La religione è l’oppio dei popoli, la celebre frase di Marx

La religione è l’oppio dei popoli, la celebre frase di Marx

«La religione è l’oppio dei popoli» è una celebre citazione di Karl Marx (Treviri, 1818). Marx non è quel semplice filosofo studiato a scuola e subito dopo dimenticato: il suo pensiero ha avuto un impatto così potente nella storia che oggi lo ricordiamo come il padre del comunismo, ispiratore di partiti e movimenti rivoluzionari in varie parti del mondo. Non sarebbe nemmeno appropriato relegarlo alla figura del filosofo, poiché Marx era anche un economista, sociologo, politologo, giornalista e storico, nonché uno degli intellettuali più brillanti dell’Ottocento. È difficile sviscerare il pensiero marxista in un solo articolo, perciò analizzeremo una delle sue affermazioni più famose, tratte dall’introduzione del proprio manoscritto Per la critica della filosofia del diritto di Hegel.

Il pensiero marxista in breve

Per studiare e capire appieno la citazione di Marx, «La religione è l’oppio dei popoli», ripassiamo velocemente il suo pensiero. In primis, Marx invita a cambiare la concezione della filosofia, ovvero farla passare da uno stato puramente teorico ad uno più pratico e attivo: «I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo ma si tratta di trasformarlo». Marx insiste quindi sul fatto che la filosofia venga spesso confinata al suo aspetto teoretico e di contemplazione del mondo, quando in realtà bisognerebbe trasformarla in azione, cosicché non solo possa interpretare il mondo ma anche rivoluzionarlo: questo aspetto, nel pensiero marxista, prende il nome di prassi rivoluzionaria. Per Marx, l’uomo risolve un dilemma solo quando la teoria è utile alla pratica, all’attività rivoluzionaria.

Oltre alla concezione di filosofia, Marx riesamina anche la figura dell’uomo: i filosofi, fino al suo tempo, si erano focalizzati sul funzionamento della coscienza e del pensiero umano. Secondo Marx questo è un approccio sbagliato, per analizzare l’essere umano bisogna partire dagli aspetti più concreti e materiali poiché ognuno nasce in condizioni materiali differenti. Questa è la tesi del materialismo marxista che si estende alla teoria dei modi di produzione, ovvero l’insieme delle forze produttive (forza-lavoro, mezzi di produzione, conoscenze tecniche) e dei rapporti di produzione.

In breve, gli uomini impegnati nel processo produttivo sono la forza-lavoro; nello stesso processo vengono utilizzati i mezzi di produzione e le conoscenze tecniche permettono l’evoluzione del sistema produttivo. I rapporti di produzione, invece, sono quei rapporti sociali che vengono determinati dal possesso o meno degli stessi mezzi di produzione: è qui che scopriamo il punto focale del pensiero marxista, poiché Marx separa la società in oppressori (detentori dei mezzi di produzione) e oppressi (privi dei mezzi di produzione). Da qui, Marx espande il proprio concetto di materialismo dividendolo in storico e dialettico. Il materialismo storico descrive come nel tempo, nella storia, il modo di produzione cambia e si trasforma; quello dialettico, invece, spiega l’evoluzione dei rapporti sociali dovuta al cambiamento degli stessi modi di produzione. Così Marx delinea gli aspetti delle classi sociali, le quali nascono, come già accennato, dalla divisione fra possessori e non dei mezzi di produzione: queste due fazioni sono in costante lotta fra loro. Il punto clou del materialismo dialettico è proprio lo scontro fra classi, il quale è il vero motore della nostra storia; ciò che stiamo vivendo è l’esito della lotta fra classi opposte («tutta la storia è storia di lotte di classe») e l’obiettivo, per Marx, è superare questo incessante scontro.

La società, nella teoria del materialismo storico, viene divisa in struttura (economia) e sovrastruttura (cultura, religione, politica e così via). Con «economia» Marx si riferisce ai modi di produzione (forza-lavoro, mezzi di produzione e rapporti produttivi): questi elementi sono la struttura della società, ovvero le fondamenta della stessa. Tutto il resto è, invece, conseguenza della struttura, ovvero la sovrastruttura: è qui che il filosofo inserisce il concetto di stato, morale, religione, cultura eccetera. In breve, Marx intende dire che i fattori istituzionali, etici e culturali non sono la vera essenza della società, ma la superficie. L’alienazione dell’individuo sociale è causata, poi, dalla religioneLa religione è l’oppio dei popoli») e dal capitalismo, il sistema di sfruttamento del lavoratore. Da qui nasce la teoria del plusvalore, ovvero la fonte di profitto per il padrone (oppressore) ma non per il lavoratore (oppresso).

