La Rivoluzione Russa, un evento che ha sconvolto gli equilibri mondiali, ebbe inizio il 23 febbraio 1917 (secondo il calendario giuliano) proprio grazie alle donne. In quella che era la Giornata Internazionale della Donna, istituita nel 1910 dall’Internazionale socialista, le operaie di Pietrogrado scesero in piazza per protestare contro la guerra e la fame, dando il via alla scintilla che avrebbe incendiato l’impero zarista.
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La rivoluzione di febbraio: le donne protagoniste
La Rivoluzione Russa esplose quando l’esercito, stremato dalla Prima Guerra Mondiale, invece di sedare le proteste si unì alla folla. Già nel 1917, le donne russe del governo provvisorio avevano ottenuto il diritto di voto, ma fu con la presa del potere da parte dei bolscevichi che si assistette a un tentativo radicale di trasformare la società e il ruolo femminile.
Le conquiste bolsceviche: il codice di famiglia del 1926
Il nuovo regime sovietico, guidato da Lenin, promosse una legislazione senza precedenti in materia di diritti femminili, in gran parte sotto l’impulso della leader femminista bolscevica Alexandra Kollontai. Il culmine di queste riforme fu il Codice di famiglia del 1926, che mirava a liberare le donne dall’oppressione della famiglia patriarcale per renderle cittadine attive nella nuova società socialista.
Innovazione legislativa | Conseguenze sociali (positive e negative) |
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Legalizzazione del divorzio consensuale e liberalizzazione dell’aborto. | Aumento della libertà individuale femminile, ma anche instabilità sociale, un drastico calo demografico e il fenomeno dei “bambini vaganti” abbandonati. |
Abolizione del matrimonio religioso in favore di quello civile. | Secolarizzazione della società e indebolimento delle istituzioni tradizionali. |
Nelle aree musulmane: abolizione di poligamia, velo e matrimoni forzati. | Tentativo di emancipazione forzata che scatenò violente ritorsioni contro le donne che aderivano alle nuove norme. |
Ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro. | Emancipazione economica e sovvertimento dei ruoli di genere tradizionali, ma anche un doppio carico di lavoro (in fabbrica e a casa). |
L’inversione staliniana: la fine di un’utopia
L’utopia di una completa liberazione femminile ebbe vita breve. Con l’ascesa di Stalin e la necessità di consolidare lo Stato e incrementare la popolazione, le politiche radicali degli anni ’20 furono abbandonate. A partire dal 1936, come sottolineato da fonti autorevoli come l’Enciclopedia Treccani, si assistette a una vera e propria inversione di rotta: l’aborto fu nuovamente reso illegale, il divorzio reso più difficile e costoso, e la famiglia tradizionale venne nuovamente promossa come cellula fondamentale della società sovietica. La propaganda iniziò a celebrare la figura della “madre eroina”, segnando la fine della fase più sperimentale della rivoluzione per le donne.