Intervista a Daniel Lumera, riferimento internazionale nell’area delle scienze del benessere

Daniel Lumera, biologo naturalista, è riferimento internazionale nell’area delle scienze del benessere e nella pratica della meditazione, autore bestseller, ideatore del metodo My Life Design e fondatore dell’organizzazione di volontariato My Life Design. 

Abbiamo avuto l’opportunità di fare una chiacchierata con lui per approfondire il suo ruolo, scoprire più da vicino gli aspetti del suo percorso di consapevolezza e meditazione, e non solo!

Chi è Daniel Lumera 

Daniel, si è parlato l’altro giorno durante il seminario tenutosi a Bologna sulle tematiche del tuo ultimo libro “28 respiri per cambiare vita”, edito da Mondadori, della tua figura come esperto di meditazione, come biologo, autore… quali sono i tuoi ruoli in questo momento? In che modo svolgi le tue attività?

La mia è una figura molto trasversale, che innanzitutto abbraccia la scienza: sono, infatti, biologo naturalista e research fellow in sociologia dei processi culturali e comunicativi, inoltre sono docente, ho fondato la My Life Design Academy, l’Accademia dei Codici, e l’International School of Forgiveness, e, tra le varie collaborazioni accademiche in Italia e all’estero, ho insegnato anche all’università di Girona; poi, sono uno scrittore, almeno così dicono. Inoltre, sono impegnato in diversi progetti sociali, come volontariato nelle carceri, negli ospedali e nelle scuole. Nella mia attività trametto una tradizione sapienziale millenaria che a sua volta mi è stata trasmessa dal mio mentore, Anthony Elenjimittam, discepolo diretto di Gandhi. 

Fatico molto a definirmi, perché mi sembra di tradire la possibilità di libertà di espressione che tutti noi abbiamo, però comprendo che ai fini del contesto sia qualcosa a volte necessario (sorride, ndr).

Il percorso di consapevolezza: ricerca e spiritualità

Daniel Lumera, una domanda che voglio farti è sull’attività del Filo d’oro, in particolare su quella che è l’attività di ricerca. Può essere assimilata a quella che viene chiamata ricerca indipendente? Se sì come può essere definita effettivamente la ricerca indipendente? 

Tu cosa intendi per ricerca indipendente? 

In realtà volevo sapere se mi potessi aiutare a capire cosa c’è dietro questa assonanza. Una persona che ha difficoltà a definirsi ma ha la possibilità di approfondire un determinato aspetto della vita, ha la possibilità di farlo bene… però quella è una ricerca indipendente perché non fa capo a nulla di istituzionale, se vogliamo. Quindi quella può essere definita in qualche modo ricerca indipendente? Per te come potrebbe definirsi?

Prima di tutto distinguiamo tra la ricerca “istituzionale”, volta a soddisfare esigenze di mercato e necessità sociali, e una ricerca molto più profonda che riguarda la nostra unicità, propria di una mente che non ha paura di rompere schemi, che la capacità di ascoltare profondamente e mettere in discussione tutto ciò che gli è stato raccontato, compresi i modelli che ha imparato a riconoscere per verità fondamentali; una mente assolutamente rivoluzionaria a livello percettivo, a livello cognitivo e a livello di profondità esistenziale. 

Io credo che tutti i percorsi di consapevolezza partano da una condizione di ammissione di profonda ignoranza, mettendo in discussione tutto quello in cui si crede, disposti a entrare in campi di esperienza non solo sconosciuti ma assolutamente inesplorati. Ecco, questa per me è la ricerca indipendente. Si tratta, sostanzialmente, di guardare la vita, gli altri e noi stessi da una prospettiva nuova, che permette di vivere veramente, in uno stato di meraviglia costante e di piena consapevolezza del mistero dell’esistenza.

Quale può essere invece la connessione tra il percorso di consapevolezza di cui si è parlato al seminario, quella che è la magia de L’arte di far succedere le cose – per nominare uno dei tuoi testi – con quelle che sono filosofie religiose, o comunque con altre realtà che vengono definite in qualche modo sovrannaturali e trascendentali?

La cultura cristiana è fondata su delle realtà sovrannaturali, così come la cultura indovedica. Sono estremamente affascinato dall’aspetto invisibile dell’esistenza, dall’aspetto emozionale, che diventa visibile per esempio, quando arrossiamo per un’emozione o per la vergogna o per l’entusiasmo. Tuttavia, quello che mi affascina non è la manifestazione visibile, ma l’aspetto che trascende la manifestazione della natura materiale e tocca i pensieri, l’intimità del nostro sentire, la profonda e unica consapevolezza di essere. 