Quindi, l’obiettivo ultimo di Marx è l’eliminazione delle disuguaglianze tra gli uomini, ovvero della proprietà privata dei mezzi di produzione: questo sistema è nocivo per il proletariato, la classe destinata a sottostare ad una civiltà egoista. Il capitalismo viene concepito come un processo naturale e immutabile di produzione e distribuzione della ricchezza da parte dell’economia borghese, spiegato dalla semplice formula D-M-D, ovvero denaro che produce la merce che a sua volta produce denaro: quindi, l’elemento centrale della produzione è il denaro, mentre le merci sono lo strumento per accrescere lo stesso denaro. Perciò, l’obiettivo ultimo del capitalismo è la produzione e moltiplicazione del denaro. Il proletariato è, ovviamente, la controparte della borghesi, quest’ultima possiede la proprietà privata e il proletario possiede la propria forza-lavoro. Il capitalismo sottopone il proletariato allo sfruttamento e alla mercificazione del lavoro: le due fazioni in lotta sono proprio queste, borghesia e proletariato. L’ultima e giusta tappa del movimento dialettico della storia, secondo Marx, sarebbe la società e rivoluzione comunista, la quale porterebbe all’abolizione della proprietà privata. A sua volta, questo processo abolirebbe le divisioni sociali: «a ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni».

Analisi dell’affermazione «La religione è l’oppio dei popoli»

Marx esprime la sua idea di religione («La religione è l’oppio dei popoli») nel manoscritto Per la critica della filosofia del diritto di Hegel (1844). Il filosofo mette la religione sullo stesso piano della sostanza oppioide poiché entrambe rimediano brevemente ad un dolore immediato: l’oppio soddisfa l’infermo per un breve periodo, cosicché se ne possa fare uso costante; la religione appaga superficialmente poiché tenta di rispondere a domande senza risposta, illudendo l’essere umano. Proprio per questo, Marx vede la religione come un ostacolo alla rivoluzione comunista: razionalmente, Dio non eleva l’uomo, non lo rende il protagonista della storia e così il credente è portato a cancellare il proprio sé. Non comprendendo quindi il proprio ruolo nella storia, l’individuo non abbraccia l’ideale rivoluzionario e quindi rimane oppresso dai padroni.

«La religione è l’oppio dei popoli» poiché è uno strumento di consolazione e anche narcotizzante. In primis, conforta l’uomo innanzi alle ingiustizie sociali con la scusa della fede e della speranza in Dio, un’entità trascendente; proprio quest’ultima figura aliena l’uomo, lo convince che il bene supremo si possa realizzare nell’aldilà e così non adempie ai propri doveri rivoluzionari. Gli esseri umani ricorrono quindi alla religione per sopportare meglio la situazione storica in cui vivono, rinchiudendosi nella propria concezione di felicità artificiale e fallace. La religione è quindi il frutto illusorio della società: se avvenisse il cambiamento sociale auspicato da Marx, ovvero l’uguaglianza economica e la fine del capitalismo, la religione scomparirebbe poiché gli uomini non avrebbero più bisogno di questa “droga” per sopravvivere ad una società così ineguale e sbagliata. Infine, la religione è per Marx anche uno strumento di controllo e obbedienza. Questo viene usato dagli oppressori per impedire la consapevolezza e ribellione degli oppressi, nascondendo le malate dinamiche del potere e dello sfruttamento. La religione dipinge un’immagine distorta della realtà, poiché i credenti si concentrano solo sui valori spirituali anziché su quelli pratici e concreti del quotidiano: la lotta per la liberazione sociale ed economica, l’uguaglianza e la dignità nel lavoro che costituiscono l’unica realtà per Marx, cioè quella storica.

«Il fondamento della critica irreligiosa è: l’uomo fa la religione, e non la religione l’uomo. Infatti, la religione è coscienza di sé e il sentimento di sé dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. […] Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare […] il suo universale fondamento di consolazione e giustificazione. […] La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. La religione è l’oppio dei popoli. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni […]»

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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