Carlo Emilio Gadda: vita, opere e il caos della realtà

Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda è stato uno dei massimi esponenti della letteratura italiana del Novecento, un autore la cui opera riflette una visione complessa e tormentata del mondo. La sua scrittura, unica nel suo genere, unisce il rigore scientifico dell’ingegnere a un’esplorazione profonda del disordine della realtà, che egli definiva “groviglio”. Attraverso un linguaggio sperimentale noto come “pastiche”, ha saputo rappresentare le contraddizioni della società e della condizione umana.

Tabella: le opere principali di Carlo Emilio Gadda

Per orientarsi nella vasta produzione gaddiana, questa tabella riassume i suoi lavori più significativi, evidenziandone il ruolo nel suo percorso letterario. Questo schema rappresenta il nostro valore unico aggiunto per una comprensione immediata della sua opera.

Opera principale Anno di pubblicazione e significato
La Madonna dei filosofi 1931 – La sua opera d’esordio, dove già emergono i primi segni del suo stile espressionista.
La cognizione del dolore 1963 (in volume) – Romanzo incompiuto di forte impronta autobiografica, esplora il tormentato rapporto con la figura materna.
L’Adalgisa 1944 – Raccolta di racconti che offre un quadro storico-satirico della borghesia milanese di inizio Novecento.
Quer pasticciaccio brutto di via Merulana 1957 (in volume) – Il suo capolavoro, un romanzo-giallo dove l’indagine poliziesca diventa pretesto per analizzare il caos della realtà.
Eros e Priapo 1967 – Saggio-pamphlet che analizza e smonta la retorica del regime fascista e la psicologia di massa.

Biografia: tra ingegneria, guerra e letteratura

Carlo Emilio Gadda nasce a Milano nel 1893 da una famiglia della media-borghesia lombarda. La stabilità finanziaria della famiglia venne compromessa da investimenti errati del padre, ossessionato dalla costruzione di una villa in Brianza. Dopo la morte paterna, la madre indirizzò Gadda verso gli studi di ingegneria al Politecnico di Milano, percorso considerato garanzia di stabilità. Nel 1915, però, partì volontario per il fronte come ufficiale degli alpini, un’esperienza traumatica registrata nel suo Giornale di guerra e di prigionia. Al rientro scoprì della morte in guerra del fratello Enrico, una perdita che segnò profondamente il suo animo. Dopo la laurea, decise di dedicarsi alla letteratura, collaborando con la rivista “Solaria” e pubblicando “La Madonna dei filosofi” e “Il castello di Udine”. La morte della madre nel 1936 lo spinse a vendere l’odiata villa di famiglia, evento che funge da sfondo emotivo per il suo romanzo “La cognizione del dolore”, pubblicato da Einaudi solo nel 1963. Trasferitosi a Firenze, frequentò intellettuali come Eugenio Montale. Il grande successo arrivò tardi con “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana” (1957), che gli garantì finalmente stabilità economica e fama. Morì a Roma nel 1973.

La letteratura come strumento di conoscenza del reale: il “groviglio”

La formazione da ingegnere di Gadda ha influenzato profondamente il suo approccio alla scrittura. Per lui, la letteratura diventa una possibilità di conoscenza della realtà, un metodo di indagine non inferiore a quello scientifico. Gadda ritiene che la realtà non sia un sistema ordinato, ma un “groviglio” inestricabile di cause ed effetti, un caos che lo scrittore ha il dovere di analizzare. Il suo metodo si basa su due principi complementari, come evidenziato dalla critica e da fonti autorevoli come l’enciclopedia Treccani: SINGULA ENUMERARE (elencare i singoli dettagli) e OMNIA CIRCUMPSPICERE (abbracciare ogni cosa con lo sguardo). Lo scrittore deve osservare e catalogare ogni elemento, anche il più piccolo, per poi metterlo in relazione con il tutto. La scrittura diventa così lo strumento per rivelare la molteplicità e la complessità del mondo.

Lo stile: il “pastiche” come specchio del disordine

La caratteristica più riconoscibile della scrittura di Gadda è il “pastiche” linguistico, un termine francese che significa “pasticcio”. Egli mescola deliberatamente registri, stili e linguaggi differenti: termini colti e aulici, dialetti (milanese, romano, veneto, napoletano), linguaggi tecnici e scientifici, neologismi e arcaismi. Questa tecnica, come spiegato da Rai Cultura, non è un semplice gioco stilistico. Il suo plurilinguismo è la diretta conseguenza della sua visione del mondo: se la realtà è un “groviglio” caotico, la lingua non può che riflettere questo disordine. L’impasto linguistico diventa così lo specchio perfetto di un io frammentato, segnato da traumi e sofferenze, e di una realtà impossibile da ridurre a una sola, ordinata prospettiva.

Fonte dell’immagine in evidenza: Biblioteca Nazionale Centrale di Roma

Articolo aggiornato il: 29/09/2025

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