’O mbruoglio degli Assurd | Recensione

Assurd

’O mbruoglio è l’ottavo album degli Assurd – gruppo ad oggi composto da Cristina Vetrone, Lorella Monti, Chiara Carnevale e Fulvio Di Nocera –; esso è stato acclamato da critica e pubblico, riscuotendo grande successo nelle esibizioni dal vivo del gruppo all’estero e in Italia, tra le quali si ricorda la partecipazione degli Assurd al festival la Notte delle Streghe a Benevento lo scorso 28 settembre. ’O mbruoglio si presenta come un album composito, di brani editi e inediti, per cui gli artisti hanno attinto a piene mani dalla tradizione popolare, arricchendola di suggestioni moderne e presentando un artefatto musicale di grande pregio.

’O mbruoglio: l’ottavo album degli Assurd

Il titolo dell’album sembra recare in sé due possibili interpretazioni. La prima legata a una ricetta ‘povera’ campana, ’o mbruoglio, che prevede la mescolanza di svariati ortaggi saltati in padella; in questo senso, ’O mbruoglio pare riferirsi alla composizione variegata dei brani in esso contenuti: come si diceva, l’album è composto di inediti degli Assurd nonché di musiche edite proprie ed altrui – tra le firme spiccano Roberto De Simone, Carlo D’Angiò ed Enzo Avitabile –, presentate al pubblico ‘condite’ dalla personale interpretazione del gruppo. La seconda interpretazione del titolo pare riferirsi al senso di disordine dato dalla parola “mbruoglio”: un gomitolo di fenomeni, un disordine regnante nella realtà odierna, un vero e proprio caos che disorienta, da cui, tuttavia, si preferisce distaccarsi attraverso un ritorno alle proprie radici attraverso i ritmi ancestrali della tarantella. In questo modo sembra chiarificarsi anche la significanza della copertina: un complesso intreccio delle mani degli Assurd, quasi un segno mistico ed esoterico, un segno di passaggio, un ritorno dal caos del mondo moderno, finalizzato alla mera reificazione dell’io e al suo disfacimento, al caos primordiale, ‘grembo materno’, verrebbe da dire, della ‘terra mater’ da cui tutto si genera e si rigenera; tale suggestione si concretizza nel simbolo etero del vento, ’o vient’ ’e terra, che soffia la musica laddove regna la guerra umana, ponendovi finalmente fine. Questo sentimento di pacificazione pare anche richiamarsi alla massima di Marcello Colasurdo (1955-2023), anima immortale della canzone popolare campana, che per altro apre il brano con un canto a fronna: se infatti egli affermava che è «meglio ’na tammorriata ca ’na guerra», gli Assurd proseguono sostenendo che «’a museca gira e ’a guerra poi more». La significanza della tammorriata in quanto suono, nel ritmo di un’estatica taranta, riempie la vacua frenesia della guerra odierna, combattuta non solo con le armi di distruzione, ma anche coi mezzi di un’affannosa “battaglia per la vita”.

Tale senso di recupero di una materia primordiale, ancestrale e più pura si evince, inoltre, dal brano Maronna nera, dedicato alla Mamma Schiavona, madre degli ultimi del mondo e degli oppressi, madre dei soccombenti nella guerra del mondo: una vera e propria preghiera, affinché sia posto rimedio alle ingiustizie perpetrate ai danni dei più deboli: «Mamma Schiavona, miettece ’a mana toia»

