Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Cesare Pavese | Analisi

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Cesare Pavese | Recensione

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, una raccolta poetica impregnata dell’espressione soggettiva di Cesare Pavese, scrittore ma anche traduttore e critico letterario del XX secolo, uno dei più influenti dell’epoca, anche se il suo pensiero andava molto controcorrente rispetto alla tendenza letteraria che era in voga in quel periodo.

Dal titolo si può già presumere che le tematiche fossero tutt’altro che positive, frutto di un passato doloroso e di insoddisfazioni personali che si ritrova a riflettere specialmente nella stesura di queste poesie; ma prima di tutto, chi era Cesare Pavese?

Biografia di Cesare Pavese

Cesare Pavese nacque il 9 settembre del 1908 nello stesso paese d’origine del padre, ossia Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo. Dopo aver frequentato il liceo D’Azeglio a Torino, si iscriverà alla facoltà di lettere e filosofia e successivamente diventerà traduttore di importanti romanzieri americani, tra i quali Walt Whitman, che influenzeranno la raccolta poetica Lavorare stanca, pubblicata nel 1936.

Proprio in questi anni venne mandato in esilio a Brancaleone, in Calabria, e nel 1948 pubblica La casa in collina, romanzo altamente autobiografico che mette in luce la sua incapacità di essere attivo in politica e di schierarsi in un partito specifico.
Al termine della seconda guerra mondiale diventerà uno scrittore molto conosciuto e il suo stile verrà considerato innovativo per la dualità di poesia e prosa, che prenderà vita con l’utilizzo dei versi lunghi proprio nel periodo storico in cui era prevalente l’Ermetismo, caratterizzato dal verso corto di una poesia pura e perfetta scritta in maniera oscura e poco comprensibile.
Nel 1950 pubblicherà il suo ultimo romanzo La luna e i falò e scriverà la raccolta di poesie Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, prima del cruento suicidio avvenuto la notte tra il 26 e il 27 agosto nell’albergo Roma di Torino.

Pensiero

L’atteggiamento anticonformista che Cesare Pavese ebbe nel corso della sua vita interessò specialmente i temi presenti all’interno delle sue poesie e romanzi, che si rifanno a tutto ciò che era senza luogo e senza tempo. Di fatto non era considerato uno scrittore realista anche se l’allusione nei suoi scritti al realismo non manca grazie all’influenza della letteratura americana.
Si parte, pertanto, dal realismo e si sfocia in una dimensione straordinaria e alquanto efferata nell’eros del mito, in cui ritrae l’infanzia che ricerca senza sosta, contrapposta alla razionalità segnata dall’età adulta.

Altri argomenti trattati da Cesare Pavese sono la solitudine che lo perseguita per tutta la vita, come se fosse il suo rifugio sicuro dal mondo; i protagonisti delle sue opere, infatti, sono molto spesso accompagnati dall’esigenza di rimanere nella solitudine, proprio come lo scrittore stesso, molto introverso e incapace di comunicare con gli altri.
Il ricordo è la nascita della poesia e dell’opera secondo Cesare Pavese, ma anche secondo Leopardi. Ecco perché le sue opere iniziano con il ricordo, il passato lontano.
Infine, il tema della morte è proprio quello che accompagna l’opera di cui andremo a trattare, cioè Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, pensiero frequente del poeta che sfociò in quello che poi fu il suicidio, dopo l’ennesima delusione d’amore.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi: analisi

La raccolta poetica è formata da 2 poesie scritte in inglese e da 8 scritte in italiano, in cui si assiste al passaggio dalla prosa al ritorno del verso corto, ossia la forma tradizionale che agli inizi Pavese metteva in disuso a favore dell’utilizzo della narrativa. Le 10 poesie sono dedicate all’attrice americana Constance Dowling, con cui lui ebbe una travolgente storia d’amore anche se breve e dal triste finale e il dolore stesso provato lo esprime a fondo in queste poesie.

Si pensa sia stata proprio questa ennesima storia, che prese una via di non ritorno, che ha portato lo scrittore a terminare la sua vita negli anni ’50, ragione per cui poi la raccolta fu pubblicata nel 1951, dopo la sua morte.
Per essere esplicativi nel miglior modo sul senso della raccolta analizziamo la poesia che inizia proprio con il titolo dell’opera:

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi—
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.  

L’inizio riconduce al tema della morte, che avrà gli occhi dell’amata perché frutto del suo desiderio o probabilmente perché porterà anche ella con sé, ma non solo: l’espressione «scendere nel gorgo muti» suggerisce anche il silenzio, una morte silenziosa che lui definisce «un vecchio rimorso, un vizio assurdo», proprio come se fosse presente nei suoi pensieri già da tempo. Abbiamo conseguentemente la morte che abbraccia sia l’amata che se stesso, e che indirizza la poesia ad un distaccamento finale dalla vita.

Un altro componente che desta attenzione, e su cui c’è uno spunto riflessivo da fare, è l’immagine dello specchio, che ritrae il poeta dinanzi ai fallimenti e ai limiti che ebbe nel corso della sua esistenza, tra cui il non essere riuscito ad essere attivo in politica, non essere stato partigiano. Lo specchio rappresenta l’accettazione della dura verità di cui lui prende consapevolezza nel suo ultimo periodo di vita.

C’è inoltre una convergenza con Leopardi nella parte in cui Pavese cita «O cara speranza» che ricorda A Silvia proprio perché c’è il riferimento alla speranza che muore dopo la morte dell’amata e che, se prima era l’unica compagna per la pianificazione del futuro, dopo la morte di Silvia ogni speranza si disintegra in mille pezzi. Ciò potrebbe significare che la scelta di Pavese non fosse casuale e che potrebbe essere stata proprio questa la raccolta poetica letteraria che ha lasciato prima di suicidarsi.

Le evidenze non si possono rinnegare, d’altronde le moltitudini di parole celano la spoglia morte e avvolgono la poesia Verrà la morte e avrà i tuoi occhi nel desiderio del poeta di voler terminare i propri giorni rivangando sulla fine dell’amore e sul senso di inadeguatezza che si ritrova a rinfacciare per non aver fatto abbastanza, persecuzioni che infine lo hanno spinto al suo triste destino. 

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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