Canzoni dei Blackbriar: 3 per conoscerli

Canzoni dei Blackbriar: 3 per conoscerli

Le canzoni dei Blackbriar, con le loro atmosfere gotiche e magiche, sono un viaggio nell’affascinante tradizione fiabesca europea.

I Blackbriar sono una band olandese, in attività dal 2012, sotto contratto con l’etichetta tedesca Nuclear Blast Records. La line-up del gruppo è composta da sei membri: Zora Cock (voce), René Boxem (batteria), Bart Winters (chitarra), Robin Koezen (chitarra), Ruben Wijga (tastiere) e Siebe Sol Sijpkens (basso).

Ascrivibili ai generi alternative metal, gothic metal e symphonic metal, nel 2019 sono stati scelti come supporter per gli Epica e gli Halestorm, mentre il prossimo 20 ottobre si esibiranno al live club di Milano al fianco dei Kamelot per il loro Awaken The World Tour.

Sono spesso associati agli Evanescence per le influenze gotiche e l’ipnotica voce femminile, e sono molto amati anche dai fan di Within Temptation e Nightwish.

Il sound dei Blackbriar è cupo ed elegante, ben costruito nelle melodie e nell’utilizzo degli strumenti, rimanendo semplice ed essenziale senza mai risultare piatto. I brani del gruppo sono infatti sempre carichi di trasporto emotivo e gli elementi orchestrali, come gli archi, si uniscono a chitarre e batteria, realizzando un connubio delicato e potente, grintoso e disperato.

La voce di Zora, cuore pulsante delle canzoni dei Blackbriar, è ammaliante come quella di una sirena: leggera e soave, avvolge con la sua eleganza e intriga con la sua interpretazione, a tratti inquietante, dei suoi personaggi. La sua bravura tecnica, inoltre, le consente di raggiungere note molto alte e realizzare melodie davvero complesse senza sforzo. Un flusso naturale che, assieme alla qualità della band, rende i loro brani davvero piacevoli da ascoltare in live.

I testi, ideati e scritti da Zora, attingono a un immaginario gotico che riprende leggende e tradizioni del folklore europeo, in particolare germanico e celtico, trasformando così ogni canzone in un viaggio all’interno di storie antiche, cupe e affascinanti.

Ecco quindi tre canzoni dei Blackbriar da ascoltare per immergersi nel loro mondo oscuro e incantato.

1. I’d Rather Burn (We’d Rather Burn, 2018)

I’d Rather Burn è una delle più famose canzoni dei Blackbriar, con quasi sette milioni di visualizzazioni su Youtube.

Il brano, che si apre e chiude con il crepitio del fuoco, è il canto di una strega condannata al rogo che, durante l’agonia, mantiene fierezza e determinazione, poiché preferisce essere arsa viva piuttosto che rinunciare alla sua essenza. Lancia una maledizione verso chi l’ha condannata: anche dopo la sua morte si potrà udire il suo canto, presagio del suo ritorno imminente per perseguitare chi ha cercato invano di toglierle la sua identità.

Nel semplice e suggestivo videoclip che accompagna la canzone, Zora veste i panni della strega, incatenata e trascinata verso il rogo, che tuttavia conserva sempre  un’espressione tenace e intimidatoria, nonostante le cadute, gli strattoni e il suo destino inevitabile.

2. Selkie (The Cause of Shipwreck, 2021)

Questa canzone si ispira alla leggenda nordica delle selkie, ovvero delle foche in grado di trasformarsi in esseri umani rimuovendo il proprio manto.

Il protagonista è un uomo innamorato perdutamente di una selkie. Per poterla sposare, le ruba il manto, costringendola a vivere con lui. Secondo la leggenda, infatti, se il manto di una selkie viene rubato, ella sarà costretta a vivere sulla terraferma fino a quando non ritroverà la sua pelle.

Una volta ritrovata, Selkie fugge in mare per non fare mai più ritorno, lasciando l’uomo nella disperazione. Selkie non è mai stata davvero sua e l’unico modo per ricongiungersi a lei è seguirla nel suo mondo, andando incontro però alla morte.

La voce di Zora si abbina perfettamente all’atmosfera della canzone: dolce, ammaliante e malinconica, come il canto di una selkie che anela al ritorno a casa, accompagnato da una timida melodia che si fa sempre più forte e disperata, in un crescendo che ricorda le onde del mare che si trasforma in tempesta.

3. Fairy of the Bog (Fairy of the Bog, 2021)

Fairy of the Bog, in italiano fata della palude, fa riferimento alla mummia della ragazza di Yde, conservata nel museo di Assen, città natale della band.

Il corpo della ragazza, di circa di 16 anni e vissuta duemila anni fa, è stato rinvenuto in una palude con una corda attorno al collo, i capelli parzialmente rasati e delle ferite da taglio, il che fa pensare che si tratti di un sacrificio umano agli dei.

Attraverso la loro musica, i Blackbriar danno un lieto fine alla fanciulla: dopo la morte, il suo spirito viene condotto dai fuochi fatui presso un dolmen, dove danzerà in eterno assieme alle fate e dove non sarà mai più sola.

In questo brano il senso di minaccia e inquietudine tipico di molte canzoni del gruppo lascia spazio a un sentimento più vicino alla speranza e alla meraviglia, quello che la fanciulla avrebbe provato nell’essere circondata da quelle incantevoli creature nei loro mantelli di nebbia.

Fonte immagine in evidenza: Spotify

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