Se si alza lo sguardo, in una notte ben illuminata del mese di aprile, si potrà osservare un gruppo di stelle, tanto modeste quanto affascinanti, dalla particolare forma a V, denominate “Chioma di Berenice”. Si tratta di una costellazione antica situata nell’emisfero Boreale. Dopo essere stata identificata vagamente fin dall’antichità, divenne una costellazione ufficiale nel 1551 per opera del cartografo olandese Mercator. La sua fama, però, non deriva dalla luminosità delle sue stelle, ma da una commovente storia d’amore.
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Come e quando osservarla nel cielo
La Chioma di Berenice è una costellazione tipica del cielo primaverile. Per individuarla, si può tracciare una linea immaginaria che parte dalla coda dell’Orsa Maggiore e si dirige verso la brillante stella Arturo, passando poi per la costellazione del Leone. A occhio nudo appare come un debole scintillio, ma la sua vera natura si rivela con un telescopio. La sua apparente modestia nasconde infatti un tesoro celeste: non un insieme di singole stelle, ma una finestra su un’incredibile moltitudine di galassie lontane, note come l’Ammasso della Chioma, un raggruppamento di oltre mille galassie descritto anche da fonti autorevoli come la NASA.
La leggenda della chioma: un voto d’amore
La fama della costellazione di Berenice si deve al fatto che il suo nome fa riferimento a una storia realmente accaduta. Berenice fu una regina egiziana dalla straordinaria bellezza, nota per i suoi lunghissimi e lucidi capelli. Fu sposa del Faraone Tolomeo III Evergete. Il mito narra che nel 246 a.C., poco dopo le nozze, Tolomeo dovette partire per una pericolosa spedizione militare contro Seleuco II di Siria. Berenice, estremamente innamorata e preoccupata per le sorti del giovane sposo, fece un voto solenne alla dea Afrodite: offrì alla dea greca i propri splendidi capelli se avesse fatto ritornare Tolomeo sano e salvo.
Il destino volle che, dopo cinque lunghissimi anni, il re egiziano tornasse trionfante. Berenice, mantenendo fede alla parola data, tagliò i propri capelli e li portò in dono al tempio di Afrodite. Quando Tolomeo vide la moglie con il capo rasato, rimase stupito. Tuttavia, la treccia dal tempio scomparve misteriosamente, suscitando grande scompiglio. Intervenne, alla fine, Conone di Samo, astronomo di corte. Forse per consolare la regina o per salvare i sacerdoti del tempio, egli indicò il firmamento e affermò che gli dèi avevano così gradito il dono da aver innalzato la treccia al cielo, fissandola nel firmamento come nuova costellazione.
Interpretazione mitologica | Realtà astronomica |
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La chioma scintillante della regina Berenice, offerta in sacrificio per amore. | Un ammasso aperto di stelle relativamente vicine e, più in profondità, un gigantesco ammasso di migliaia di galassie distanti. |
Un simbolo di amore eterno e sacrificio, visibile a tutti nel firmamento. | Una delle aree più ricche di galassie del cielo notturno, fondamentale per lo studio della struttura dell’universo. |
La chioma di Berenice in letteratura
Il primo a narrare questa storia fu il poeta greco Callimaco, in un’elegia di cui sono giunti solo pochi frammenti. Tuttavia, non fu l’unico autore a rendere omaggio a questo grande gesto d’amore. Il testo fu magnificamente tradotto dal poeta latino Gaio Valerio Catullo, che lo inserì tra le sue opere come Carme 66. Persino l’autore preromantico italiano Ugo Foscolo ne compose una versione in italiano.
Ad affascinare è sicuramente la forza dell’amore provato da Berenice, disposta a sacrificare ciò che più amava di sé. Una storia che fa ancora sperare nell’esistenza di un sentimento tanto forte e puro. Conoscere la storia dietro questa piccola e malinconica costellazione potrebbe essere d’aiuto nella scelta di un astro con cui omaggiare qualcuno per il quale metteremmo da parte l’egoismo in nome di un amore puro.
E tu, o regina, quando, guardando le stelle, placherai
nei giorni di festa Venere santa,
non lasciare ch’io resti senza sacrificio, di nuovo
rendimi tua con generose offerte.
(Catullo, Carmi, LXVI)
Articolo aggiornato il: 09/09/2025
Immagine di copertina: Wikipedia