Afrodite (Venere). Dea dell’amore, della bellezza e non solo

Dea Afrodite (Dea Venere)

Accostata comunemente all’elemento dell’amore e della bellezza, la dea Afrodite (Venere) è in realtà la protettrice di molti altri aspetti della vita e della natura. La sua figura, complessa e sfaccettata, ha attraversato secoli di storia e arte, lasciando un’impronta indelebile nell’immaginario collettivo.

La caratteristica peculiare di ogni religione politeista è quella di accostare ad ogni divinità il culto verso un determinato elemento. Gli antichi greci seguivano questa usanza con le divinità del loro pantheon e anche loro avevano una dea che rappresentava l’emblema dell’amore e della bellezza. Il suo nome è Afrodite (Venere per i romani).

A quella che dai Romani fu chiamata Venere, erano affidati altri culti di cui ci testimoniano gli autori greci e latini.

Storia di Afrodite (Venere): la nascita e gli amori

La storia della nascita della dea è molto controversa. Esiodo nella Teogonia racconta che Afrodite sarebbe nata dalla spuma del mare fecondata dai genitali di Urano, evirati e gettati in acqua dal figlio Crono. Questa versione legittimerebbe così l’origine del suo nome, dato che in greco aphros significa “spuma”. Altri autori, invece, conferiscono alla dea un’origine orientale. Erodoto afferma che il suo più antico tempio si trovava ad Ascalona, nell’odierna Israele, da cui i Ciprioti avrebbero importato il culto in Grecia. Pausania attribuisce ai Fenici il merito di aver diffuso il suo culto, costruendo un importante tempio a Citera.

La dea Afrodite (Venere), nata dalla spuma del mare, emerse su una grande conchiglia. Spinta da Zefiro, approdò sull’isola di Cipro, presso la città di Pafo. Le divinità dell’Olimpo celebrarono la sua nascita, ma Afrodite si conquistò presto le antipatie di Era ed Atena. Esse erano consapevoli del fatto che nessuna creatura, umana o divina, poteva resistere al suo potere di seduzione. Lo sapeva bene Paride, figlio di Priamo, che, scelto come giudice dagli dei, le consegnò il celebre pomo d’oro definendola “la più bella”, preferendola alla dea del matrimonio e a quella della sapienza. Per ricompensarlo, Afrodite fece innamorare il principe troiano di Elena, moglie di Menelao, spingendolo a rapirla e a portarla a Troia, evento che scatenò la guerra raccontata da Omero nell’Iliade.

Furono tanti gli uomini e gli dei che caddero ai piedi di Afrodite. Il primo di questi fu Adone, un semidio e abile cacciatore che morì per le ferite infertegli da un cinghiale. Afrodite, per ricordare il suo amato, trasformò il suo sangue nel fiore a lei caro: l’anemone. Anche il principe troiano Anchise fu uno dei suoi amanti più celebri. Dalla loro unione nacque Enea, l’eroe destinato a fuggire da Troia per raggiungere il Lazio, dove avrebbe posto le basi per la fondazione di Roma. Celebre è anche la sua unione con Efesto, il dio del fuoco e delle fucine, esteticamente opposto alla sua bellezza: egli era zoppo e perennemente coperto dalla fuliggine delle fucine dell’Etna. Per questo la dea lo tradiva frequentemente con Ares, il dio della guerra, da cui ebbe quattro figli: Eros e Anteros (l’amore e l’amore corrisposto), Phobos e Deimos (la paura e il terrore).

Afrodite in sintesi: le caratteristiche principali

Le informazioni più importanti sulla dea sono riassunte in questa tabella per una consultazione rapida.

