L’immensa saga di Resident Evil è un cardine del genere horror ormai dal 1996, grazie al lavoro certosino della Capcom. Gli iconici personaggi della saga, tra cui Chris Redfield e Jill Valentine, rimangono ancora oggi impressi a fuoco nei ricordi dei veterani. Quando si dice che però, non sempre l’innovazione tecnica porta con sé qualcosa di buono, non si può fare a meno di prendere ad esempio un gioco come questo. Sono molte le persone che durante gli anni hanno lamentato un eccessivo cambiamento di direzione del brand, perdendo quella magia e quell’inquietudine che contraddistinguevano il titolo. Se i primi capitoli della saga prevedono un certo tipo di atmosfera, è fuori discussione che la casa produttrice abbia dovuto adattare il proprio lavoro a delle neonate esigenze di mercato del genere horror. L’esempio di Resident Evil è quello che forse incarna meglio il concetto di declino su cui molti giocatori tendono a puntare il dito.
Resident Evil prima…
Chi ha avuto modo di giocare, anche solo per pochi minuti, ad uno dei primissimi titoli di Resident Evil non ha potuto non provare un senso di inquietudine e di perdita. Questi erano dati in parte dalla console di riferimento sulla quale il gioco fu rilasciato – la PlayStation One – e dalle sue capacità in senso stretto, e in parte da un culto dell’horror sensibilmente differente da quello che già dal secondo decennio degli anni 2000 si è affermato.
Se le console di primissima generazione erano ovviamente limitate dal punto di vista tecnico, generando individui che riprendevano in maniera simile ma per nulla esatta le figure umane ed ambientazioni che erano giustamente limitate nello spazio, c’è da dare merito alla casa produttrice giapponese per aver usato questi limiti come un punto di forza. In Resident Evil la limitatezza della telecamera a spostamento viene usata a proprio favore per generare ancora più inquietudine nei giocatori e gli zombie che costellano le ambientazioni non compiono jump scare di particolare intensità: il senso di ansia viene generato dalla mancanza di controllo che il giocatore ha sulla situazione. Non avendo risorse illimitate, godendo di una visuale che non andava oltre quella di un angolo e di una scarsa possibilità di vedere i dettagli, si creava un cocktail efficiente di terrore e smarrimento che permaneva durante l’intera sessione di gioco. Il titolo era pensato per lasciare una traccia all’interno del giocatore coniugato ad una storia particolarmente intricata e complessa che, grazie all’atmosfera creata, non faceva fatica ad essere assimilata rapidamente. Allo stesso modo, tutti i videogiochi horror dei primi anni 2000 erano pregni di storie, misteri e difficoltà atte proprio a colmare il vuoto sfidante che i limiti tecnici del periodo lasciavano nei prodotti. Ne risultavano delle esperienze piene di angoscia ma anche di forti emozioni per chi sceglieva di entrare nei piccoli mondi dell’orrore di giochi come appunto Resident Evil, ma anche Silent Hill ne è un esempio molto celebre.
…ed il declino dopo
Purtroppo o per fortuna, il mondo videogiochi horror si è evoluto a velocità supersonica negli ultimi due decenni ed ha imposto il culto dell’iperrealismo nella maggior parte dei generi a sfavore di un’esperienza challenging per i propri giocatori. Se nel primo Resident Evil tenere in vita Chris e Jill era un’odissea per le condizioni in cui si veniva posti, l’evoluzione del gioco ha visto la saga diventare sempre più simile ad un videogame sparatutto. Basti pensare a Resident Evil 4, emblema del declino, che assieme al nuovo protagonista Leon porta con sé una meccanica di mira che avvicina il videogame ad un genere sostanzialmente differente. Uno spostamento senz’altro dovuto alle nuove necessità per tenere in vita il gioco, ma che ha sbilanciato in maniera irreversibile l’equilibrio presente all’interno dell’atmosfera di sfondo. La comparsa dei jump scare ha sostituito il focus di giocare sul terrore, le risorse sono state aumentate ed anche solo la possibilità di poter salvare illimitatamente dona un’aura sostanzialmente differente al gioco, abbassando il livello di impegno necessario da parte dei giocatori che non devono più preoccuparsi di perdere tutti i propri progressi. Pur capendo le esigenze della casa produttrice, vien da sé un senso di avvilimento non indifferente che porta a guardare in maniera nostalgica i primissimi capitoli della storia che, con la messa al centro della trama, rendevano il dispiegarla una vera e propria sfida.
Il prodotto resta senza ombra di dubbio una saga cult per la PlayStation e che godrà per sempre dell’amore dei propri fan ma che si è inevitabilmente snaturata in favore di un nuovo tipo di horror che gioca sull’aspetto visivo piuttosto che estetico, creando dei prodotti forse esteticamente migliori ma meno gradevoli e forse meno compatti che, a detta di molti, rappresentano il declino dei videogiochi horror. Con i loro limiti tecnici, i vecchi titoli infatti presentavano tutti i tasselli al posto giusto per creare dei piccoli mosaici che, come detto in principio, hanno segnato la storia videoludica del tardo ‘900 e dei primi anni del nuovo millennio. Al contrario, gli esempi più recenti si mostrano come concreti del declino di Resident Evil stesso, mutandone forma e di conseguenza valore.
Fonte immagine: copertina video di YouTube – Canale di Resident Evil