Cannibalismo in India: chi sono gli Aghori

Cannibalismo in India: chi sono gli Aghori

Per quanto possa sembrare una questione distante, il cannibalismo viene praticato ancora oggi in alcune parti del mondo. L’antropofagia rappresenta la scelta da parte di alcuni esseri umani di nutrirsi di carne di propri simili. Le motivazioni possono essere varie: rituali, supporto alimentare o sopravvivenza. Il cannibalismo viene messo in pratica, in forme diverse, in India, Nuova Guinea, Congo e Nigeria. 

Chi sono i cannibali dell’India

Aghori è un termine sanscrito che vuol dire “assenza di oscurità, luce”. Indica il più estremo dei gruppi di asceti induisti (sādhu) devoti a Shiva. Le loro origini sono da ricondurre alla tradizione Kapālikā (uomini-teschio) dell’India medievale. Il fondatore degli Aghori è Baba Keenaram. Sono riconoscibili poiché vestono poco o nulla, portano barba e capelli lunghi e hanno il corpo cosparso delle ceneri dei defunti. Ad oggi si crede che gli Aghori siano meno di un centinaio nei pressi di V Varanasi, ma la segretezza delle loro pratiche impedisce una stima precisa. L’obiettivo degli aghori è quello di abbandonare il ciclo di rinascite (saṃsāra) e raggiungere la liberazione (mokṣa). Sebbene cerchino questo fine come tutti gli altri hindu, gli Aghori sono particolarmente temuti. Vengono tacciati come stregoni, ma al contempo sono a volte ricercati per le loro presunte capacità curative, in un misto di paura e venerazione.

La filosofia e i rituali degli Aghori

Gli Aghori credono che tutta la realtà sia un’illusione e che non esista dualismo (advaita). Non esiste dunque una reale differenza tra buono e cattivo, giusto e sbagliato, puro e impuro. Tutto è una perfetta emanazione di Shiva, dio della creazione e della distruzione. Istituire dei tabù significherebbe andare contro la natura divina di ogni cosa. Con l’intento di opporsi alla nozione di purezza dell’induismo ortodosso, gli Aghori praticano il cannibalismo e altri rituali scabrosi, solitamente presso i luoghi di cremazione.

Principio filosofico Pratica rituale corrispondente
Non-dualismo (advaita) Rifiuto della distinzione tra puro e impuro, sacro e profano.
Superamento dei tabù Consumo di carne umana (necro-cannibalismo), alcol, sostanze stupefacenti, fluidi corporei (urofagia).
Confronto con la morte Meditazione sui cadaveri e uso di ceneri funebri per cospargere il corpo.
Accumulo di energia (shakti) Si crede che i rituali estremi, incluso il cannibalismo, conferiscano poteri e capacità sovrannaturali.

Perché viene ancora praticato il cannibalismo in India

Di tutte le particolari abitudini degli Aghori, il consumo di carne umana è quella che desta maggiore sgomento. Essi sono soliti attendere che un cadavere, invece di essere cremato, venga affidato al fiume Gange da famiglie che non possono permettersi il rito funebre. Dal momento che quel corpo non “appartiene” più a nessuno, gli Aghori se ne appropriano, meditano su di esso per trarne la shakti (energia vitale) e infine se ne nutrono (solitamente consumando la carne cruda), recitando mantra e facendo offerte a Shiva. Oltre alla giustificazione spirituale data dalla visione non dualistica, sul piano concreto loro credono che il consumo di carne umana porti incredibili benefici: consente di assorbire l’energia vitale, previene l’invecchiamento e permette di sviluppare poteri sovrannaturali come la lievitazione e il controllo del meteo. Liberi da vincoli sociali, cercano la liberazione senza preoccuparsi di cosa sia morale o immorale.

Incompresi tanto quanto temuti, non si può dire che gli Aghori non abbiano superato la paura della morte. Distaccati dal mondo, impegnano la loro esistenza in attesa della non-esistenza in cui troveranno pace, seguendo una via estrema e oscura. D’altronde, come squarciare il velo di Maya se non conoscendo a fondo la natura, anche cruda, della vita terrena?

Fonte immagine: Wikimedia Commons

Articolo aggiornato il: 13/09/2025

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