Salvator Mundi: copia napoletana trafugata e ritrovata

Salvator Mundi: copia napoletana trafugata e ritrovata

È stata di recente ritrovata la copia napoletana di scuola leonardesca del Salvator Mundi, coeva al dipinto pseudo-davinciano venduto all’asta nel 2017 per l’esorbitante cifra di 450 milioni di dollari, dunque detentore del primato di opera d’arte più costosa della storia del mercato dell’arte. La tela era ospitata fin dal XVI secolo nella cappella Muscettola, ubicata all’interno della Sala degli Arredi Sacri del Museo DOMA di San Domenico Maggiore, il ben noto convento con basilica adiacente che costituisce uno dei principali monumenti partenopei.

Il quadro era stato rubato tre mesi fa, in circostanze ancora non chiare, che dovranno essere esplicitate dalle indagini coordinate dalla procura retta da Giovanni Melill,o attraverso l’aggiunto Vincenzo Piscitelli. Poi, circa una settimana fa, il ritrovamento, effettuato dagli agenti della Sezione Reati contro il Patrimonio della Squadra Mobile nel corso di un’indagine, in un appartamento al primo piano di via Strada Provinciale delle Brecce. Il proprietario dell’appartamento dove il quadro è stato trovato, un trentaseienne incensurato, è stato sottoposto a fermo con l’accusa di ricettazione, benché egli abbia ammesso di aver scovato il dipinto in un mercatino dell’usato. Gli inquirenti, in attesa della convalida del fermo, hanno avvertito il priore della basilica di San Domenico Maggiore, che provvederà a verificarne la validità; nel frattempo l’opera, ritrovata avvolta nel cellophane e conservata nella parte superiore di un armadio in una cameretta, si trova sotto sequestro e sotto tutela della Soprintendenza, che dovrà esaminarne le condizioni.

Le mille avventure del Salvator Mundi

Avvincenti più che mai le vicissitudini del dipinto originale da cui è tratta la copia napoletana, connesse a quelle delle sue numerose copie: presupponendo una paternità davinciana, è plausibile che Leonardo abbia realizzato l’opera per un committente privato a Milano, poco prima di abbandonare la città nel 1499, per la caduta degli Sforza. Del quadro restano alcuni studi, i più noti dei quali sono i due disegni di drappeggi conservati nella Royal Collection presso il Windsor Castle. Persesi le tracce del dipinto, la sua memoria rimase affidata all’incisione eseguita nel 1650 da Wenceslaus Hollar. Seguì un nuovo gap dal 1763 fino al 1900, quando fu acquistato da Sir Charles Robinson come opera di Bernardino Luini, seguace di Leonardo, finché il quadro ricomparve in una piccola vendita all’asta nel 1958, dove fu acquistato per 45 sterline; in seguito svanì nuovamente per 50 anni, fino al 2005, allorquando riaffiorò sul mercato. Il dipinto nel 2011 è stato autenticato da alcuni tra i suoi maggiori studiosi, in occasione della mostra svoltasi presso la National Gallery di Londra, intitolata Leonardo da Vinci: Painter at the Court of Milan; nel catalogo della mostra inglese, Luca Syson, curatore dell’esposizione, aveva ipotizzato che Leonardo avesse realizzato il dipinto per la famiglia reale francese e che poi fosse stato condotto in Inghilterra nel 1625 dalla regina Enrichetta Maria di Borbone, sposa di Re Carlo I, risultando registrato nell’inventario della collezione reale.

La copia napoletana del Cristo benedicente replica puntualmente l’iconografia del Salvator Mundi davinciano, messa a punto dall’artista e inventore nel suo periodo milanese, come attestano i già citati disegni conservati nella biblioteca reale del castello di Windsor; la stessa fu probabilmente acquistata, in una delle sue missioni diplomatiche in qualità di ambasciatore, da Giovanni Antonio Muscettola, esponente di spicco della famiglia partenopea, consigliere di Carlo V e suo ambasciatore alla corte del Papa. L’affare si svolse presumibilmente a Milano, sicché i critici ritengono il Salvator Mundi napoletano opera di un artista lombardo, in considerazione della presenza a Milano di una scuola leonardesca impegnata nel tentativo di replicare lo stile dell’autore del Cenacolo, che a Milano visse nel periodo compreso tra il 1508 e il 1513. 

La tela proseguì poi il suo viaggio verso Napoli, giungendo nella dimora dei Muscettola sul finire del secondo decennio del XVI secolo, dove decorava la cappella di famiglia nella chiesa del centro storico partenopeo. Tale copia del Salvator Mundi esposta a San Domenico Maggiore, inoltre, è nota agli studiosi della pittura di Leonardo per il suo inserimento nell’esposizione del 1983-1984 alla mostra Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma. Inoltre, sia la copia napoletana, sia la tela pseudo-davinciana sono state esibite nel 2015 nell’ambito della mostra organizzata in occasione della visita pastorale di Papa Francesco a Napoli; infine, nell’esposizione del 2017 è stato possibile ammirare i dipinti nel museo diocesano del Complesso monumentale di Donnaregina.

I misteri dietro il Salvator Mundi si infittiscono sempre più, dal momento che non è ancora stata accertata la collocazione temporale del furto, la cui effettuazione pare non fosse stata rilevata da coloro che detenevano la custodia della tela; tra le piste probabili, dunque, si pensa a quella di complicità interne. Sicché l’operazione evidenzia – come sottolinea il procuratore Giovanni Melillo – «l’estrema fragilità del sistema di tutela del nostro patrimonio artistico. Trovarlo ha significato risparmiare a Napoli l’ennesima perdita».

[Immagini di copertina tratte da wikipedia

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A proposito di Adele Migliozzi

Laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico, coltivo una grande passione per la scrittura e la comunicazione. Vivo in provincia di Caserta e sono annodata al mio paesello da un profondo legame, dedicandomi con un gruppo di amici alla ricerca, analisi e tutela degli antichi testi dialettali della tradizione locale.

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