La giornata dell’Hari-Kuyō: cosa c’è da sapere sulla festa degli aghi rotti in Giappone?

La giornata dell’Hari-Kuyō: cosa c'è da sapere sulla festa degli aghi rotti in Giappone?

La cultura giapponese è molto particolare e distante rispetto a quella occidentale e, più nello specifico, europea. Per tale ragione, generalmente si è profondamente attratti da questo mondo misterioso e ricco di tradizioni. Tra queste, è opportuno menzionare la giornata dell’Hari-Kuyō, ossia la festa dedicata alla gratitudine nei confronti degli aghi rotti. Nel Kanto, l’Hari-Kuyō si festeggia l’8 febbraio; nel Kansai, invece, si celebra l’8 dicembre. In entrambi i casi, si tratta di due date molto importanti all’interno del tradizionale calendario agricolo, in quanto segnano rispettivamente l’inizio e la fine del lavoro svolto nei campi.

L’Hari-Kuyō è un rituale che affonda le proprie radici nell’animismo e nella filosofia del Mottainai. Per i giapponesi, gli oggetti che passano molto tempo con gli uomini acquisiscono un’anima propria e, secondo il pensiero filosofico precedentemente menzionato, sono ripudiati gli sprechi; dunque, si rende onore alle piccole cose, quali gli aghi rotti, spezzati, piegati dallo sforzo.

In cosa consiste la giornata dell’Hari-Kuyō?

La giornata dell’Hari-Kuyō è una tradizione che risale all’epoca Edo (1603-1868), quando il cucito era una delle doti più apprezzate nelle donne. Nel corso di questa giornata particolare, ci si ferma a riflettere e a pregare affinché nell’anno successivo le proprie tecniche inerenti al cucito possano migliorare. Normalmente, sarti di professione e donne appassionate di cucito si recano al tempio vestiti in maniera elegante, indossando il kimono, ossia il classico abito giapponese. Secondo una procedura molto simile ad un funerale, le persone si dispongono in fila per poter inserire gli aghi rotti in panetti di tofu o torte di Konnyaku (gelatina), che, simbolicamente, rimandano al concetto di tenerezza, con cui si spera possa terminare la vita di tali oggetti. In un secondo momento, vengono recitate varie preghiere che precedono il saluto finale agli aghi, i quali vengono bruciati, sotterrati oppure portati via dalla corrente dei fiumi.

In Giappone, la giornata dell’Hari-Kuyō è in netta contrapposizione rispetto all’ormai affermata tendenza del consumismo: le piccole cose contano molto ed è importante fermarsi a pensare alla loro utilità e alle funzioni che hanno svolto nell’arco della vita di colui che le ha utilizzate. In un’epoca dell’usa e getta, credere che anche gli oggetti abbiano un’anima è una filosofia profonda, indice di spiccata sensibilità.

Nonostante possa far sorridere pensare al fatto che esiste un giorno dell’anno in cui ci si prepara per assistere ad un funerale in onore di un oggetto, a ben vedere si tratta di una pratica che nasconde una mentalità dominata da forti valori etico-morali. Anche in Occidente sarebbe bello se prendessimo esempio da pratiche simili: non solo sarebbe un modo per praticare l’arte della gratitudine, ma anche per migliorare nell’approccio con le persone, coltivando la capacità di considerare il prossimo riconoscendogli un alto valore.

Fonte dell’immagine in evidenza: Wikipedia

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