Non sono affascinato dall’esoterismo, ma dalla natura dell’amore. La trovo sovrannaturale nel senso che porta l’essere umano a trascendere gli aspetti egoici. Io credo che tutte le filosofie sapienziali antiche che hanno ispirato il mio lavoro abbiano le radici nella trascendenza più profonda, non in quello che comunemente viene chiamato “sovrannaturale”. Nel piano della consapevolezza siamo in grado di muovere degli aspetti dell’esistenza sottili, raffinati e invisibili che potrebbero apparire come “magici” agli occhi di una persona che non ha conoscenza. Sentire il dolore e l’amore della persona che si ha di fronte spesso può sembrare sovrannaturale, ma al contrario è un processo che assolutamente fa parte della nostra natura. 

Quindi potremmo dire in questo senso che il percorso di consapevolezza è identificabile in un percorso di spiritualità laica? 

La spiritualità è un aspetto del percorso di consapevolezza, a cui si aggiunge anche la percezione fisica. La nostra fisicità è un aspetto che va esplorato, non va denigrato, non va rifiutato, così come l’aspetto emotivo, mentale, il nostro passato e l’aspetto relazionale ed esistenziale. Per me la spiritualità è qualcosa di universale, di laico, non è associata ad una religione, né ad un dogma, è figlia della consapevolezza, quindi di un tipo di conoscenza identitaria che noi maturiamo man mano che facciamo esperienze e le ripetiamo migliaia di volte fino a darci un senso più profondo di noi stessi. Questa per me è spiritualità, ossia ciò che ci avvicina profondamente al significato, al “proposito” della vita.

La Sardegna e le tradizioni sapienziali millenarie 

Va benissimo, grazie Daniel Lumera! Un’altra domanda vuole essere proprio su quelle che hai definito a più riprese tradizioni sapienziali millenarie, che sono delle conoscenze antiche che in qualche modo sono state messe da parte dalla quotidianità – soprattutto qui in Occidente – e hai parlato della tua terra natale che è la regione della Sardegna. Vorrei sapere che ruolo ha avuto la Sardegna nel tuo percorso di evoluzione e se hai avuto la possibilità di ritrovare la stessa ricchezza anche altrove, e se sì, dove? 

Io sono in Sardegna proprio in questo momento: per me è un nutrimento profondo, difficile d spiegare a parole… Tu sei campana, giusto?

Sì 

Di Napoli o vicino? Di dove sei? 

Sìsì, di Napoli.

Credo che tu possa capirmi, se pensi alla tua terra. Ci sono, infatti, dei luoghi che ci nutrono, tanto da rappresentare degli aspetti così radicali di noi che ci appartengono da sempre. Questa terra è magica. Ci sono ancora oggi i residui di un culto molto antico, delle acque, della luce, del sole, degli astri, della civiltà nuragica e della civiltà precedente che era legata alla dea madre. Oppure quelle tradizioni che sono arrivate fino al giorno d’oggi, che hanno una forma di conoscenza antichissima. Ogni cosa qui in Sardegna è pregna di questi aspetti “magici”, propri di un ritmo che non ci appartiene più.

Io sono cresciuto un po’ in questo ritmo fuori dal tempo e quindi ho ereditato questa sensazione della realtà probabilmente molto differente dall’ordinario. Sono entrato in contatto con donne anziane che avevano una conoscenza meravigliosa della vita, della medicina antica, dell’essere umano… Così come nei miei viaggi in India ho ritrovato un approccio simile. Forse è proprio per questo che un altro posto dove sto bene è l’india, ma sto molto bene anche a Napoli, ogni volta che vengo.

Sei venuto tante volte a Napoli? 

Alcune volte, sì, l’ultima volta qualche mese fa e ci tornerò per un convegno medico a settembre; ogni volta che vengo è una sorpresa, Napoli è così piena di vita… E ogni volta ho questa impressione di creatività, di vitalità… è bellissima, è una terra di contrasti che mi piace moltissimo.

Daniel Lumera: il ruolo delle relazioni interpersonali 

Che influenza hanno le relazioni interpersonali nel proprio percorso di consapevolezza e come possono essere gestite al meglio? 

Le relazioni hanno un ruolo fondamentale. Possono essere, infatti, inconsapevoli… due persone si possono unire perché proiettano nell’atro delle mancanze, un bisogno di sicurezza,  o perché sono in preda ad un innamoramento momentaneo legato a una questione ormonale, o perché riescono a leggere nell’altra persona qualcosa di estremamente profondo, che gli appartiene.  Può essere l’avvicinamento di due ego, di due personalità che hanno necessità di meccanismi di compensazione nell’altro, e trasformarsi in relazioni tossiche.

Le relazioni consapevoli, sane e felici consistono, invece, in un riconoscimento profondo di indipendenza, di integrità, della libertà altrui, in cui tu doni la vita e ciò che sei autenticamente affinché l’altra persona possa realizzarsi, innalzarsi ed esprimersi liberamente secondo la sua unicità.

