Il mito di Didone: 3 interessanti versioni della regina di Cartagine

Il mito di Didone: tre interessanti versioni della regina di Cartagine

Sarà capitato a chiunque di aver letto o studiato l’Eneide, la narrazione delle gesta dell’eroe troiano e della fondazione di Roma raccontata da Virgilio. Ma oltre alla grande avventura, oltre al grande eroe, non bisogna dimenticarsi di leggere anche il mito di Didone, la regina di Cartagine, la città più grande rivale di Roma.

Il mito di Didone

Ci sono state diverse testimonianze, poemi e racconti, ma la versione più conosciuta del mito di Didone è quella di Virgilio. Il poeta romano ne parla come una donna bellissima e potentissima, fondatrice di una città che ha tenuto testa a Roma per secoli, che si innamora della bellezza e la magnificenza dell’eroe fuggito dalla distruzione di Troia. La donna vorrebbe che Enea restasse a Cartagine e diventasse suo sposo, ma lui non può, il Fato gli ha ordinato di fondare una città, è il suo destino e gli Dei non gli permettono di ribellarsi. Abbandona così Didone, lasciandola disperata, sofferente e senza nemmeno un saluto, portandola al suicidio, trafiggendosi il cuore e buttandosi in un rogo.

Il mito è stato successivamente rielaborato da numerosi autori, tra cui Ungaretti, Marlowe e Brodskij.

La Didone di Ungaretti

La storia di Didone ispirò il poeta italiano Ungaretti a scrivere 19 cori riguardanti la donna nell’opera La Terra Promessa. In queste poesie la regina cartaginese è simbolo del doloroso distacco dalla giovinezza, memoria vivente di un passato glorioso lontano e irraggiungibile. Didone, in preda al dolore alla solitudine, racconta le immagini della vicenda dell’abbandono, ricordando i tempi felici e il suo amore. Quello che Ungaretti aggiunge è un’accezione della gioventù che va scemando, il distacco drammatico dal proprio passato, il ricordo di una passione di un amore che hanno portato alla solitudine e al declino di Didone, che diventa «una cosa in rovina abbandonata».

La Didone di Marlowe

Un’altra famosa interpretazione del mito di Didone è quella di Christopher Marlowe e Thomas Nash, con la tragedia in 5 atti chiamata Didone, Regina di Cartagine nel 1500. La tragedia racconta la classica storia virgiliana dell’amore tra Didone ed Enea, e dell’abbandono da parte dell’eroe troiano della donna, fino al suicidio. È una tragedia epica, una rielaborazione del mito originale sul palcoscenico, aggiungendo tutta la drammaticità e l’enfasi di un’opera teatrale. La trama della tragedia di Marlowe è quella virgiliana con alcune varianti. Nell’epilogo, per esempio, Iarba, il re numida innamorato della regina, subentra ad Anna, sorella di Didone innamorata del re che l’ha aiutata ad accendere il rogo nel mito originale. La regina chiede a Iarba, che ha provveduto a rifornire Enea di tutto l’occorrente per salpare, di aiutarla a innalzare la pira dove bruciare gli oggetti dell’eroe troiano. Il re, sempre sperando che Didone gli si conceda, si lascia ingannare, l’aiuta nel suicidio, decretando così il proprio suicidio e quello di Anna, che mescola il suo sangue a quello dell’amato Iarba. Il sipario di questa tragedia si chiude quindi col suicidio di tre innamorati.

La Didone di Brodskij

Nel 1969 Joseph Brodskij riscrive l’abbandono di Didone, concentrandosi sulla tragicità del personaggio della donna abbandonata. Analizza l’amore tra i due, descrivendo una Didone innamorata ma un Enea che guarda fuori dalla finestra, con lo sguardo verso qualcos’altro, col desiderio di partire e andarsene. Mentre l’uomo guarda al futuro, la donna vive solamente in una realtà che riguarda l’amore, che è tragicamente incompatibile. Nel poema viene affrontato un nuovo tema, quello della necessità storica, cioè il sacrificio di un amore e di una donna per il destino di un uomo e di una città.

 Il mito di Didone è estremamente famoso e molto rivisitato nella storia da numerosissimi autori e pensatori, rientrando nel topos letterario della donna abbandonata, così come la Medea di Euripide e l’Arianna di Catullo. La sua tragica storia non è altro, però, che un mezzo per raccontare l’inizio della competizione tra la città di Cartagine e quella di Roma.

Fonte immagine: Wikipedia – Annibale Carracci, Morte di Didone

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