Uno dei temi moderni più dibattuti è l’astensionismo elettorale. Quest’ultimo è un argomento di grande rilievo in tutta Europa ma, in particolar modo in Italia, ha raggiunto livelli sempre più preoccupanti. L’art 48 della nostra Costituzione cita:
«Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.»
Se prima il suo esercizio era considerato un dovere civico e, quindi, un momento di forte coinvolgimento collettivo, al giorno d’oggi, il numero di cittadini che esprime il proprio diritto al voto sta diminuendo sempre di più. Questo fenomeno si riflette in due contesti differenti: il primo è la società civile, il secondo è la politica.
Un calo costante della partecipazione
Quando si trattano determinati argomenti, è fondamentale parlare con i dati alla mano: alle elezioni politiche del 2022, l’affluenza si è fermata al 63,9%: il più basso livello della storia repubblicana per le elezioni generali (Ministero dell’Interno, 2022). Comparando i dati a quelli degli anni ’70, siamo completamente in un altro mondo. In aggiunta, il calo non è solo nazionale, ma anche locale ed europeo: per esempio, nel corso degli ultimi cinque anni, l’elezione europea ha registrato un trend in calo (2019: 54,5% – 2024: 50,74%).
Perché c’è astensionismo elettorale in Italia?
Le cause dell’astensionismo italiano stanno iniziando ad essere studiate adesso nella letteratura scientifica. Queste sono molteplici e si mescolano a fattori politici, sociali ed economici:
• Innanzitutto, i cittadini hanno sfiducia nell’idea del partito e nel programma elettorale. Molte volte, quando le elezioni sono state vinte da determinati partiti, le forze politiche hanno mostrato distacco nei confronti dell’interesse del cittadino, applicando una politica autoreferenziale.
• Un altro problema è la frammentazione politica. In Italia i partiti politici sono frammentati e questo fa sì che si crei un duplice problema di rappresentanza: in primo luogo c’è una frammentazione di idee, che riguarda la società civile; in secondo luogo, è presente una frammentazione politica, formata da coalizioni di governo percepite come instabili che, di fatto, aumentano la sfiducia.
• Non sono da trascurare, inoltre, la precarietà lavorativa e le disuguaglianze, che non fanno che alimentare la convinzione che il voto “non cambi nulla” e non porti a cambiamenti concreti.
Tutte queste motivazioni guardano allo spettro di un altro enorme problema: l’astensionismo potrebbe non essere episodico, ma strutturale. Questa potrebbe essere una pagina buia della nostra Repubblica che, per svegliarsi, deve rimettere in sesto le istituzioni politiche.
L’astensionismo elettorale come problema democratico
Nei panel ONU, nelle agenzie delle ONG e in altre associazioni, l’astensionismo è considerato un indice per comprendere la salute della democrazia in un determinato paese. Questo avviene perché un sistema politico che, di fatto, è fondato sulla rappresentanza, perde di legittimità se la popolazione rinuncia a esprimersi. Il rischio è quindi quello di diventare una «democrazia senza popolo», ossia un sistema in cui le decisioni vengono prese da una minoranza costantemente meno rappresentativa.
C’è una soluzione all’astensionismo?
«Una (domanda) poetica e suggestiva» come citava Gaber nel suo monologo La Democrazia. Sì, in realtà c’è una soluzione all’astensionismo. Il motto sarebbe quello di ripensare i modi di fare politica e i modi di partecipazione elettorale:
• Migliorando l’accessibilità al voto risolvendo, in primo luogo, il problema del voto degli studenti fuori sede e, in secondo luogo, creando modalità digitali di voto sicure;
• Migliorando l’avvicinamento della politica ai cittadini e, soprattutto, agli studenti puntando su temi come lavoro, ambiente e diritti civili;
• Miglliorando, infine, la comunicazione e cercando di utilizzare linguaggi che non ricadano in superficialità.
In quest’ottica, l’astensionismo è il sintomo di una malattia: il rapporto tra cittadino e istituzione si sta andando sempre di più a deteriorare e i dati ne sono un esempio. Se il sistema continua imperterrito a protrarre questo tipo di meccanismo politico, il rischio è quello di una democrazia fragile e minoritaria. È necessario recuperare gli elettori, come strumento di cambiamento e partecipazione.
Fonte dell’immagine in evidenza: Pixabay (Foto di Thor Deichmann)