La vita è relazione, quindi l’aspetto relazionale è una parte di fondamentale importanza in qualsiasi percorso di consapevolezza, anzi ne determina la buona o la cattiva riuscita. La prima relazione che dobbiamo coltivare è quella con noi stessi, quindi imparare a fermarci, ad ascoltarci, a conoscerci e ad amarci in tutti i nostri aspetti, per poi non essere più il prodotto della ricerca di questo bisogno disperato di accettazione, di riconoscimento, di amore da parte degli altri.

Crisi e malattia 

Grazie Daniel! Invece qual è il tuo rapporto con la crisi e la malattia, intesa in senso ampio, come le affronti? 

Sono abituato ad entrare in profondità nelle crisi che attraverso, a respirarle, a sentirle, a capire cosa c’è dietro, e soprattutto a cercare di maturare – a partire da quella esperienza – degli aspetti più profondi di me. Quindi le crisi per me sicuramente sono delle grandissime opportunità, degli strumenti straordinari di crescita. Per quanto riguarda la malattia, vi sono a contatto molto spesso perché accompagno le persone al fine vita.  La malattia la maggior parte delle volte crea rifiuto, perché ci sentiamo sbagliati se ci ammaliamo, perché sentiamo che qualcosa in noi non va bene. Però è un aspetto importante, perché ci fa capire che avere fiducia è fondamentale, lo è affidarci agli altri, fermarci, ascoltare come affrontare un periodo di grande trasformazione. Come le affronto, quindi, dipende… a seconda del momento della mia vita, dell’energia che ho a disposizione, e soprattutto della capacità che in quel momento ho di amare in profondo quello che sta accadendo. 

Quindi hai qualche suggerimento per chi attraversa momenti difficili sotto questo punto di vista, crisi e malattia? Un suggerimento per tutti (…)

Innanzitutto suggerisco di prendere questi momenti come stimolo di cambiamento. Ad esempio, può capitare che una persona che stia uscendo da una relazione in quel momento sia in crisi profonda, senta abbandono, mentre due anni dopo si ritrovi a ringraziare il fatto che quella relazione sia terminata. Cerchiamo, quindi, di riporre fiducia nella vita, di non fuggire da quello che stanno vivendo, ma al contrario di spingerci verso la ricerca di strumenti di consapevolezza.

Il rapporto con le religioni 

C’era una domanda che ho messo da parte quando abbiamo parlato dell’approccio religioso, laico… però in effetti mi interessa approfondire questo aspetto ugualmente. Le persone che ti seguono nei percorsi di meditazione sono persone che effettivamente hanno tutte una spiritualità laica o questo può essere uno strumento per vivere bene anche la loro religione? Cioè, è uno strumento in ogni caso oppure la maggior parte sono lontane dal concetto religioso, perché magari, non lo so, c’è un rifiuto dell’istituzione religiosa, ad esempio?

Ci sono tanti religiosi che seguono il percorso che propongo, ho infatti avuto come allievi frati, preti, suore, monaci buddhisti… Per fare un esempio, sono in ottimi rapporti con Don Francesco che è l’Abate del monastero San Magno, e con padre Guidalberto Bormolini, monaco dei Ricostruttori, con cui ho frequenti collaborazioni lavorative e confronti. Il nostro lavoro e il tipo di esperienza che trasmettiamo non può che dare unità all’esperienza religiosa e al credo individuale delle persone. Personalmente sono affascinato dalla figura del Cristo, di Buddha, da quella di tanti mistici, santi e filosofi appartenuti a tante tradizioni diverse. Solo una mente che ha paura della diversità, perché non è sicura della propria identità, può spaventarsi di fronte al contatto con una ricchezza che invece può portare crescita profonda. 

Ai più magari può essere un po’ difficile comprendere il fatto che ci siano alcuni argomenti centrali dell’esistenza che varie religioni trattano effettivamente in maniera diversa ma poi persone di vari credi si possano trovare all’interno dello stesso percorso di consapevolezza sposando gli stessi principi e valori. Per esempio, i temi che caratterizzano le religioni e le rendono diverse in qualche modo sono il significato della morte, la vita dopo la morte, il concetto di buona condotta e la credenza o meno di un essere superiore. È interessante che questo tipo di approccio possa unire persone provenienti da varie filosofie religiose. Quindi, se dovessi esprimerti su questi temi, che cosa diresti?

Direi che hai ragione, direi che chiunque arrivi ad (o per) un certo tipo di conoscenza di sé non può che costruire ponti, perché le diversità e le differenze sono solo apparenti, sono modalità diverse di descrivere la necessità profondissima di ricerca e di conoscenza dell’uomo. Bibbia,  Corano, Bhagavadgita sono testi sacri profondissimi, che contengono una ricchezza incredibile. Se la nostra ricerca viene affrontata con una pace profonda, non si ha bisogno di escludere, al contrario, il percorso di conoscenza diventa un percorso inclusivo molto profondo!

