Cos’è il Whitewashing: storia di un fenomeno ancora irrisolto

Whitewashing: storia di un fenomeno ancora irrisolto

Negli ultimi anni, una maggiore consapevolezza critica ci ha permesso di riconsiderare il passato per evitare di commettere gli stessi errori. Il fenomeno del whitewashing ne è un esempio lampante. Da sempre la cinematografia trae ispirazione da libri, leggende e tradizioni per portarle a un pubblico più vasto. L’industria si è però spesso macchiata della colpa di non rispettare la caratterizzazione originale dei personaggi, “sbiancando” il colore della loro pelle e stravolgendone l’etnia.

Per comprendere l’impatto di questa pratica, consideriamo un esempio concreto. Nel 2004 debutta la serie animata Winx Club. Una bambina di origini asiatiche si appassiona al personaggio di Musa, la “fata della musica”, sentendosi finalmente rappresentata. Nel 2021, Netflix produce il live action Fate – The Winx Saga, ma per il ruolo di Musa viene scelta un’attrice caucasica. L’inclusività e multietnicità del prodotto originale vengono cancellate, lasciando un senso di delusione e invisibilità. Questo episodio spiega le polemiche che circondano il whitewashing: perché, dopo anni di battaglie per la sensibilizzazione, si ricade in questa pratica?

Cos’è il whitewashing e quali sono le sue origini

Il whitewashing è una pratica di casting in cui attori caucasici vengono scritturati per interpretare ruoli di personaggi che, nella storia originale o nel contesto storico, appartengono ad altre etnie. Il dizionario americano Merriam-Webster offre definizioni precise del termine whitewash, tra cui: «Alterare (una storia originale) inserendo un interprete bianco in un ruolo basato su una persona o un personaggio immaginario non bianco».

Il fenomeno nasce a Hollywood all’inizio del Novecento, in un’epoca in cui la questione razziale era ignorata e gli attori di colore erano quasi assenti. Per rappresentare un personaggio afroamericano, un regista ricorreva a due soluzioni: scritturare un attore bianco, stravolgendo la trama, oppure tingere di scuro la pelle dell’attore bianco. Quest’ultima pratica, nota come blackface, è oggi universalmente condannata. Similmente, la caricatura di personaggi asiatici da parte di attori bianchi è definita yellowface.

Queste pratiche non erano innocue. Come osserva il professore David A. Schlossman, esse hanno “contribuito al pantheon degli stereotipi culturali negli Stati Uniti”. Le minoranze venivano relegate a ruoli secondari, spesso come spalla comica, servo o personaggio meno brillante, rinforzando pregiudizi dannosi.

Esempio storico di blackface
La pratica della blackface usata per creare caricature offensive. (Fonte: Wikipedia)

Le cause del whitewashing: tra profitto e razzismo sistemico

L’attivista americano Guy Aoki ha sottolineato come afroamericani, asiatici, nativi americani e latini “hanno sentito a lungo il peso del whitewashing”. Ancora nel 2015, la BBC denunciava la pratica come “prevalente a Hollywood, nonostante la condanna diffusa”. Le cause sono profonde e complesse. Da un lato, vi è la convinzione, spesso usata come giustificazione, che attori bianchi famosi attirino più pubblico e massimizzino i profitti. Lo stesso regista Ridley Scott dichiarò che senza un cast di nomi importanti, il suo film Exodus – Dei e Re (2014) non sarebbe mai stato realizzato.

Dall’altro lato, esiste un razzismo istituzionale. Come evidenziato da report autorevoli come l’Hollywood Diversity Report della UCLA, la stragrande maggioranza di produttori, registi e dirigenti è bianca. David White della SAG-AFTRA ha riconosciuto una “mancanza di diversità e autenticità nei ruoli disponibili”, una conseguenza diretta di un sistema che limita le opportunità per i talenti non bianchi.

Esempi noti di whitewashing nel cinema e nelle serie tv

La lista di produzioni recenti accusate di whitewashing è lunga e dimostra come il problema sia ancora attuale.

Film / Serie tv Personaggio e etnia originale Attore/Attrice scelto/a
Prince of persia – Le sabbie del tempo (2010) Personaggi di etnia persiana Cast prevalentemente caucasico (Jake Gyllenhaal)
Argo (2012) Tony mendez (ispanico) Ben Affleck
Exodus – Dei e re (2014) Personaggi biblici (ebrei, africani) Christian Bale, Joel Edgerton
Sotto il cielo delle hawaii (2015) Allison ng (cinese-hawaiana) Emma Stone
Death note (2017) Light yagami (giapponese) Nat Wolff (rinominato Light Turner)
Fate – The winx saga (2021) Musa (asiatica) e Flora (latina) Elisha Applebaum e Eliot Salt (rinominata Terra)

Le eccezioni storiche e la lenta conquista della rappresentazione

È doveroso citare due eccezioni fondamentali che, pur all’interno di un sistema segregato, segnarono un passo avanti. Via col Vento (1939) e Indovina chi viene a cena? (1967) portarono all’Oscar due attori neri: Hattie McDaniel (Miglior attrice non protagonista, 1939) e Sidney Poitier (Miglior attore, 1964). McDaniel interpretava la “schiava nutrice” Mami, un ruolo stereotipato ma che le valse un riconoscimento storico. Il ruolo di Poitier, invece, fu rivoluzionario: in Indovina chi viene a cena? interpretava un illustre medico afroamericano la cui storia d’amore interrazziale sfidava apertamente i pregiudizi dell’epoca, affermando che il sentimento “va ben oltre il colore della pelle”.

Hattie McDaniel, prima attrice afroamericana a vincere un Oscar
Hattie McDaniel ottenne due stelle sulla Hollywood Walk of Fame. Tuttavia, a causa della segregazione razziale, alla sua morte nel 1952 le fu negata la sepoltura al cimitero di Hollywood, come da lei richiesto. (Fonte: Wikipedia)

Riflessioni finali sul fenomeno

Se si può contestualizzare l’ignoranza passata di Hollywood, oggi è inaccettabile ricadere negli stessi errori. Quando un’opera si basa su una cultura specifica, come nel caso de La Casa degli Spiriti (1993), tratto dall’omonimo romanzo di Isabel Allende, scegliere un cast quasi interamente anglosassone (Meryl Streep, Jeremy Irons) tradisce l’essenza della storia. La stessa Allende commentò al Los Angeles Times la sua sorpresa per un cast “dall’aspetto così anglosassone. Sono tutti così biondi”.

Il problema di fondo del whitewashing è una profonda mancanza di empatia e di rispetto culturale. Promuovere l’inclusività permette di scrutare culture e tradizioni diverse dalla propria. Un singolo film non può risolvere la questione razziale, che richiede un’educazione sistemica. Ma il cinema ha un enorme potere: può espandere la consapevolezza e, attraverso una rappresentazione autentica, contribuire a un mondo più equo e comprensivo.

Fonte immagini in evidenza adoperate per il collage: Wikipedia

Articolo aggiornato il: 16/09/2025

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2 Comments on “Cos’è il Whitewashing: storia di un fenomeno ancora irrisolto”

  1. what a wonderful article!!! Thank you for this. Fate The Winx Saga is going to continue in graphic novels, nor in the graphic novels does it seem like they are going to solve it with the justification that “Musa” has to look like the actress. The actress did not even apologize and said that we, the fans, had to keep an “open mind.”

  2. Dear Hannan, your review made my day! Thank you so much :)) Gosh, Fate’s cast and producers can’t really understand our thoughts and complaints, that’s a real pity…

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