Teatro Patologico e Odissea: un viaggio nel viaggio

Teatro Patologico

Alla scoperta del Teatro Patologico, fondato nel 1992 da Dario D’Ambrosi

Gli uomini non nascono tutti uguali. Una profonda diversità li caratterizza fin dalla nascita, purtroppo o per fortuna. Per fortuna, la diversità è ricchezza. Purtroppo, è più spesso intesa come mancanza. 

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale […] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana: così recita l’art. 3 della nostra Costituzione. In teoria belle parole, nei fatti solo parole. 

Correva l’anno 1978 quando la legge Basaglia imponeva la chiusura dei manicomi e il recupero della dignità dei malati in essi reclusi. L’obiettivo era ridare valore alla singola persona, porla al centro di un processo maieutico capace di tirar fuori da ognuno il meglio, spesso annichilito dai farmaci e, ancor più spesso, dal pregiudizio della diagnosi.

Prima della legge 180, venivano internate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale. Tra i soggetti deviati non solo i malati di mente, ma anche le prostitute, i delinquenti, i sovversivi e gli omosessuali. Soggetti considerati pericolosi, da legare, sedare, emarginare. Rivoluzionario dunque l’approccio di Basaglia che vedeva, non nella reclusione, ma nella relazione con il mondo esterno possibilità di cura, possibilità di ritrovare il filo perduto dell’esistenza. 

Tanta strada è stata fatta in cinquant’anni, ma, sebbene si parli sempre più di inclusione, del valore della diversità, tanta ancora resta da farne. La disabilità fisica e mentale, ancora oggi, è un ostacolo spesso invalicabile, ma capita, a volte, che alle mancanze delle istituzioni si sostituisca quanto di più prezioso oggi ci resta: la solidarietà umana. 

E proprio nella solidarietà umana, nella filantropia, affonda le sue radici una realtà incredibile nata, a Roma, grazie a Dario D’Ambrosi: il Teatro Patologico. E, in effetti, quale luogo migliore delle tavole di un palcoscenico, per uscire dall’isolamento e annullare la distanza tra sé e l’altro? Il teatro diventa allora viaggio, terapia, senso del vivere.

Venerdì 2 aprile, la Rai ha acceso i riflettori sull’encomiabile lavoro che nelle mura del Teatro Patologico getta, ostinato, un ponte tra la disabilità e l’avventurosa ricerca di quella normalità negata. Con grande delicatezza, Domenico Iannacone racconta la storia di una rappresentazione teatrale: l’Odissea. Un metaviaggio: il doloroso nostos di Odisseo verso la sua Itaca come specchio della quotidiana sfida della malattia mentale, i versi omerici fanno eco alle vite di chi li ha messi in scena. E allora, con quella magia di cui il Teatro è maestro, la finzione si fonde con la realtà, facendo crollare il castello di carta, quel sottilissimo confine tra sanità e follia. 

Impossibile non emozionarsi entrando nel mondo di Paolo, Fabio, Claudia, Marina, Andrea, che hanno trovato nel teatro uno scopo, che è sempre importante avere, che è vitale quando si ha una fragilità mentale, e non solo. Il Teatro Patologico ha assunto per loro le fattezze di Itaca, il porto sicuro in cui tornare e riconoscersi.

Un film-documentario (visibile su RaiPlay e consigliatissimo) per supportare un progetto che, messo a dura prova dall’attuale situazione, fa spesso i conti con un male peggiore di un virus: l’indifferenza che guarda alla disabilità dall’alto del suo piedistallo. Un film-documentario che invita a riscoprirsi accomunati nelle proprie fragilità, ad accettare che la follia esiste ed è presente in noi come lo è la ragione. 

Di seguito il link per sostenere il coraggio di Dario D’Ambrosi e la bellezza del Teatro Patologico: www.teatropatologico.com

Fonte Foto: Facebook

 

 

 

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A proposito di Rossella Capuano

Amante della lettura, scrittura e di tutto ciò che ha a che fare con le parole, è laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico. Insegna materie letterarie. Nel tempo libero si diletta assecondando le sue passioni: fotografia, musica, cinema, teatro, viaggio. Con la valigia sempre pronta, si definisce “un occhio attento” con cui osserva criticamente la realtà che la circonda.

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