La retorica delle puttane al San Carluccio | Recensione

La retorica delle puttane al San Carluccio | Recensione

Il 13 e 14 maggio, nel weekend più piovoso dell’anno, va in scena nell’atmosfera calda e raccolta del teatro San Carluccio di Napoli, La retorica delle puttane, di e con Giorgio Gori. 

Giorgio Gori, regista e attore di varietà, lascia per un attimo il mondo dell’intrattenimento comico per dirigere e interpretare La retorica delle puttane, testo drammatico con cui Antonio Mocciola omaggia l’omonimo testo di Ferrante Pallavicino, scrittore eretico messo al rogo dalla chiesa.

In un sottoscala adibito a centro massaggi convergono come frammenti sparsi tre vite che si sono intrecciate, e poi perse, tanti – troppi – anni fa.

Giorgio Gori è Marco, insegnante di un liceo scientifico, uomo solo, senza amici, senza moglie, senza figli o almeno è quello che crede. Per dare tregua alla solitudine che lo schiaccia, si rifugia in uno squallido sottoscala adibito a sala massaggi, dove una prostituta un po’ attempata (Maria Rosaria Virgili), regala piacere a chi è disposto a pagare. Ma qualcosa dopo poco interviene a trasformare un momento di piacere a pagamento in un dramma familiare. Quello che inizialmente si apre come un siparietto comico tra un’esuberante puttana e un cliente imbarazzato e impacciato, diviene ben presto un incubo, un vortice emotivo ed esistenziale  che risucchia i due personaggi. A interrompere, infatti, lo squallido rituale di accoppiamento è il passato che inaspettatamente lega Marco alla prostituta: questo passato ha il volto severo e rabbioso di Vittorio Brandi

“La retorica delle puttane” agisce quando dovrebbe solo dire, e viceversa, regalando, con la serrata regia di Gori, continui depistaggi e smarcamenti, in un inseguimento reciproco tra chi colpisce e chi incassa.

In un gioco frenetico di battute urlate e azioni serrate, si dipana un passato torbido, un passato fatto di incoscienza, solitudine, squallore e noncuranza. La noncuranza per se stessi e per l’altro è proprio ciò che ha prodotto il presente opaco, misero e dolente in cui si muovono i personaggi. A squassare questo presente statico e maleodorante come un pantano dei due protagonisti arriva il terzo incomodo: dal suo arrivo in poi le loro vite non potranno essere più le stesse. I tre personaggi in una nudità che non è solo metaforica, esprimono così tutta la fragilità delle loro persone e delle loro vite, le crepe delle loro esistenze, che il finale dello spettacolo non sembra in alcun modo ricomporre.

La retorica delle puttane, nella sua brevità cerca di condensare tematiche dinamiche ed estremamente complesse come il passato, la solitudine, la genitorialità, il presente storico e sociale. Antonio Mocciola ci regala con la sua versione de La retorica delle puttane uno spaccato realistico e credibile del presente. 

Fonte immagine: Ufficio stampa 

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