Con Vatileaks si fa riferimento alla circolazione di documentazioni riservate legate al Vaticano. Due sono stati gli episodi che hanno scatenato vere e proprie bufere mediatiche sulla Santa sede: Vatileaks 1, scandalo legato alla figura del cardinal Bertone nel 2012, e Vatileaks 2, risalente invece all’anno scorso.
Alla fine di ottobre nel 2015 Monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, rispettivamente ex segretario ed ex membro della Commissione Cosea referente per le finanze della Santa Sede, istituita da Papa Bergoglio nel luglio 2013 per far luce sulla questione economica, vengono arrestati, con l’accusa di aver divulgato e reso noti dei documenti riservati.
Pochi giorni dopo, vengono dati alle stampe due testi e distribuiti nelle librerie: Via Crucis di Gianluigi Nuzzi e Avarizia di Emiliano Fittipaldi. Gli autori sono entrambi giornalisti e vengono trascinati nel vortice mediatico con l’accusa di concorso.
Il reato di cui Vallejo Balda e Chaouqui sono stati accusati è previsto dalla Legge n. IX dello Stato della Città del Vaticano e pertanto la Gendarmeria della Santa Sede, durante le indagini, ha provveduto al loro arresto.
Quanto ai due testi incriminati la situazione però si è dimostrata più spinosa, poiché i due autori, secondo il direttore della Sala Stampa vaticana, sono colpevoli di aver tratto vantaggio dall’illecito avvenuto per la distribuzione di tale documentazione. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Brasile, Portogallo, Spagna e Sudamerica sono i paesi in cui era prevista, tra l’altro, la diffusione del testo di Nuzzi, che aveva l’intenzione di rendere palesi e trasparenti i bilanci vaticani e dello Ior.
Il 21 novembre 2015 il magistrato del Tribunale vaticano ha chiesto il rinvio a giudizio dei cinque imputati: i due giornalisti, la pr calabrese, il monsignore e il suo collaboratore Nicola Maio, dove gli ultimi tre vedono aggiunta l’aggravante dell’istituzione di un’associazione a delinquere.
Vatileaks, gli interrogatori, le accuse e la libertà di stampa
Ciò che Nuzzi e soprattutto Fittipaldi lamentano è il non riconoscimento per la sola intenzione di informare, come la loro professione vorrebbe, e di denunciare ciò che viene tenuto segreto all’opinione pubblica, qualunque sia il potere coinvolto. Credevano, insomma, che sarebbero stati puniti coloro che hanno commesso i reati contenuti nelle documentazioni e non chi ha collaborato per portarli alla luce.
Il problema principale è che, in sostanza, all’interno dei confini della Città del Vaticano la legislazione assume “sfumature” diverse: ad esempio, nel loro ordinamento non è contemplato l’articolo 21 che invece è presente nella Costituzione della Repubblica italiana e ne costituisce uno dei capisaldi. Di cosa si tratta? L’art. 21 riguarda il diritto del cittadino alla libertà d’espressione, che avvenga per mezzo parola o per iscritto.
In nove mesi, durante gli interrogatori e le convocazioni in tribunale è circolato di tutto: un memoriale difensivo del monsignore spagnolo basato sulle presunte avances della Chaouqui e su intercettazioni di natura sessuale, il coinvolgimento di oltre una decina di testimoni, l’ipotesi di cimici presenti negli uffici della Prefettura degli affari economici, il regalo della pr calabrese al prelato di due pesci rossi da leggersi – secondo alcuni testimoni – come un invito a non parlare e anche l’uscita come “prova regina” di una cartella “nunzi” confusa in sede dibattimentale come cartella “Nuzzi”, di fatto inesistente.
I due giornalisti sono stati accusati anche di aver fatto pressioni e di aver avanzato minacce verso Vallejo Balda e la Chaouqui. Dalle intercettazioni è emerso poi che hanno lavorato su documenti affidati loro in modo del tutto spontaneo. I rispettivi difensori hanno sottolineato quanto abbiano lavorato con professionalità e correttezza, posizione che si è dimostrata essere largamente condivisa dall’opinione pubblica. Su Twitter, alla vigilia della sentenza, è stato diffuso l’hashtag #assolvetenuzziefittipaldi (lanciato dallo stesso Nuzzi e da Chiarelettere, la casa editrice di Via Crucis).
La sentenza, l’opinione pubblica e il diritto d’espressione nello scandalo Vatileaks
L’attenzione dell’opinione pubblica e del mondo giornalistico si è inevitabilmente spostata su una domanda probabilmente cruciale a margine della loro sentenza: è possibile che Nuzzi e Fittipaldi debbano essere accusati di aver accettato e pubblicato delle informazioni? Anche la Fnsi (Federazione Nazionale della Stampa) si è schierata al loro fianco, che ha organizzato ad aprile un sit-in di protesta assieme ad altre associazioni.
La sentenza, arrivata nemmeno una decina di giorni fa, ha portato la situazione ad una conclusione definitiva, risolvendosi a favore dei giornalisti e in un certo senso anche degli altri tre imputati: Nuzzi e Fattipaldi sono stati prosciolti per difetto di giurisdizione per cui il Tribunale vaticano non si è reputato in condizione di poterli giudicare. Inoltre Nicola Maio è stato assolto, mentre Vallejo Balda e Chaouqui condannati rispettivamente a 18 e 10 mesi e per un solo capo d’imputazione. I due scrittori stavano quindi svolgendo il proprio lavoro e con tale sentenza sono giudicati «di non aver commesso il fatto».