Sindrome dell’abbandono: perchè tutti ne parlano

Sindrome dell'abbandono

Cosa distingue la sindrome dell’abbandono, quale disturbo della personalità diagnosticabile, dalla pura e normalissima paura di essere abbandonati dalle persone che amiamo? Si può porvi rimedio? Per rispondere a queste domande, occorrerà partire dalle origini e fare chiarezza su ciò che si intende per sindrome dell’abbandono, un disagio che affligge sempre più persone adulte.

La sindrome dell’abbandono è l’eccessiva e pervasiva preoccupazione legata al pensiero e all’eventualità che persone a noi care ci lascino soli. Molti bambini ne soffrono, spesso come conseguenza di traumi, della morte di una persona cara o di abusi emotivi o fisici. In questi casi si parla più specificamente di disturbo d’ansia da separazione. Occorre distinguere la consueta paura del bambino di essere lasciato solo dalla patologica preoccupazione che le persone intorno a lui scompaiano. Il bambino affetto da questo disturbo accuserà ansia intensa, eccessiva preoccupazione e conseguente difficoltà a concentrarsi e a svolgere le attività più banali.

Sindrome dell’abbandono: i segnali per riconoscerla

Tra i sintomi della sindrome dell’abbandono più peculiari per identificarla citiamo un sentimento di angoscia al pensiero di essere lasciato solo dalla persona verso cui si nutre l’eccessivo attaccamento. Chi ne soffre tende a mettere in atto comportamenti specifici, come:

  • Cercare costantemente rassicurazioni e conferme.
  • Manifestare una gelosia eccessiva e un bisogno di controllo sul partner.
  • Accusare disagi e dolori fisici come mal di testa, mal di stomaco e nausea, fino a veri e propri attacchi di panico quando percepisce un allontanamento.

Questo presunto abbandono può essere letto dal soggetto in qualunque gesto: anche una chiamata mancata o un impercettibile atteggiamento di distacco può generare ansia, angoscia, preoccupazione smodata e panico.

Le origini del disturbo: quali sono le cause?

La paura dell’abbandono in età adulta affonda quasi sempre le sue radici nell’infanzia. Le cause principali possono includere:

  • Traumi infantili: la perdita prematura di un genitore, un divorzio conflittuale, episodi di trascuratezza o abusi fisici ed emotivi.
  • Stile di attaccamento insicuro: un rapporto con le figure di accudimento primarie (genitori) caratterizzato da incostanza e imprevedibilità può generare nel bambino un’ansia profonda, che si porterà dietro anche nelle relazioni adulte.
  • Esperienze relazionali negative: anche tradimenti o abbandoni improvvisi subiti in relazioni significative durante l’adolescenza o l’età adulta possono riattivare o generare questa ferita.
Sana paura di perdere qualcuno Sindrome dell’abbandono patologica
La preoccupazione è realistica e legata a eventi concreti. L’ansia è costante, pervasiva e spesso irrazionale.
Non compromette il funzionamento quotidiano o l’autostima. Limita la vita sociale, lavorativa e mina l’autostima.
Rafforza la comunicazione e il desiderio di cura della relazione. Genera comportamenti di controllo, gelosia e richieste eccessive.

Come superare la sindrome dell’abbandono

Se ci si riconosce nella maggior parte dei sintomi, è opportuno considerare un percorso per uscirne. Guarire dalla ferita dell’abbandono è possibile, ma richiede consapevolezza e impegno. I passi fondamentali sono:

  1. Riconoscere il problema: ammettere di avere uno schema di comportamento disfunzionale è il primo e più importante passo.
  2. Intraprendere un percorso psicologico: la psicoterapia è lo strumento più efficace. Un professionista può aiutare a risalire alle origini del trauma e a sviluppare strategie per gestire l’ansia e costruire relazioni più sane. Per trovare un professionista qualificato, è possibile consultare il sito del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi.
  3. Lavorare sull’autostima: spesso la paura dell’abbandono è legata a una profonda insicurezza. Attività che aumentano la fiducia in se stessi, come hobby, sport o volontariato, possono essere di grande aiuto.

I danni a lungo termine se non si interviene

La sindrome dell’abbandono non va sottovalutata. Se non trattata, gli effetti possono essere altamente nocivi e ostacolare una normale conduzione di vita, agendo negativamente sul percorso esistenziale di chi ne soffre, ma anche su quello di chi vive a stretto contatto con il soggetto. I danni cui si può incorrere riguardano sia la sfera socio-affettiva sia quella emotiva.

Se non si interviene, la sindrome può innescare disturbi d’ansia più strutturati, come confermato dall’Istituto Superiore di Sanità, disturbi depressivi, problemi di rabbia incontrollata, bassa autostima e attacchi di panico sistematici. In relazione al rapporto con gli altri, il soggetto afflitto può sviluppare difficoltà relazionali, disagi sociali, impossibilità di fidarsi di qualcuno, disturbi ossessivi e dipendenza affettiva.

La sindrome dell’abbandono, dunque, va opportunamente distinta dalla comprensibile e sana paura di perdere le persone cui si tiene, e intesa come disturbo della personalità caratterizzato da un’incontrollata e patologica paura di essere lasciati soli. In questi casi, rivolgersi a una figura competente non è una possibilità, ma una necessità per tornare a vivere serenamente.

Articolo aggiornato il: 05/09/2024

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