Parthenope e Napoli: belle e maledette

Esiste un luogo a Napoli, sospeso sulle onde del mare, tra il mito e la storia, tra la bellezza e la disgrazia. Un luogo in cui una funesta storia d’amore trovò il suo tragico finale e dove la tormentata storia di una meravigliosa città ebbe inizio. Lì vi è un sepolcro che divenne una culla, in cui la morte e la vita si intrecciarono quasi per gioco, per uno scherzo del fato. E forse, proprio da questa duplice e tempestosa genesi, nasce lo spirito ambivalente che la  sirena Parthenope e Napoli condividono: belle e maledette, avvenenti e scorbutiche allo stesso tempo, semplici, ma complicate.  

Come nell’inizio del più classico dei gialli, la storia di Napoli inizia con una morte, con la scoperta di un corpo esanime. Non uno qualunque, bensì un corpo di demone, a metà tra quello di una verginale fanciulla e di un acre volatile.

Parthenope era si bellissima, ma anche terribile

Dotata di una innocente giovinezza e allo stesso tempo di un canto ammaliante e fatale. Di quel canto e di quella bellezza ne era perfettamente a conoscenza un sovrano ellenico. Il quale dopo anni di peripezie, per volontà divina, si trovava a solcare i mari della penisola italiana. Egli era celebre per la sua proverbiale astuzia, per la sua sete di conoscenza e per il suo straordinario intelletto. L’uomo combatteva contro un nefasto destino causato da  un castigo, un fato celeste avverso, proprio come quello di Parthenope. L’inquietante curiosità che lo animava, lo spingeva a soddisfare qualunque desiderio ella esprimesse.
Fu così che per la smania di sentire il canto ammaliatore della sirena e di assaporarne la torbida bellezza, egli destinò la giovane a morte certa, causando così il compimento della  terribile maledizione che la affliggeva.  
Infatti, secondo alcune leggende le sirene sono costrette ad ammaliare gli uomini per poi trucidarli. Qual ora questo non dovesse accadere sono loro a morire, obbligate a sacrificare la loro stessa vita.

Fu così che Ulisse, ascoltando il canto della sirena, ma aggirandone il tranello, con il suo sguardo ammaliò la ammaliatrice, e ne fece a pezzi il cuore.Parthenope: bella e maledetta

La giovane fanciulla, ormai prossima alla morte, trovò il suo eterno sollievo su di un isolotto distante pochi metri dalla costa campana. Adagiò il suo dolce volto sulla ruvida e magmatica roccia di tufo, sciolse i suoi lunghi capelli  nel mare, e pianse senza sosta tutte le sue lacrime, che come un fiume, affluirono nelle calde correnti mediterranee. Da quelle lacrime di pungente dolore, dal canto morente di una innamorata rifiutata,  nacque l’animo di Napoli. Un animo sofferente, d’artista, di poeta, di musico e di marinaio. Indissolubilmente legato alle sue radici materne. Immerso in una malinconia tutta spirituale, che proviene dal mare, e che solo il mare aiuta a curare.

Da quel giorno i Cumani, i quali si dice avessero rinvenuto il corpo di Parthenope, consacrarono alla sfortunata sirena la propria città.

Da quell’isolotto, rinominato Megaride, termine che deriva da “Mega” (grande), chiamato così probabilmente dai coloni greci i quali la trasformarono nel IX a.C. in uno scalo commerciale, prese il via una vera e propria espansione urbanistica. La nuova città, Neapolis, divenne così la culla del sapere ellenico in Italia.
Durante gli anni l’isolotto ha proseguito ad avere un ruolo fondamentale nella  storia napoletana  e di tutta la penisola italiana, divenendo dapprima, nel I secolo a.C., residenza imperiale del console Lucio Licinio Lucullo, poi luogo dell’esilio dell’ultimo imperatore romano, Romolo Augusto. In seguito sotto gli svevi divenne dimora regia, infine più tardi nel medioevo, sito del leggendario uovo magico di Virgilio, custode della vita e della fortuna di Napoli.
A oggi fortunatamente l’isolotto di Megaride continua a ondeggiare sulle spume del tempestoso mare di Chiatamone, e continua a custodire all’interno delle pareti del Castel dell’Ovo, l’uovo magico, i suoi segreti e le storie di Napoli. Baluardo della tradizione millenaria partenopea e del suo legame arcaico, mistico e viscerale con la magia, la superstizione, l’amore  e la tragedia.

Se Napoli è quella che è oggi, lo dobbiamo all’isolotto di Megaride, che centinaia di anni fa  benevolmente accolse la sirena Parthenope, bella e maledetta.

Parthenope e Napoli, insieme belle e maledette

Parthenope: bella e maledetta

Copertina di Parthenope e Napoli: Leandro De Carvalho da Pixabay 
Fonte Immagini:  Pixabay, Sergei Tokmakov, Esq. https://Terms.Law da Pixabay , Gordon Johnson da Pixabay .

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A proposito di Giuseppe Musella

Laureato in mediazione linguistica e culturale presso l'Orientale di Napoli. Amo tutto ciò che riguarda la letteratura. Appassionato di musica, anime, serie tv e storia. Visceralmente legato a Napoli.

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