del loro incontro si snoda tra le descrizioni accuratissime delle bellezze architettoniche di Napoli e la sua storia, sottolineando l’aspetto esoterico della città (come nel caso del Cimitero delle Fontanelle). La trama, malgrado affascinante, riserva qualche punta di immaturità che però è ben celata dalla scelta di un linguaggio elegante e forbito: risulta quindi piacevole leggere il romanzo, fonte anche di informazioni artistiche e culturali.
«Questo è il Limen, il confine con l’Aldilà di Napoli. Ogni paese del mondo ne ha uno. Ho atteso che ti addormentassi perché era il solo modo per farti accedere da viva.
Uno stuolo di teschi adagiati nelle nicchie umide, con le orbite scure, i crani giallognoli e lucidi e i denti grossi come proiettili incastonati nelle mascelle, talvolta aperte nell’ultimo stupore della morte. Tutt’intorno, vasi di vetro o plastica ospitavano fiori dritti e freschissimi, che ancora stillavano acqua, e altri -pochi in verità- ricurvi sul bordo, con i petali flosci e anneriti dal tempo e dall’oblio, il cui tanfo di marcescenza appesantiva l’aria e si mescolava agli effluvi dei pistilli nuovi.»
Fonte immagine: sito web Agenzia Pensiero creativo