Cancel culture: cos’è, flop e sviluppi recenti

Cancel culture: cos’è, flop e sviluppi recenti.

“Se sbagli ti cancello”: questo è il leitmotiv che definisce la cancel culture, un fenomeno sociale che sta ridisegnando le dinamiche del dibattito pubblico contemporaneo. Nato e prosperato su social network come Twitter e Instagram, questo meccanismo di ostracismo pubblico colpisce figure di ogni settore, dallo spettacolo alla politica. Chi viene “cancellato” subisce una rapida discesa verso l’oblio mediatico. Tra i casi più celebri troviamo Donald Trump, J.K. Rowling, Kanye West e, più recentemente, la cantante Lizzo.

Cos’è la cancel culture e come nasce

La cancel culture è una forma moderna di ostracismo che consiste nel ritirare il supporto a figure pubbliche dopo che queste hanno detto o fatto qualcosa di considerato offensivo o problematico. Come sottolinea anche l’enciclopedia Treccani, l’obiettivo è “cancellare” la loro influenza mediatica. Il termine ha iniziato a diffondersi nel 2017 su Twitter, ma le sue radici affondano nella cultura del “Black Twitter” degli anni precedenti. La sua esplosione a livello globale è strettamente legata al movimento #MeToo, quando numerose celebrità sono state travolte da accuse e denunce, portando a una richiesta di responsabilità pubblica immediata.

Come funziona: call-out, boicottaggio e deplatforming

La cancel culture si manifesta attraverso un processo rapido e spesso inflessibile, che va oltre la semplice critica. A differenza della call-out culture, che punta a responsabilizzare una persona per un errore specifico chiedendo delle scuse, la cultura della cancellazione mira a una sanzione più permanente. Le azioni includono il boicottaggio di prodotti (come i libri di J.K. Rowling, accusata di transfobia), unfollow di massa e pressioni su aziende e sponsor per interrompere ogni collaborazione. L’esito finale è spesso il deplatforming, ovvero la rimozione della “piattaforma” mediatica della persona, annullandone la visibilità e il potere comunicativo.

Il dibattito sulla cancel culture: pro e contro

Questo fenomeno rappresenta un rovesciamento delle dinamiche di potere, in cui il pubblico riunito sui social media può giudicare e sanzionare le élite. Ma è uno strumento di giustizia o una forma di gogna mediatica? Il dibattito è aperto e complesso.

Argomenti a favore (pro) Argomenti contrari (contro)
È uno strumento di responsabilità (accountability) per chi abusa del proprio potere, dando voce a minoranze e vittime. Diventa una giustizia sommaria senza un giusto processo, basata sull’indignazione del momento e non sui fatti.
Promuove un cambiamento sociale, costringendo le figure pubbliche a riflettere sull’impatto delle loro parole e azioni. Limita la libertà di espressione, creando un clima di paura in cui esprimere opinioni complesse o controverse diventa rischioso.
Democratizza il potere, permettendo ai cittadini comuni di influenzare il discorso pubblico e sanzionare comportamenti scorretti. Non lascia spazio a perdono o riabilitazione, condannando una persona per un errore passato senza possibilità di redenzione.

Casi di studio: da Iconize a Lizzo

Non sempre la cancellazione è definitiva. Personaggi con un forte potere mediatico o economico, come Ellen DeGeneres, sono riusciti a “sopravvivere”. Un caso italiano è quello di Marco Ferrero (Iconize), che nel 2020 finse un’aggressione omofoba. Dopo un periodo di silenzio e scuse, ha ripreso la sua attività di influencer, supportato da una solida rete di contatti. Il caso recente più discusso è quello della cantante Lizzo. Icona della body positivity, è stata accusata da ex ballerine di molestie e fat-shaming. La sua risposta, affidata a una nota su iPhone, è stata giudicata evasiva e ha alimentato ulteriormente le critiche. La delusione dei fan è stata amplificata dal tradimento dei valori che lei stessa promuoveva. La sua carriera, al momento, ha subito una brusca battuta d’arresto, dimostrando che nemmeno le icone considerate intoccabili sono immuni alla furia della cancellazione pubblica.

Immagine in evidenza: Pixabay


Articolo aggiornato il: 01/10/2025

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Laureata in Mediazione Linguistica e Culturale, scrivo per dare sfogo alla mia loquacità e alle mie passioni. Quando non scrivo studio antropologia, guardo Drag Race e consumo mazzi di tarocchi.

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