Lettere informali di Cesare Pavese: il lato nascosto dello scrittore

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Tra gli scrittori più influenti e rappresentativi del secolo scorso non si può non menzionare Cesare Pavese. Quest’ultimo è stato anche un poeta, un traduttore e un critico della letteratura italiana. Originario di un paesino della provincia di Cuneo, Pavese ebbe una vita travagliata, soprattutto a causa di problematiche familiari quali la prematura morte del padre e l’eccessiva severità della madre, che contribuì ad accentuare il carattere già di per sé introverso di Cesare Pavese. Oltre ai sicuramente noti racconti, poesie, romanzi, saggi e diari, esiste un lato nascosto dello scrittore, che magari conosceranno solo i più appassionati della sua letteratura. Le lettere informali di Cesare Pavese rientrano tra i materiali solitamente scartati dalla trattazione scolastica; eppure, l’avvento di social quali Instagram ha portato alla nascita di fanpage letterarie, che contribuiscono alla diffusione degli scritti meno noti.

Le citazioni in sintesi

La citazione Contesto e significato in breve
«Che le rose fioriscano sul tuo sentiero. Ciao» Un augurio poetico e originale all’amico Norberto Bobbio, che rivela la sua sensibilità.
«E va bé. E faremo i fessi tutti insieme» Un’amara e ironica constatazione del suo senso di inadeguatezza verso la società, scritta a Leone Ginzburg.
«Sono triste, inutile, come un dio» Una confessione del suo malessere esistenziale e della perdita di fede, scritta poco prima della sua morte.
«Ho l’anima rigata per ragioni mie, sono a pezzi» Una scusa all’amico Giuseppe Vaudagna che prelude al suo gesto estremo, spiegando la sua sofferenza.

1. «Che le rose fioriscano sul tuo sentiero. Ciao»

Si tratta di una citazione tratta da una delle più interessanti lettere informali di Cesare Pavese, destinata all’amico e filosofo Norberto Bobbio. Purtroppo, non se ne conosce bene il seguito, ma c’è assoluta certezza in merito al fatto che non vi sia stata una risposta da parte del destinatario. Attraverso questa chiusura alla sua lettera, Pavese ha augurato buone cose al collega, utilizzando una formula originale e poetica.

2. «E va bé. E faremo i fessi tutti insieme»

Tra le lettere informali di Cesare Pavese, c’è quella spedita a Leone Ginzburg ed è probabilmente una delle più chilometriche ed esilaranti, all’interno della quale Pavese esprime totale disaccordo in merito agli atteggiamenti adottati dalla moltitudine, compreso se stesso. In questa citazione inizia a manifestarsi un senso di inadeguatezza nei riguardi della società in cui Pavese era inserito e, più in generale, in un mondo in cui non riusciva a trovare il posto giusto.

3. «Sono triste, inutile, come un dio»

Lo scrittore apre sinceramente il proprio cuore, esprimendo malessere e tristezza. Non a caso, è una delle ultime lettere informali di Cesare Pavese, scritta poco prima del suicidio. In queste parole emerge l’avvenuta perdita di qualsiasi tipo di certezza, compresa la fede religiosa.

4. «Ho l’anima rigata per ragioni mie, sono a pezzi»

L’ultima delle lettere informali di Cesare Pavese è quella avente come destinatario l’amico Giuseppe Vaudagna, scritta il 25 agosto 1950. In essa, Pavese chiede scusa per essersi estraniato dalle vite degli amici e per aver risposto con toni poco delicati. La ragione di tali comportamenti sarebbe la sofferenza, un cattivo umore che lo avrebbe infine condotto a compiere un gesto estremo, restando, però, eternamente presente nei cuori dei suoi affetti più sinceri.

Conoscevate il lato nascosto di Cesare Pavese? Come facilmente intuibile, l’ironia e la sincerità sono sempre state due valide alleate per un uomo gentile e sensibile. Le lettere di Pavese, oggi oggetto di studio da parte di istituzioni come il Centro Studi Cesare Pavese, sono un dono letterario in cui è riflessa un’interiorità particolare ma ancora poco nota.

Fonte dell’immagine in evidenza: Wikipedia

Articolo aggiornato il: 12/09/2025

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