Lingue del sì: l’italiano come affermazione di unità

Lingue del sì

L’italiano fa parte delle cosiddette lingue del sì, in riferimento ad una tripartizione delle lingue romanze, ad opera del Sommo Poeta Dante Alighieri, che nel De vulgari eloquentia, operò una distinzione tra tre filoni in base alla loro particella affermativa:

Lingua d’oïl, diffuso nella Francia del nord, antecedente al francese attuale;
Lingua d’oc, diffuso nella Francia del sud, progenitore dell‘occitano;
Lingua del sì, ossia l’italiano.

La nascita dell’Italiano

L’italiano, come le altre lingue romanze, deriva dal latino volgare. Con la caduta dell’Impero Romano, il latino venne utilizzato esclusivamente come lingua scritta, mentre, in riferimento alle diverse varietà di latino parlato nelle tante regioni appartenenti all’Impero, nacquero lingue diverse. Ricordiamo che la lingua latina, infatti, era stata in un certo senso “imposta”, dai Romani, come lingua dell’Impero, andandosi però a sovrapporre alle altre lingue già esistenti e formando dei substrati linguistici.
In Italia, notevolmente frammentata, nacquero diversi volgari (alcuni dei quali ancora oggi si possono identificare con i dialetti utilizzati nelle diverse aree geografiche del Paese) che da lingue esclusivamente parlate, cominciarono ad essere utilizzate anche in forma scritta.

I primi documenti volgari in Italia, sono:

L’Indovinello veronese, dell’800 circa, è un documento scritto in pergamena spagnola; all’interno del testo è possibile leggere un volgare ancora in fase di sviluppo; infatti, a tal proposito, nell’ambito delle “lingue del sì”, i filologi e i linguisti si dividono tra coloro che vedono nel documento un primo esempio di volgare e chi invece, un’attestazione del tardo latino.

Altra testimonianza importantissima è L’Iscrizione di Commodilla, o meglio il Graffito di Commodilla; esso si trova nelle omonime catacombe a Roma e risale al IX secolo: è considerato la prima testimonianza di una lingua intermedia tra latino e volgare.

Ed infine I Placiti Capuani: risalenti al 960 d.C., rappresentano il primo documento scritto in volgare italiano ad oggi pervenuto a noi.

Queste tre menzioni costituiscono i primi esempi di quella lingua che sarà poi l’italiano, e rientrano quindi nelle lingue del sì.

Per quale motivo l’italiano rientra nelle lingue del sì?

Le cosiddette lingue del sì erano così menzionate, per il modo di intendere e quindi pronunciare, l’affermazione – – nelle rispettive lingue. L’italiano era quella più aggraziata, più dolce e dunque, molto probabilmente, per questo motivo è detta “del (dolce) sì”.
In realtà, la particella , linguisticamente è rimandabile a Dante Alighieri, non a caso definito un vero e proprio linguista;  il Sommo Poeta, nella Divina Commedia, parla dell’italiano come lingua del sì. Precisamente nella Cantica de l’Inferno, ad un tratto si legge: “Il ‘bel pese là dove il sì suona’ è l’Italia. Era quella la definizione che Dante Alighieri attribuiva all’Italia, a partire da quell’unico e dolcissimo suono dell’affermazione, diventata poi simbolo di appartenenza e vanto, propri della cultura italiana.
Ricordiamo che la Divina Commedia è in realtà un insieme di tentativi linguistici, dal dialetto fiorentino, dalle parole volgari, alle parole derivanti dal francese, tant’è che è il registro linguistico proprio della celebre opera letteraria è stato definito una sorta di “risemantizzazione” della lingua italiana, che propendeva verso un’unità, solo successivamente raggiunta.

In conclusione, si possono definire lingue del sì tutti i vocaboli che rientrano nell’italiano parlato e scritto attualmente. Il dizionario italiano comprende tantissimi lemmi di diversa natura, e già nel passato i Poeti, gli illustri, i letterati, si interrogavano circa la grandezza e l’enorme spessore culturale che identifica la lingua italiana.

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