Sempre nel sentimento di una preghiera è la reinterpretazione di Jesce sole, attestata da Ettore De Mura nella sua Enciclopedia della canzone napoletana (1969-1969) come il brano in vernacolo napoletano più antico, di cui si ha prima notizia intorno al XII-XIII secolo (ma nulla vieta che esso risalga a tempi ancora più antichi, come retaggio di canti forse precristiani). Il brano, di cui si ricorda almeno l’interpretazione del Maestro De Simone in apertura della Gatta cenerentola (1976), facente uso delle scale sonore del raga indiano, è interpretato nella sua versione più arcaica (non gli arricchimenti storici che si possono leggere in Boccaccio e poi in Basile) ed è manipolato dagli Assurd conferendogli un tratto che potrebbe dirsi “lavico” o “cinereo”, dati i timbri caldi con cui gli si dà voce. Jesce sole, nelle voci di Cristina Vetrone, Lorella Monti, e di Chiara Carnevale, si rivela canto e preghiera rivolta alla luce del sole, non che semplicemente sorge, ma che quotidianamente risorge da un mondo ctonio e per questo perennemente rinnovato. La preghiera di Jesce sole è, così, perfettamente contestualizzata nel disordine del mondo in quanto la speranza della rinascita del sole, che può, con la sua luce, sciogliere ’o mbruoglio della realtà. Tali suggestioni sonore, inoltre, sono arricchite dal contrabbasso elettrico di Fulvio Di Nocera che conferisce al brano il suo tratto nuovo e distintivo, generando riverberi canori che accompagnano e definiscono le voci delle cantanti. A tal proposito, la presenza di sonorità elettroniche è una delle caratteristiche del nuovo album degli Assurd: tali discrete presenze sembrano restituire lo spessore e la potenza di un’esecuzione dal vivo dei brani; inoltre, l’utilizzo di questo tipo di strumentazione è sapientemente calibrata dal gruppo in quanto tale presenza non va mai a snaturare l’anima popolare di cui è portavoce, ma esalta, nel suo personale stile, le sonorità e le vocalità popolare, come accade, per esempio nei ‘gorghi di vento’ che paiono udirsi in ’O mbruoglio o nel ritmo sensuale della Canzone della zingara. Lo stesso accade nella Tarantella (oi Mamma ca mò vene), in cui il canto e gli strumenti elettrici conferiscono tridimensionalità alle voci, alla fisarmonica e, in questo caso, pare soprattutto alle percussioni e ed alle nacchere.

Tutti i brani di ’O mbruoglio posseggono una carica emotiva, una significanza ancestrale distintiva, ma si vuol segnalare, infine, il brano che chiude l’album, Spurcato ’e scuorno, dedicato a Pier Paolo Pasolini, di cui nel 2022 è ricorso il centenario della nascita. Un brano essenziale che commemora la morte del poeta assassinato nella notte del 2 novembre del 1975; non ci sono altre parole per definire la barbarie a cui è arrivato il mondo, che uccide perfino i poeti: «Stu munno è muorto ’int’ ’a nu iuorno spurcato ’e scuorno». Parole, queste degli Assurd, che sembrano parafrasare la commozione di quelle proferite da Moravia in occasione dell’estremo saluto a Pasolini. 

Verrebbe così da dire: se così termina ’O mbruoglio, non resiste alcun messaggio di speranza? In realtà laddove l’album si aggroviglia nell’ultimo brano, esso pare riaprirsi nel primo, nel disordine, ‘o mbruoglio, che si auspica sarà finalmente dipanato, in cui il vento gira recando i soffi della musica, la guerra muore e non si uccidono più i poeti, gli esseri più sacri al mondo.

 

Fonte immagine: Ufficio Stampa Synpress

A proposito di Salvatore Di Marzo

Salvatore Di Marzo, laureato con lode alla Federico II di Napoli, è docente di Lettere presso la scuola secondaria. Ha collaborato con la rivista on-line Grado zero (2015-2016) ed è stato redattore presso Teatro.it (2016-2018). Coautore, insieme con Roberta Attanasio, di due sillogi poetiche ("Euritmie", 2015; "I mirti ai lauri sparsi", 2017), alcune poesie sono pubblicate su siti e riviste, tradotte in bielorusso, ucraino e russo. Ha pubblicato saggi e recensioni letterarie presso riviste accademiche e alcuni interventi in cataloghi di mostre. Per Eroica Fenice scrive di arte, di musica, di eventi e riflessioni di vario genere.

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