La gerarchia sociale del periodo Tokugawa presenta un sistema rigido solo in apparenza, ma che in realtà nascondeva profonde contraddizioni tra status e potere economico. Ufficialmente noto come Shinōkōshō (士農工商), questo sistema quadripartito di ispirazione neoconfuciana ha definito la società giapponese per oltre 250 anni, ponendo le basi per le tensioni che avrebbero portato alla sua caduta.
Indice dei contenuti
Il contesto: lo shogunato Tokugawa e la politica del sakoku
Il periodo Tokugawa (1603-1868), o periodo Edo, ha inizio con la vittoria di Tokugawa Ieyasu nella battaglia di Sekigahara. Il nuovo shōgun completò il processo di unificazione del Giappone e instaurò un lungo periodo di pace, caratterizzato dalla politica del sakoku (鎖国 – “paese blindato”). Questa politica imponeva una quasi totale chiusura del paese al mondo esterno. I rapporti commerciali furono mantenuti solo con Cina e Corea, e con gli olandesi, confinati sull’isola di Dejima a Nagasaki. La presenza olandese fu fondamentale per mantenere un canale con la scienza occidentale, dando vita agli “studi olandesi” o rangaku (蘭学).
La piramide sociale: il sistema shinōkōshō
La gerarchia sociale Tokugawa si basava sul neoconfucianesimo, che ordinava la società in base al contributo morale di ciascuna classe. Al vertice, al di sopra del sistema, si trovavano l’Imperatore (figura divina ma senza potere politico effettivo) e lo shōgun, il vero detentore del potere. Subito sotto vi erano i daimyō, i signori feudali. La popolazione era poi suddivisa in quattro classi principali:
- Samurai (士): la classe guerriera, trasformata in un ceto di burocrati e amministratori durante la pace Tokugawa. Detenevano il monopolio delle armi e il prestigio sociale più elevato.
- Contadini (農): considerati la spina dorsale della nazione perché producevano il riso, bene primario e base dell’economia. Nonostante il loro status relativamente alto, vivevano spesso in condizioni di povertà a causa delle pesanti tasse.
- Artigiani (工): occupavano il terzo gradino. Producevano beni non essenziali come spade, ceramiche e tessuti. La loro posizione era inferiore a quella dei contadini perché non producevano cibo.
- Mercanti (商): all’ultimo posto della gerarchia. Erano considerati “parassiti” perché non producevano nulla, ma si arricchivano maneggiando il denaro e il lavoro altrui.
Le classi fuori casta: eta e hinin (burakumin)
Al di sotto delle quattro classi principali esistevano i “fuori casta”, persone discriminate e relegate ai margini della società. Questa eredità storica è ancora oggi una questione sociale delicata in Giappone, come documentato da diverse organizzazioni per i diritti umani, tra cui la Human Rights Library dell’Università del Minnesota.
- Eta (穢多 – “molto sporco”): svolgevano lavori considerati impuri a causa dei precetti buddisti e shintoisti, come macellai, conciatori di pelli e becchini.
- Hinin (非人 – “non umano”): erano mendicanti, artisti di strada, prostitute e criminali. A differenza degli eta, la cui condizione era ereditaria, un hinin poteva in teoria essere reintegrato nella società.
La condizione della donna era generalmente subordinata, ma variava in base alla classe. Nei ceti più bassi, le famiglie povere erano talvolta costrette a vendere le figlie come prostitute.
Il paradosso: status sociale contro potere economico
La più grande contraddizione del sistema Tokugawa fu lo scollamento tra la rigida gerarchia sociale e la realtà economica. Mentre i samurai si impoverivano, costretti a vivere di stipendi fissi che perdevano valore, la classe mercantile accumulava enormi ricchezze.
| Classe sociale (status ufficiale) | Potere economico (realtà effettiva) |
|---|---|
| Samurai: al vertice, grande prestigio | Spesso indebitati con i mercanti, potere d’acquisto in calo |
| Contadini: alta considerazione morale | Generalmente poveri a causa delle tasse elevate sul riso |
| Mercanti: all’ultimo posto, disprezzati socialmente | Molto ricchi, banchieri di samurai e daimyō, motori dell’economia urbana |
Il declino del sistema e la strada verso la Restaurazione Meiji
Questa discrepanza creò un forte malcontento. I chōnin (町人 – “abitanti delle città”, mercanti e artigiani), esclusi dalla vita politica, divennero i mecenati di una vibrante cultura urbana. Finanziarono nuove forme d’arte come il teatro kabuki, la poesia haiku e le stampe ukiyo-e (“immagini del mondo fluttuante”). Questo “mondo fluttuante” celebrava i piaceri e lo stile di vita dei quartieri di piacere, frequentati anche di nascosto dai samurai. L’impoverimento dei samurai e il crescente potere economico dei mercanti furono tra i fattori chiave che portarono alla crisi dello shogunato e alla successiva Restaurazione Meiji del 1868, che abolì definitivamente il sistema delle classi.
Fonte immagine: Wikipedia.
Articolo aggiornato il: 27/09/2025