Attributo Descrizione
Nome Romano Venere
Genitori Urano (secondo Esiodo); Zeus e Dione (secondo Omero)
Consorte ufficiale Efesto (Hēphaistos)
Amanti principali Ares, Adone, Anchise, Dioniso, Ermes
Figli celebri Eros, Anteros, Phobos, Deimos, Armonia (con Ares); Enea (con Anchise); Ermafrodito (con Ermes)
Simboli e Piante Sacre Rosa, mirto, melo, papavero, anemone
Animali Sacri Colomba, passero, cigno, delfino, lepre
Epiteti comuni Ciprigna (di Cipro), Citerea (di Citera), Urania (celeste), Pandemia (di tutto il popolo), Euploia (della buona navigazione)

Il culto, i simboli e l’iconografia di Venere

Ad Afrodite sono stati dati molti appellativi, spesso legati ai luoghi in cui sorsero i suoi santuari principali. È detta Ciprigna dall’isola di Cipro e Citerea da quella di Citera. Altri due epiteti fondamentali sono Pandemia (protettrice dell’amore fisico e terreno, “di tutto il popolo”) e Urania (protettrice dell’amore spirituale e universale, “celeste”).

Alla dea Afrodite (Venere) viene principalmente affidato il culto dell’amore, ma era anche la dea della navigazione. I marinai, infatti, la invocavano con il nome di Afrodite Euploia per assicurarsi acque calme e una traversata sicura. Inoltre, come si è già detto, era anche la dea della primavera e della fertilità della natura. Esiodo narra che, al suo primo passo sulla terra, questa iniziò a fiorire. Per questo nelle sue raffigurazioni potevano comparire animali a lei sacri come il delfino, la lepre, la colomba e il cigno. Ovviamente, tra le piante non possono mancare le rose, simbolo per eccellenza dell’amore.

Sempre restando nell’ambito dell’iconografia, una delle prime attestazioni della dea nelle arti figurative risale alla metà del VII secolo a.C. e si trova sull’olpe Chigi, un’antica brocca greca oggi conservata al Museo di Villa Giulia a Roma. Si tratta di una ceramica in cui è rappresentato il giudizio di Paride e in cui compare anche Afrodite, con una corona sulla mano destra, identificata da un’iscrizione. Interessante è anche l’anfora “Monaco 837“, della metà del VI secolo a.C., dove la dea è raffigurata con i capelli sciolti e un fiore in mano. A Pompei, invece, è stata ritrovata la celebre statua della Venere in bikini, risalente al II-I secolo a.C. La statua rappresenta la dea nell’atto di togliersi un sandalo, appoggiandosi a un amorino. A contraddistinguerla è il particolare bikini dorato che le cinge i fianchi.

Dopo l’età classica, la dea Afrodite (Venere) è stata rappresentata dagli artisti di ogni epoca. L’esempio più famoso è senza dubbio Sandro Botticelli, il quale dipinse la Nascita di Venere tra il 1482 e il 1485, oggi conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Un’opera che raffigura la dea sulla conchiglia in modo quasi regale, emblema del potere della bellezza, della primavera e dell’amore.

Altre informazioni e curiosità sulla dea Afrodite (Venere)

Che differenza c’è tra Afrodite e Venere?

Non esiste una differenza sostanziale a livello mitologico, ma solo nominale e culturale. Afrodite è il nome della dea nella religione e nella mitologia greca. Venere è il suo esatto corrispettivo nella religione romana. I Romani, entrando in contatto con la cultura greca, assimilarono molte delle loro divinità, associandole a figure preesistenti del proprio pantheon o importandole direttamente.

Quali sono i poteri della dea Afrodite?

Il potere principale di Afrodite è il controllo assoluto sull’amore, il desiderio, l’attrazione e la passione, a cui né dei né mortali potevano sottrarsi. Oltre a questo, i suoi domini includevano: la bellezza, la fertilità (sia umana che della natura) e il piacere. In quanto divinità nata dal mare, era anche considerata protettrice dei naviganti, capace di garantire viaggi tranquilli e sicuri.

Chi erano i figli di Afrodite e Ares?

Dalla relazione passionale e adultera tra Afrodite, dea dell’amore, e Ares, dio della guerra, nacquero diversi figli che incarnavano aspetti della loro unione. I più noti sono: Eros (il dio dell’amore e del desiderio), Anteros (l’amore corrisposto), Phobos (la paura) e Deimos (il terrore). Gli ultimi due accompagnavano spesso il padre sui campi di battaglia. Secondo alcune versioni del mito, anche la dea Armonia era loro figlia.

Articolo aggiornato il: 01/09/2025

Fonte immagine copertina:
http://www.artemagazine.it/attualita/item/1382-giordania-ritrovata-una-statua-di-afrodite

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A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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