Edipo a Colono: in scena dal 17 febbraio al Teatro Arcobaleno | Recensione

Edipo a Colono: in scena dal 17 febbraio al Teatro Arcobaleno | Recensione

In scena dal 17 febbraio al 3 marzo al Teatro Arcobaleno di Roma, l’Edipo a Colono di Giuseppe Argirò riproduce la complessità e l’attualità del dramma di Sofocle.

L’uomo assetato di conoscenza solca i mari e si spinge oltre il proprio limite per conoscere la verità, ma l’unica certezza che ha nella vita è l’abisso profondo della sua anima. Un abisso insondabile e costantemente in conflitto, dentro e fuori, indecifrabile. E Sofocle di questo abisso sa mettere in luce sfaccettature e complessità.

Al Teatro Arcobaleno, fino al 3 marzo, Giuseppe Pambieri e Micol Pambieri – con Gianluigi Fogacci, Luigi Mezzanotte, Elisabetta Arosio, Roberto Baldassari, Melania Fiore e Vinicio Argirò – portano sulla scena Edipo a Colono, uno dei personaggi più fortunati delle pagine sofoclee, ultimo tra i suoi lavori e quello in cui maggiormente si intravedono le tracce della contaminazione euripidea.

La tragedia di Edipo

Edipo, che solo era riuscito a risolvere l’enigma della Sfinge, resta un enigma per se stesso. La cecità è la metafora del suo destino, del suo sguardo sempre oltre e sempre più in là dell’occhio umano ma che, allo stesso tempo, ha sempre ignorato quello che gli sta dinanzi al naso.

Lo spettacolo, per la regia di Giuseppe Argirò, ripercorre a ritroso le tappe della tragedia di Edipo grazie alla narrazione di Antigone, inconsapevole assassino del padre e amante della madre. Vecchio e cieco, accompagnato e sostenuto dalla sola figlia Antigone, pietosa e devota, Edipo chiede ospitalità a Teseo, re di Atene, e viola il recinto sacro di Colono. Atene, la democratica, la politica, la giusta, come giusta Edipo si augura sia la sua fine. Giusta perché voluta dagli dèi.

Edipo a Colono: il valore sacro dell’ospitalità

Edipo è uomo del destino, dal destino schiacciato e poi salvato, e vuole giocare la sua partita fino all’ultima mossa possibile. Forte della sua statura morale – Pambieri la rende perfettamente – che, per quanto affossata dalla sorte, il vecchio Edipo continua a portare sulle spalle, reggendola a malapena sotto il peso dei suoi anni e del suo dolore imponderabile.

Nella supplica a Teseo, perché accolga la sua diversità e la sua croce in nome delle sacre norme dell’ospitalità, il figlio di Laio si fa capro espiatorio e ricorda che la salvezza di un uomo è la salvezza di tutti. Qui Argirò non si lascia scappare l’occasione di un’allusione al tema dell’ospitalità e della diversità ai nostri giorni. Infine, la sparizione di Edipo nel boschetto sacro di Colono, voluta dagli dèi, lo solleva dalle pene ingiustificate della vita.

«Non nascere, ecco la cosa migliore; e se si nasce, tornare presto là da dove si è giunti».

In un alternarsi rapido e solenne di personaggi e di costumi dalle tinte chiare come la purezza, si consuma il dramma interiore di Edipo, riflesso di quello storico, per giungere a una fine criptica e misteriosa come criptica e misteriosa è stata la sua vita.

Lo spettacolo sarà disponibile fino al 3 marzo presso il Teatro Arcobaleno di Roma.

Fonte immagine in evidenza: archivio personale 

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