Nell’ambito della traduzione umana è fondamentale riportare nel prodotto finale l’intento che colui che scrive vuole trasmettere al lettore; dunque, il traduttore stesso deve essere fedele a un testo di arrivo e, dunque, non sviare le intenzioni dell’autore, dunque di chi scrive un testo o un libro, un prodotto di partenza. Una delle teorie più importanti che affronta questo aspetto è la Skopostheorie.
Cos’è la Skopostheorie?
La Skopostheorie (dal greco “skopos”, che significa “scopo”) è una teoria della traduzione sviluppata negli anni ’70 del ‘900 dallo studioso Hans Vermeer. Questa teoria afferma che ogni traduzione è determinata dal suo scopo (skopos). In altre parole, il modo in cui un testo viene tradotto dipende dall’obiettivo che si vuole raggiungere con la traduzione stessa.
I principi fondamentali della Skopostheorie: scopo, fedeltà e coerenza
Secondo la Skopostheorie, lo scopo principale di una traduzione è quello di riportare fedelmente l’intento comunicativo dell’autore del testo di partenza. Tuttavia, questo non significa che la traduzione debba essere letterale. Al contrario, il traduttore può (e spesso deve) apportare modifiche al testo originale per adattarlo al pubblico di destinazione e alla cultura di arrivo.
La Skopostheorie, quindi, si basa su tre principi fondamentali:
- Lo scopo (skopos): ogni traduzione ha uno scopo specifico, che determina le scelte del traduttore.
- La fedeltà: il traduttore deve essere fedele all’intento comunicativo dell’autore del testo di partenza, ma non necessariamente alla forma letterale del testo.
- La coerenza: il testo tradotto deve essere coerente al suo interno e con il testo di partenza, e deve essere comprensibile e accettabile per il pubblico di destinazione.
Il traduttore ha quindi una duplice difficoltà: deve essere fedele al testo originale, ma deve anche mettersi nei panni del lettore del testo tradotto, per assicurarsi che il messaggio sia comprensibile e adeguato al contesto culturale.
Skopostheorie e adattamento: “I viaggi di Gulliver” come esempio
La Skopostheorie non implica una traduzione letterale. A seconda dello scopo, il traduttore può aggiungere, omettere o modificare parti del testo originale. Un esempio classico è quello de I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, un testo satirico e critico nei confronti della società del tempo, che è stato spesso tradotto e adattato come libro per ragazzi, con un focus sulle avventure fantastiche e tralasciando (o semplificando) gli aspetti più complessi e controversi dell’opera originale.
Linguaggio e Skopostheorie: adattare il testo al pubblico di destinazione
La Skopostheorie sottolinea anche l’importanza di adattare il linguaggio al pubblico di destinazione. Un saggio critico, ad esempio, utilizzerà un linguaggio settoriale specifico, che dovrà essere modificato se lo scopo della traduzione è quello di raggiungere un pubblico più ampio e meno specializzato.
Una teoria fondamentale per la traduzione moderna
La Skopostheorie di Hans Vermeer ha rivoluzionato il modo di concepire la traduzione, spostando l’attenzione dalla mera equivalenza linguistica alla funzionalità del testo tradotto nel contesto di arrivo. Questa teoria rimane un punto di riferimento fondamentale per i traduttori professionisti e per chiunque si occupi di comunicazione interculturale.