Nel 2019, il caso di Yuka Takaoka ha scosso l’opinione pubblica giapponese e internazionale, guadagnandole il soprannome di “yandere della realtà”. La giovane donna accoltellò il fidanzato nel tentativo di ucciderlo, ma la reazione dei social media fu inaspettata: invece di una condanna unanime, ricevette un’ondata di preoccupante sostegno, trasformando un fatto di cronaca in un fenomeno culturale.
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Cos’è una yandere: il significato del termine
Il termine giapponese yandere definisce un personaggio-tipo, solitamente femminile, presente in anime e manga. All’apparenza dolce e affettuosa, la yandere nasconde una personalità ossessiva che la porta a commettere atti di violenza estrema per amore. La parola nasce dalla fusione di yanderu (malato) e deredere (innamorato), identificando quindi un “malato d’amore“. Una yandere è devota al suo amato, ma questa devozione si trasforma in possessività, gelosia e iper-protettività, fino al punto di eliminare chiunque percepisca come un rivale.
La storia di Yuka Takaoka e Phoenix Luna
Yuka Takaoka (nata nel 1998) era una giovane hostess di bar a Tokyo con una passione per il cosplay, spesso interpretando proprio personaggi yandere. Nell’ottobre 2018 incontrò Phoenix Luna, un ragazzo che lavorava in un host club, un locale notturno dove i clienti pagano per la compagnia di personale attraente. La loro frequentazione si trasformò rapidamente in un’ossessione per Yuka, che iniziò a controllare il telefono di Phoenix e a monitorare i suoi spostamenti. Arrivò a prenotare tutte le sue ore di lavoro per impedirgli di interagire con altre donne.
L’aggressione del 23 maggio 2019
Quel giorno, Yuka trovò sul telefono del fidanzato delle foto con un’altra donna. La sua reazione fu estrema. Aspettò che Phoenix si addormentasse e lo accoltellò all’addome con un coltello da cucina. La vittima, svegliata dal dolore, riuscì a raggiungere l’ascensore prima di perdere i sensi. La scena che si presentò ai soccorritori, come documentato da diverse fonti di stampa internazionali, era surreale: Yuka era seduta a terra accanto al corpo insanguinato di Luna, fumando una sigaretta. In seguito dichiarò di non aver chiamato i soccorsi perché voleva morire anche lei dopo averlo visto spirare. Secondo i resoconti, scrisse col sangue della vittima sul suo diario: «Mi piaci così tanto che ho voluto ucciderti».
Yandere: dalla finzione alla realtà
| Il tropo nell’anime/manga | Il caso reale di Yuka Takaoka |
|---|---|
| Devozione totale: il personaggio vive solo per la persona amata. | Ossessione totalizzante: prenotava tutto il tempo del fidanzato per isolarlo. |
| Gelosia estrema: percepisce chiunque come una minaccia. | Reazione alla gelosia: l’aggressione è scatenata da una foto con un’altra donna. |
| Violenza come prova d’amore: uccide per “proteggere” o possedere l’amato. | Tentato omicidio: accoltella il fidanzato per renderlo “suo per sempre”. |
Il processo e il successo sui social
Yuka Takaoka fu giudicata colpevole di tentato omicidio nel dicembre 2019 e condannata a tre anni e mezzo di carcere. Durante il processo emersero note inquietanti dal suo telefono: «Voglio essere un’eroina tragica. Se lo uccido, sarà eterno e non ci sarà più dolore». Paradossalmente, Phoenix Luna non solo la perdonò, ma chiese una riduzione della pena, attribuendosi parte della colpa per averla tradita. Nel frattempo, online cresceva una fan base per Yuka, soprattutto tra gli “otaku”. Furono create fan art, meme e raccolte fondi per le sue spese legali. È stata rilasciata nel 2023 ed è tornata attiva sui social, dove pubblica foto e video in livestreaming, ricevendo commenti di adorazione che la lodano per il suo aspetto.
Una riflessione sulla romanticizzazione della violenza
La vicenda di Yuka Takaoka evidenzia una preoccupante tendenza a confondere la finzione con la realtà. Un atto criminale è stato mitizzato perché incarnava un personaggio di fantasia, relegando la violenza a elemento secondario. Commenti come «pugnalami» o «sei il mio idolo» non sono solo manifestazioni di ammirazione estetica, ma segnali di una pericolosa incapacità di distinguere un tropo narrativo da un disturbo ossessivo con conseguenze reali. È fondamentale sensibilizzare su questi temi, affrontando la tossicità di certe relazioni con la dovuta serietà, senza mai sminuire la violenza come se fosse parte di un gioco.
Fonte immagine in evidenza: Pixabay
Articolo aggiornato il: 27/10/2025