Quindi non c’è bisogno di definire questi argomenti in quest’ottica? 

No, secondo me… io ho trovato delle unicità straordinarie nei vari percorsi, che ritengo siano comunque tutti figli della stessa verità.

Il Daniel Lumera dei 20 e 30 anni

Va bene… posso chiederti com’era il Daniel Lumera di 20 e 30 anni? 

Il Daniel Lumera di 20 anni era irrequieto, pieno di passione, assolutamente determinato e completamente folle. Il Daniel Lumera di 30 anni aveva una felicità esistenziale interiore molto più matura e, allo stesso tempo, aveva un bagaglio di esperienza totalmente diverso. Io ho iniziato a 19 anni il mio percorso e a 30 anni è cambiata la mia vita: sono partito e sono andato a vivere in Spagna… Ero un Daniel Lumera che si stava lanciando nell’ignoto; e così ho vissuto un momento di grande trasformazione della mia vita, dove la pazzia è rimasta però si è espressa in maniera differente… 

(…)

C’è qualcosa in particolare che è avvenuto in questa fascia di età che ti ha portato ad essere il Daniel Lumera di oggi? Quindi avvenimenti particolari o viaggi particolari… 

Innanzitutto nel 2004/2005 è crollato tutto il mio mondo. È crollata la mia relazione in maniera molto brusca, è crollato il lavoro, ho chiuso un centro di formazione, mi sono ammalato, mi sono venuti a mancare tutti i punti di riferimento…  è stato un periodo pazzesco, un dolore incredibile, un’insicurezza, un ‘incertezza.. emozioni mai provate prima. È cambiato tutto radicalmente, ma quel periodo paradossalmente mi ha dato la forza incredibile di non mollare nelle cose in cui credevo, e ho proseguito il mio percorso.

E poi è stato bellissimo… un periodo della mia vita in cui ho viaggiato tanto in India. Anche questo è stato un periodo estremamente affascinante, perché lì ho visto la povertà, la conoscenza, l’amore, la solidarietà. Ho visto l’essere umano! Neanche nelle favelas del Brasile ho visto l’essere umano in modo così crudo come l’ho visto in India, è stato un momento importantissimo. 

L’India è stato quindi uno dei viaggi tra i 20 e i 30 anni, ogni volta che mi ritrovo a parlare di un percorso di esplorazione spirituale è sempre in qualche modo al centro. Una cosa che mi è arrivata è che c’è contrasto ma non c’è conflitto tra varie realtà da un punto di vista religioso, Daniel Lumera, è vera questa cosa?

In India ci sono tanti contrasti e tanti conflitti, e poi c’è un’ India che… è incredibile! In cui trovi i contrasti, trovi i conflitti, trovi le unioni, le risoluzioni, l’ignoranza, la povertà, la ricchezza. Trovi l’amore e trovi il dolore più assoluto: l’India è veramente incredibile, è stata un pugno nello stomaco, che inizia a lavorarti dentro emozionalmente… Alcune mattine mi svegliavo piangendo, non sapevo perché… piangevo profondamente… l’India ti smuove delle emozioni veramente sconcertanti. 

Daniel Lumera: volere e desiderare 

Tu ottieni sempre ciò che vuoi? 

Dipende… 

Le cose che vuoi veramente riesci a ottenerle o ancora no? 

Sì, quando mi sono perfettamente chiare sì… 

Okay e hai chiarezza su ciò che vuoi? 

Non sempre, però devi sapere che questa intervista era segnata sulla mia agenda un po’ di tempo fa.. 

Bene, sono molto contento, e un’ultima domanda per te, hai ben chiara la differenza tra volere e desiderare? 

(…)

Aiutami a chiarire, si è parlato tanto in questi giorni anche del volere e del desiderare insomma… 

Se c’è un desiderio allineato con quello che hai nel cuore, quella è la tua unicità, la tua vocazione. Se tu riesci a sentirlo, a seguirlo e a riconoscerlo, in quella direzione si muove il mondo. La volontà, inizialmente, molto spesso è egoica; tuttavia, dopo un po’, se ascolti te stesso, è estremamente potente se allineata ed espressa. È la volontà trascendentale che deriva dal livello di realizzazione e consapevolezza di sé. 

Daniel Lumera io ti ringrazio del tuo tempo! 

Grazie a te (…) di questo spazio, di questo tempo, di questo sentire. 

Grazie mille veramente… mi auguro di rivederti e risentirti presto!

Foto di Daniel Lumera: ufficio stampa

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