Illusioni ottiche, le più 5 famose e belle

Illusioni ottiche

L’arte ha da sempre utilizzato il mondo delle linee, dei colori e delle forme per confondere l’osservatore e catturare la sua attenzione con giochi visivi e inganni ottici. Gli artisti hanno analizzato il suo aspetto ludico attraverso l’utilizzo di queste illusioni o, altre volte, vi hanno nascosto un secondo significato, un velo di critica e di trasgressione, più o meno celato.

Gli artisti delle illusioni ottiche e le tecniche principali

Le illusioni ottiche sono alterazioni della percezione visiva, un modo diverso dei nostri occhi di interpretare la realtà quando essi sono ingannati. L’occhio raccoglie i dati e li porta al cervello che li rielabora, basandosi su esperienze pregresse. Eppure, certe volte, proprio non riusciamo a dare una spiegazione a quello che vediamo, perché i nostri sensi percepiscono come logici e sensati fenomeni che in realtà sappiamo essere illusori. Nel campo artistico, questo effetto è stato ottenuto con diverse tecniche raffinate nel corso dei secoli.

Tecnica illusionistica Descrizione e artista di riferimento
Trompe-l’oeil Significa “inganna l’occhio”. È una pittura iperrealistica che crea l’illusione di oggetti tridimensionali su una superficie bidimensionale. Un esempio celebre è l’oculo nella Camera degli Sposi di Andrea Mantegna (1474).
Anamorfismo Una tecnica che deforma un’immagine in modo che appaia corretta solo se vista da un punto di vista specifico o attraverso uno strumento riflettente. L’esempio più famoso è il teschio ne “Gli ambasciatori” di Hans Holbein il Giovane (1533).
Pareidolia artistica Sfrutta la tendenza del cervello a riconoscere forme familiari (come volti) in composizioni ambigue. L’artista maestro di questa tecnica è Giuseppe Arcimboldo con le sue “Teste Composte” (1563).

Fra gli artisti che si divertivano a giocare con gli inganni visivi c’è Giuseppe Arcimboldo che, nella seconda metà del Cinquecento, creò opere d’arte come “Le Quattro Stagioni”. Ortaggi, frutta ed elementi naturali creano volti di donne e uomini per celebrare, allegoricamente, un rapporto tra macro e micro cosmo. L’utilizzo di questa innovativa tecnica di pittura si basa sulla pareidolia, la tendenza a individuare volti umani nelle cose. La nostra mente rielabora le immagini che vede e fornisce un altro significato.

Inganni visivi nell’arte del novecento

Uno dei più grandi artisti ad aver studiato questo mondo è stato Victor Vasarely, considerato il maggior esponente di una corrente chiamata proprio Op Art. Il termine, abbreviazione di Optical Art, definisce un’arte astratta che sfrutta illusioni ottiche e processi percettivi per creare nell’osservatore impressioni di movimento, instabilità e vibrazione. Un dipinto che rende l’idea di queste sperimentazioni è Zebre (1942). In esso vediamo linee e contrasti di bianco e nero che sapientemente creano un effetto tridimensionale, dando profondità a questi due animali che magicamente si staccano dallo sfondo.

Un artista a cui spesso pensiamo in questo campo è M.C. Escher. L’artista olandese ha saputo sapientemente giocare con le prospettive e, nelle sue opere, ci porta a perdere una logica che pensavamo certa. In Altro Mondo II (1947) entriamo in un universo senza punti di riferimento, in cui l’occhio è confuso e si sente perso. Nella litografia Cascata, Escher ha utilizzato il triangolo di Penrose per tre volte consecutive per creare un canale che sembra scorrere in un’illusione ottica perpetua, contro le leggi gravitazionali.

Salvador Dalì è un altro grande sperimentatore. Principale esponente del Surrealismo, ha espresso la sua arte in diverse forme. Con Dalì si parla di iperrealismo surreale, con immagini molto realistiche inserite in contesti assurdi. Spesso il soggetto delle sue illusioni ottiche è stato il volto umano che tramuta in paesaggi od oggetti. Le illusioni seguono diversi principi percettivi, dalle illusioni di profondità alle pure metamorfosi di forma. Per citare un’opera, Apparizione di un volto e di una fruttiera sulla spiaggia (1938) è un dipinto in cui un viso si trasforma in fruttiera e diventa parte del corpo di un cane.

I principi percettivi dietro l’inganno artistico

Molti inganni visivi nell’arte non sono semplici trucchi, ma applicazioni intelligenti dei principi della psicologia della Gestalt, che studiano come la mente umana organizza gli stimoli visivi. Gli artisti sfruttano queste regole naturali della percezione per guidare e confondere il nostro sguardo.

  • Figura-sfondo: È il principio sfruttato da Escher nelle sue tassellature, dove non è mai chiaro cosa sia il soggetto e cosa lo sfondo, con figure che emergono e si alternano continuamente. Anche il famoso Vaso di Rubin è un esempio classico.
  • Chiusura: La nostra mente tende a completare le forme mancanti. Un artista può disegnare solo pochi tratti di un cerchio, ma noi lo percepiremo come completo.
  • Ambiguità: Opere come quelle di Dalì presentano immagini ambigue che possono essere interpretate in più modi (un volto o una fruttiera?). Il cervello oscilla tra le diverse interpretazioni, creando un senso di sorpresa.

Le illusioni ottiche nell’arte sono quindi un modo di superare quella realtà che il mondo ci impone, sono un modo per andare oltre l’esistente e attivare un dialogo tra l’opera e la mente dell’osservatore, dove l’unico limite è l’immaginazione.

Articolo aggiornato il: 18/09/2025

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