Dal 27 maggio al 1° giugno 2025, ha avuto luogo a Roma la terza edizione dell’UnArchive Found Footage Fest, un appuntamento ormai imprescindibile per chi ama il cinema come arte di trasformazione e memoria.
Organizzato dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS (AAMOD) e diretto da Marco Bertozzi e Alina Marazzi, il festival celebra il riuso creativo delle immagini, trasformando l’archivio in uno spazio vivo e in continua rigenerazione.
Unarchive: Un festival in espansione
Quest’anno il festival cresce per numeri, spazi e visioni. Le oltre 100 opere presentate si sono divise in dieci location all’interno del quartiere Trastevere. Alle sedi consolidate — come il Cinema Intrastevere, il Live Alcazar e la Casa Internazionale delle Donne — si sono aggiunte nuove suggestive location: l’Orto Botanico di Roma, lo Spazio Scena della Regione Lazio ed, eccezionalmente, l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, che ospiterà una delle serate clou della manifestazione. Il tema dell’edizione 2025 è Cinema che brucia, un richiamo simbolico alla forza rigenerativa delle immagini d’archivio. Lo illustra visivamente Gianluca Abbate, autore del manifesto, che racconta un passaggio dalle fiamme ai fiori: la distruzione lascia spazio alla rinascita.
Il concorso internazionale e gli ospiti
Il cuore del festival resta il Concorso internazionale, con 20 opere — 10 lungometraggi e 10 cortometraggi — selezionate tra le produzioni più innovative del found footage contemporaneo. Le opere competono per tre premi: UnArchive Award , Best Feature Film Award e Best Short Film Award . A valutare i film, una giuria composta da grandi nomi del cinema: il documentarista Eyal Sivan, la regista e direttrice del CSC Sicilia Costanza Quatriglio e l’artista visiva Federica Foglia. Oltre ai giudici presenti, è stata presente anche una giuria parallela, composta da studenti provenienti da università e scuole di cinema e presieduta da Agostino Ferrente. Tra gli ospiti internazionali figurano nomi di spicco come Leos Carax, Bill Morrison, Johan Grimonprez, Tamara Stepanyan e Andrei Ujică, che hanno tenuto anche masterclass e hanno partecipato a incontri con il pubblico.
La sezione Riuso di Classe dell’Unarchive
Una delle novità più rilevanti è la nascita di “Riuso di Classe”, rassegna autonoma e gratuita dedicata ai film di riuso realizzati da autori under 35 in ambito formativo. Promossa anch’essa da AAMOD, si è svolta presso lo Spazio Scena in parallelo al festival principale e ha coinvolto istituzioni formative italiane e internazionali, tra cui il CSC, NABA, John Cabot University e l’Università IUAV di Venezia. Questa sezione si inserisce in una linea d’azione più ampia che include anche il Premio Zavattini UnArchive e la Residenza artistica UnArchive Suoni e Visioni, testimoniando l’impegno del festival per la formazione e il sostegno ai giovani cineasti.
Oltre la sala: installazioni, cineconcerti e riflessioni
UnArchive non si limita alle proiezioni. La sezione Expanded ha proposto installazioni site-specific come Il mondo aperto di Virginia Eleuteri Serpieri e Tempo passato perfetto a Roma di Ausra Lukosiuniene, che “liberano” le immagini dagli schermi per farle dialogare con lo spazio urbano di Trastevere. Nel programma Live Performance, spiccano i cineconcerti come quello del compositore David Lang con immagini di Bill Morrison, e le performance di Federica Foglia con il trio Faravelli-Malatesta-Ratti. Il festival ospita anche panel e incontri tematici come Animare gli archivi e A.I. – Archive Intelligence, dedicati al rapporto tra animazione, intelligenza artificiale e archivio, con la partecipazione di studiosi, artisti e teorici
UnArchive è molto più di un festival: è un laboratorio di pensiero, un ecosistema di creazione e riflessione che abbraccia la memoria per proiettarla nel futuro. In un’epoca segnata dall’eccesso di immagini e dall’oblio digitale, il riuso diventa non solo una pratica estetica, ma un gesto politico, etico e poetico.
Come sottolinea Vincenzo Vita, presidente di AAMOD: «Alzare la bandiera degli archivi non significa guardare al passato, ma sognare una modernità equa e solidale».
Fonte immagine in evidenza: Ufficio stampa AAMOD